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Caramel - Scheda del film

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CINEMA SOCIALE – S.O.M.S. Società Operaia di Mutuo Soccorso Omegna

PIEMONTE AL CINEMA – IL CINEMA DIFFUSO
Promosso da Regione Piemonte, AIACE, AGIS


Giovedì 13 novembre 2008 – Scheda n. 5 (763)

 

Caramel

 

Regia: Nadine Labaki.

Titolo originale: Sukkar banat.

 

Sceneggiatura: Nadine Labaki, Jihad Hoejely, Rodney Al Haddad. Fotografia: Yves Sehnaoui.

Montaggio: Laure Gardette. Musica: Khaled Mouzanar.

 

Interpreti: Nadine Labaki (Layale), Yasmine Al Masri (Nisrine),

Joanna Moukarzel (Rima), Gisèle Aouad (Jamale),

Adel Karam (Youssef), Siham Haddad (Rose), Aziza Semaan (Lili),

Fatme Safa (Siham), Dimitri Stancofski (Charles),

Fadia Stella (Christine), Ismail Antar (Bassam).

 

Produzione: Les Film des Tournelles, Les Film de Beyrouth, Roissy Films. Distribuzione: Lady Film.

Durata: 96’. Origine: Francia, Libano, 2007.

 

 

Nadine Labaki

 

Ecco uno di quei film che a noi del Cineforum piacciono parecchio. Caramel è un film libanese in cui la guerra non c’è. Ci sono soprattutto delle donne che vogliono vivere la loro vita. Molto conosciuta nel suo paese e in tutto il mondo arabo occidentalizzante, Nadine Labaki, nata nel 1974 a Baabdat, in Libano, si è fatta conoscere all’improvviso anche in Europa con questo Caramel, presentato a Toronto e a Cannes. Prima di questo film, Nadine Labaki aveva girato dei videoclip per Carla, una delle cantanti più conosciute in Libano, e molte pubblicità. Caramel è quindi il suo primo lungometraggio.

 

La critica

 

Sapete qual è il film più divertente del Natale 2007? È Caramel. (...) È un film libanese, e già questa è una notizia: pochissimi film medio-orientali escono nei nostri cinema. È un film diretto (e interpretato) da una donna, cosa che in Libano non è una novità - qualcuno ricorderà i notevoli film, documentari e non, diretti dalla libanese Jocelyn Saab negli anni ’70. La vostra nuova attrice preferita - se andate a vedere Caramel lo diventerà, state tranquilli - si chiama Nadine Labaki. Come interprete è molto nota sulle sponde Est e Sud del Mediterraneo, come regista è un’esordiente, ma il film ha avuto un grande successo al festival di Toronto ed è andato molto bene in Francia, paese cinematograficamente più civile del nostro. Caramel è una commedia ambientata in un salone di bellezza: il titolo deriva dall’uso del caramello per la depilazione femminile. Il soggetto non è nuovissimo: qualche anno fa, in Francia, fece furore Venus Beauté, film tutto al femminile anch’esso, guarda caso, diretto da una donna, l’attrice Tonie Marshall. Naturalmente Nadine Labaki trasporta il soggetto nel contesto del Libano, dove la coesistenza fra cristiani e musulmani - a loro volta frammentati in una miriade di etnie - è storicamente difficile. Di qui il personaggio di Nisrine (interpretata da Jasmine Elmasri), socia nel salone della proprietaria Layale (la stessa Labaki): una ragazza musulmana, fidanzata ma non vergine, che ha il tremendo problema di confessare il suo «passato» al suo ragazzo e alla sua famiglia super-tradizionale; ma anche i problemi di Layale, corteggiata da un poliziotto ma propensa a una condizione di single che agli occhi di tutti appare scandalosa. Caramel usa l’unità aristotelica di luogo per raccontare le storie quotidiane di un gruppo di donne libanesi, nella Beirut piccolo-borghese di oggi. Spiega Nadine: «Tutti pensano che il Libano sia un’eccezione nel Medio Oriente, che sia molto più libero e moderno di altri paesi islamici. In parte è così, ma è vero anche il contrario. La cultura è ancora molto tradizionale, la religione è opprimente, e le donne hanno sempre paura di contraddire il proprio ruolo di mogli e di madri. Il mio film racconta questa paura». La cosa bella è che lo fa con toni da commedia popolare, con un umorismo solare e concreto. Un film da vedere.

AAlberto Crespi, L’Unità, 20 dicembre 2007

 

(...) Il caramello del titolo si riferisce al profumato ingrediente della ceretta per depilazione che le estetiste del salone di bellezza ‘Si belle’ impastano e stendono a mano in piccoli pezzi, per l’orrore delle signore spettatrici occidentali, abituate a sistemi più ‘moderni’ e indolori. Nel salone lavorano quattro donne, assistite, per i lavori di cucito, da un’anziana sarta che vive con la sorella maggiore, ormai fuori di testa. Le loro storie, aspirazioni e desideri, si intrecciano in questo microcosmo colorato e pacifico, un’oasi calda di phon, profumi e chiacchiere femminili. Layale (Labaki) ha una storia tormentata con un uomo sposato, che la convoca con un colpo di clacson; Nisrine sta per sposarsi ma teme la reazione del futuro marito quando scoprirà che non è più vergine; Rima è attratta dalle donne, in particolare da una bella e misteriosa cliente; Jamale non si rassegna a una vita ordinaria e vuole entrare nel mondo dello spettacolo; l’anziana Rose ha sacrificato e continua a sacrificare la vita all’accudimento della sorella un po’ tocca. Gli uomini sono tutti fuori da questa specie di repubblica femminile, anche se di loro si parla spesso e alle loro spalle si ordiscono piccoli inganni a fin di bene. L’unico ammesso ad entrare è un timido poliziotto dall’aria gentile, che alla fine avrà la meglio sui machi vecchio stampo, vincendo uno stereotipo di cui le stesse donne sono succubi. Con i toni leggeri della commedia in rosa, Caramel parla in realtà di un paese e di una figura di donna molto diverse da come siamo abituate a pensarli. La Beirut che vediamo nel film è una città lontana dalle immagini di guerra e devastazioni che di solito ci arrivano dal Libano: caotica, vitale, fatiscente e moderna al tempo stesso. Qualche inquietudine certo serpeggia, se un poliziotto può fermare due fidanzati che parlano in macchina di sera, ritenendoli sospetti. Ma il pensiero degli attentati e dei mille problemi di quell’area calda del Medio Oriente è rimosso dalla storia di Nadine Labaki, a favore della rappresentazione della gioia di vivere che anima una società in movimento, dove il mix delle culture e delle etnie rappresenta a volte una dannazione, ma più spesso una ricchezza. E in movimento sono soprattutto le donne, legate da un’antica rete di complicità e confidenze che dagli hammam è arrivata fino ai saloni di bellezza. Le simpatiche protagoniste, interpretate da brave attrici, sono donne moderne dalle radici antiche, che conoscono le regole della tradizione ma le tradiscono (o le manipolano a loro vantaggio), rispettano il gioco dei sessi ma restano padrone della loro vita. In questo miscuglio di canti nuziali tradizionali e attualissime tecniche di rivergination, i gesti della cura del proprio corpo e del corpo di altre donne acquistano il valore di una meravigliosa ricchezza femminile, acquisita nei secoli. Perché il senso della ‘cura’ è attenzione, accoglienza verso gli altri, nutrimento della pelle e dell’anima.

BBarbara Corsi, Vivilcinema, dicembre 2007

 

The Beirut beauty salon where most of Caramel takes place is likely to be a familiar type of establishment, even to viewers who have never been to the Lebanese capital. What the shop lacks in sleekness and chic it makes up for in the kind of friendly, sisterly warmth that could be found, for instance, in “Beauty Shop”, the distaff installation in the “Barbershop” franchise. Women of various shapes, sizes, ages and backgrounds gather to bond and gossip. Their camaraderie is occasionally disrupted by a crisis, but you are likely to remember this charming film, directed by Nadine Labaki, less for its gently comic, mildly melodramatic plot than for its friendly and inviting atmosphere. Ms. Labaki, who also wrote the screenplay with Jihad Hojeily and Rodney Al Haddad, plays Layale, owner of the shop, which is called Si Belle. Like many unmarried women in the Middle East, Layale, in spite of her professional independence, lives with her parents. She is also having an affair with a married man and spends anxious hours waiting for him to call, ignoring the attentions of a handsome traffic policeman who is obviously smitten with her.

Layale’s friends and co-workers are supportive and tolerant of her, and also have troubles of their own. Jamale (Gisèle Aouad) is a recently divorced actress made frantic by the necessity of competing with younger women for work in television commercials. Nisrine (Yasmine Al Masri), a Muslim, is engaged and is worried about what will happen if her future husband discovers that she isn’t a virgin. Rima (Joanna Moukarzel), who cleans up around the shop and washes hair, develops a crush on an elegant client. And then there is Aunt Rose (Siham Haddad), a seamstress who lives down the street from Layale’s shop with her demanding, mentally disabled sister, Lili (Aziza Semaan).

It all has the makings of a mild soap opera, or perhaps a Pedro Almodóvar film without camp or kinkiness. And Ms. Labaki is less interested in breaking new ground than in providing her audience the kind of comfort and catharsis that her characters give one another. Which is not to say that Caramel is overly soft or sweet. The title refers to a hot-sugar concoction that, while edible, is mainly used, like wax, for hair removal. Lovely and smooth as Ms. Labaki’s film (and her cast) may be, there are also twinges of real pain and disappointment. Caramel has an optimism born not of dreamy romanticism but of resilience and a degree of hard-headedness. Life for these women is not easy or especially fair, and each of them faces moments of humiliation, loneliness and potential heartbreak. But in the best melodramatic tradition, their toughness, good humor and loyalty see them through. Those qualities, and Ms. Labaki’s evident affection for the battered panache of her native city, make Caramel hard to resist. Caramel is rated PG (Parental guidance suggested). It has some mild sexual references.

AA. O. Scotto, The New York Times, 1 febbraio 2008

 

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