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Giovedì 26 marzo 2009 – Scheda n. 22 (780)
E venne il giorno
Regia e sceneggiatura: M. Night Shyamalan
Titolo originale: The Happening
Fotografia: Tak Fujimoto. Montaggio: Conrad Buff IV. Musica: James Newton Howard.
Interpreti: Mark Wahlberg (Elliot Moore), Zooey Deschanel (Alma Moore),
John Leguizamo (Julian), Betty Buckley (signora Jones),
Ashlyn Sanchez (Jess), Spencer Breslin (Josh).
Produzione: Barry Bendel, Sam Mercer, M. Night Shyamalan. Distribuzione: 20th Century Fox.
Durata: 91’. Origine: Usa, 2008.
M. Night Shyamalan
Di origini indiane, nato a Pondicherry, nell’India meridionale, nel 1970, M. Night Shyamalan è cresciuto in Pennsylvania ed ha cominciato prestissimo a girare piccoli film: a sedici anni aveva già scritto e girato 45 cortometraggi e a 17 frequentava la Tisch School of the Arts dell’Università di New York. Il suo primo lungometraggio, del 1992, è Praying with Anger, film a basso budget premiato come miglior esordio all’American Film Institute di Los Angeles. Nel 1997 esce il secondo film, Wide Awake, Ad occhi aperti, ma è nel 1998 che, con Il sesto senso, raggiunge la notorietà internazionale. Nel 2000 scrive e dirige Unbreakable - Il predestinato, con Bruce Willis, e diventa il regista del “thriller metafisico”. Nel 2002 dirige Signs, poi nel 2004 The Village, visto al cineforum, film notevole su un’America che si sente accerchiata e impaurita. Del 2006 è Lady in the Water. Infine ecco questo The Happening, E venne il giorno.
Sentiamo il regista: «Per spaventare i miei spettatori dovevo portare alle estreme conseguenze la tensione e il terrore. Le paure che abbiamo oggi sono le stesse degli anni Cinquanta, paura dell’ignoto e del futuro, e questo spiega il successo di film come Cloverfield e Io sono leggenda, che si rifanno alla buona vecchia fantascienza. Un’altra grande paura è la paura del vicino di casa. Un timore squisitamente americano. I miei bambini hanno l’abitudine di giocare nel cortile dietro casa, che è protetto da un alto steccato. Nonostante questo, mia moglie ha sempre il terrore che qualcuno li aggredisca. Come cambiano i tempi: e pensare che mio padre mi lasciava uscire per strada a patto che rientrassi alle 6 e mezza di sera. Nel nostro quartiere non succede più nulla dal 1984, nemmeno una bicicletta rubata; eppure i nostri figli non hanno il permesso di uscire... Anche sul set c’era un’atmosfera inquietante, tanto che un uomo che abitava in solitudine in un bosco vicino a uno dei luoghi dove abbiamo girato mi ha ispirato il personaggio di un’anziana signora fuori di testa. Quando ha visto la troupe, l’uomo ha chiesto chi fosse il responsabile di una simile carnevalata e una volta che mi ha conosciuto ha eretto un’alta croce convinto di trovarsi di fronte l’Anticristo in persona. Per fortuna, tutto si è poi risolto in un tè con pasticcini, in un salotto in cui a coprire un paralume c’era la pelle del vecchio gatto di famiglia... “Genere” è una parola che non mi piace, che mi sta stretta. Per fortuna, dopo un discreto numero di film, la gente sa esattamente cosa aspettarsi da me: i miei film appartengono al ‘genere’ M. Night Shyamalan, e a questo genere molto personale io mi accosto sempre con realismo, con naturalismo, senza ricorrere agli effetti speciali, prediligendo un’estetica giapponese, minimalista».
La critica
Slittamenti progressivi e geniali di una paura che dall’ordinario dell’oggetto quotidiano passa allo straordinario del suo effetto letale: dal bicchiere e dalle forbici di Hitchcock agli alberi e all’erba di M. Night Shyamalan. Lo stormir di fronda è il motore d’angoscia di E venne il giorno: non un apologo ma ancora, come Il sesto senso, Unbreakable, Signs, The Village e Lady in the Water, una favola metaforica dove una tossina sprigionata in natura sconvolge l’America, dettando un irrefrenabile impulso suicida. Non resta che la fuga in campagna di un gruppo che nel viaggio si trasformerà, con la sottrazione dei componenti, nell’archetipo più cercato dalla macchina da presa di Shyamalan: la famiglia. Un padre e una moglie in crisi che hanno adottato la figlia di una coppia di amici sono il pendolo della discesa in un’America che gli attacchi terroristici hanno stretto in una morsa di paranoia, anche lontano dai centri metropolitani e proprio in quelle zone rurali dove sono sempre vive le radici gotiche, storiche e di rappresentazione, della Nazione. Con un protagonista insegnante di scienze si divarica la forbice tra insondabile e verificabile, tra fede e dato di laboratorio in una sconcertante apocalisse ecologica che, sul rimando degli Uccelli di Hitchcock, ha il suo insospettabile mostro nelle piante. Non dunque la visione terribile della creatura del Male, o meglio di chi e cosa l’uomo ha trasformato in persecutore, ma l’orrore dell’autoannientamento come il guardiano dello zoo che si offre in pasto alle belve, come chi si sdraia davanti a una falciatrice in funzione, come la pistola che passa di mano in mano e di buco in testa in buco in testa. Shyamalan uccide un mondo e lo resuscita per tornare a infierire secondo lo stile superbo di un classico B movie, allargato alla moria perturbante di ogni sensazione di sicurezza. Il regista che porta lo stigma della notte già nel suo nome esalta le sue qualità sontuose di poeta e virtuoso della paura: foglie, erba, rami, refoli di vento sono i versi epici che inseguono lo spettatore e lo bloccano in un limbo fantasy che alla tragedia non risparmia né l’ironia né la parodia: il discorso a un sempreverde di plastica. Quello di Shyamalan è il paesaggio di un incubo che sullo schermo si metamorfizza in un capolavoro che rende sublime sia l’idea di una vita americana dopo l’11 settembre, sia la concezione e la pratica di una messa in scena che rifiuta il concorso del digitale e che concentra in novanta minuti la sua carica narrativa precisa come un orologio, insinuante come un germe che sovverte e irride. Nel finale Gli uccelli sanciva una tregua di minaccia Nel suo congedo E venne il giorno continua a bloccare le persone e a farle camminare al contrario. Forse non si salva neanche chi lo vuole (e non può).
NNatalino Bruzzone, Il Secolo XIX, 15 giugno 2008
L’inizio di E venne il giorno di M. Night Shyamalan sembra «copiato» da un episodio di Ai confini della realtà, serie televisiva americana anni sessanta che fondò il genere delle piccole e misteriose apocalissi. Non a caso alla scrittura della serie partecipò Richard Matheson, maestro del genere, autore di Io sono leggenda, primo romanzo «degli zombie» (George A. Romero in La notte dei morti viventi non lo accreditò ufficialmente tra le fonti di ispirazione, ma lo omaggiò mostrando una copia del libro nella casa dell’ultimo sopravvissuto) e di recente omonimo film con Will Smith. In uno degli episodi di Ai confini della realtà (tutti caratterizzati da eventi misteriosi che sovrastano i singoli e le comunità) una intera cittadina si porta con le macchine ai bordi dell’oceano per poi annegarvi dentro, spinta da un’inspiegabile attrazione al suicidio collettivo. E venne il giorno si muove sulla stessa linea: si vedono degli operai che a metà del giorno si buttano dalle impalcature, seguendo un impulso suicida che pian piano si allarga a tutta la città. E così, in mezzo al traffico, normali e sereni cittadini scendono dalla macchina e «la fanno finita» in tutti i modi (rubando le pistole ai poliziotti, buttandosi dai ponti, attaccandosi alla canna del gas). 15 minuti di puro terrore, resi vividi da una regia esemplare. Cosa sta succedendo? I mezzi di informazione - siamo ovviamente negli Stati Uniti - gridano all’attacco terroristico, imputando al gesto folle di una banda di chimici lo spargimento nell’aria di una sostanza che inibisce l’istinto di sopravvivenza. Panico in tutta la East Coast. Ma i terroristi non c’entrano niente e nel caos totale si capisce che l’apocalisse, prossima a venire, nasce da una ribellione della natura, portata dalle piante e dal vento.
Shyamalan è nel suo elemento, trovando in questo eco-thriller hitchcockiano un aggiornamento del percorso nei meandri della «paura americana». Dopo il fortunato Il sesto senso, il regista di origine indiana ha stretto il campo e, soprattutto con The Village, è riuscito a raccontare, con risultati alterni, tutti i luoghi del mistero e della paura inspiegabile. E venne il giorno vorrebbe essere un film apocalittico, ma (per mancanza di mezzi) si trasforma nell’on the road di un piccolo gruppo di sopravvissuti, capitanati da un professore di scienze naturali (Mark Whalberg) che presto o tardi inizia a fare uno più uno e capisce che il pericolo viene dalla natura, in piena ribellione. Il messaggio ecologista è forte, attuale ed evocativo, mentre la sua messa in scena cinematografica lascia a desiderare (e molti dei problemi derivano da un casting sbagliato). Shyamalan si gioca molta della sua credibilità con questo film, soprattutto dopo il flop cocente di Lady in the water, e anche per questo nel lancio mondiale della pellicola ha giocato al ribasso definendola «un fantastico film di serie B» e dicendo: «spero che la gente, uscendo dalla sala, possa pensare di aver visto un fantastico e divertente b-movie». Peccato che anche Signs (suo terzo film) fosse un omaggio al fantascientifico di serie B e al contempo un altro flop.
DDario Zonta, L'Unità, 15 giugno 2008
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