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Baciami, stupido - Scheda del film

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in collaborazione con:

 


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Promosso da Regione Piemonte, AIACE, AGIS

 

 

Giovedì 2 aprile 2009 – Scheda n. 23 (781)

 

Baciami stupido

 

Regia: Billy Wilder

 

Titolo originale: Kiss me, stupid

 

Sceneggiatura: Billy Wilder, I.A.L. Diamond, dalla commedia L’ora della fantasia di Anna Bonacci.

Fotografia: Joseph LaShelle. Montaggio: Daniel Mandell.

Musica: André Previn. Canzoni: Ira e George Gershwin.

Interpreti: Dean Martin (Dino Latino), Kim Novak (Polly la Bomba),

Ray Walston (Orville J. Spooner), Felicia Farr (Zelda Spooner),

Cliff Osmond (Bareny Milsap), Barbara Pepper (Big Bertha), Skip Ward (il lattaio).

Produzione: The Mirisch Corporation. Distribuzione: Lab 80 Film, Federazione Italiana Cineforum.

Durata: 125’. Origine: Usa, 1964.

 

Billy Wilder

 

L’anno scorso abbiamo visto due film di Billy Wilder, La fiamma del peccato e Non per soldi ma per denaro. E sono state due serate memorabili e felici, di quelle che ti ricordano quanto grande è stato il cinema. Quest’anno torniamo a Billy Wilder con una delle sue commedie più riuscite, Baciami stupido. Wilder è uno dei più grandi registi di tutti i tempi. Viennese, nato nel 1906, emigrato a Hollywood nel 1933, con l’arrivo dei nazisti, primo film americano: Frutto proibito (1942), seguito poi da una magnifica sequenza di altri film e capolavori, tra i quali ricordiamo: La fiamma del peccato (1944), Viale del tramonto (1950), L’asso nella manica (1951), Sabrina (1954), Arianna (1957), Quando la moglie è in vacanza (1955), A qualcuno piace caldo (1959), Testimone d’accusa (1958), L’appartamento (1960), Uno, due, tre (1961), Irma la dolce (1963), questo Baciami, stupido (1964), Non per soldi ma per denaro (1966), La vita privata di Sherlock Holmes (1970), Cos’è successo tra mio padre e tua madre? (1972), Prima pagina (1974), fino a Fedora  (1978) e all’ultimo film, Buddy Buddy (1981). Qui al cineforum, quando possiamo, mostriamo i film in lingua originale: è il caso di stasera. E sentire Dino, Polly, Orville e gli altri in originale raddoppia il piacere... Ancora una cosa: il film è distribuito in Italia dalla Lab80 Film e dalla FIC, la Federazione Italiana Cineforum, di cui anche il Cineforum di Omegna si onora di far parte, soprattutto in occasioni come questa.

 

La critica

 

I dintorni del film. Posizionamento temporale. Baciami, stupido è del 1964. Nella carriera di Billy Wilder sta nel bel mezzo di una serie impressionante di film. Arriva dopo l’acrobatico Testimone d’accusa (1957), lo strepitoso A qualcuno piace caldo (1959), l’amarcomico L’appartamento (1960), l’indiavolato Uno, due, tre! (1961), il paradossale Irma la dolce (1963). E viene prima del maligno Non per soldi… ma per denaro (The Fortune Cookie, 1966), del raffinato La vita privata di Sherlock Holmes (1970), dell’ingiustamente sottovalutato Che cosa è successo tra mio padre e tua madre (Avanti!, 1972) e del sarcastico Prima pagina (1974). I precedenti. All’origine di Baciami, stupido c’è la commedia, del 1944, L’ora della fantasia di Anna Bonacci, cugina del regista Mario Camerini e nipote di Pasquale Stanislao Mancini, ministro del Regno d’Italia nelle file della sinistra postunitaria. La pièce fu messa in scena a Roma, al Teatro Argentina, dalla compagnia di Carlo Ninchi, Assia Noris e Roldano Lupi, ed ebbe successo anche all’estero, per esempio a Parigi, al Théâtre Antoine, con Jeanne Moreau protagonista. La pochade è ambientata in un villaggio dell’Inghilterra vittoriana con un organista insoddisfatto e un borgomastro che architetta un imbroglio per cambiare le loro esistenze quando lo sceriffo della contea in visita al paese sarà accolto nella casa dell’organista che gli “offrirà” per una notte la propria “moglie”, in realtà una prostituta. Le cose poi finiranno, come nei film di Camerini e di Wilder, con l’intromissione della moglie vera, ecc., ecc. Qualcuno ha definito L’ora della fantasia un testo femminista, su due donne intelligenti in mezzo a gente bigotta e a intrallazzatori senza scrupoli. Una battuta del testo: «Io penso che il matrimonio unisca malinconicamente per tutta la vita due persone che avrebbero passato insieme qualche settimana deliziosa». Nel 1952, Mario Camerini ne trasse un film, titolo Moglie per una notte, con la collaborazione alla sceneggiatura di Franco Brusati: l’ambientazione viene spostata dall’Inghilterra rurale all’Emilia, precisamente a Parma, il giovane compositore che aspira a entrare al Teatro Regio è Armando Francioli, la ragazza di facili costumi fatta passare per moglie è Nadia Gray, il donnaiolo corteggiatore e conte di Parma è Gino Cervi e la vera moglie è una Gina Lollobrigida, resa un po’ più moglie da un paio di occhiali. (...) Baciami, stupido non è un film scandaloso, è tranquillamente chiaro e lucido. È un film dove il gusto di Wilder per il ‘cattivo gusto’, per quello che a quei tempi sembrava ‘cattivo gusto’, il suo gusto per la battuta e il doppio senso, anche per qualche bella scivolata e sottolineatura allusiva (come quella bottiglia di Chianti dal collo fallicamente infinito che Orville tiene dritta appoggiata davanti alla pancia! mentre si incrocia sulla porta quasi appiccicato a Polly…), tutto questo viene mescolato con l’altra faccia di Wilder, quella che mette in valore la fedeltà amorosa, qui messa alla prova, anche sconfitta, ma che dalla prova esce in qualche modo più consapevole, meno rigida, più temprata (o no?). D’altra parte, siamo in una specie di parabola, lontani dalle rotte frequentate, nel deserto del Nevada: in un paesino che si chiama Climax! Dove non gira anima viva, dove l’unica casa in cui finalmente succede qualcosa è quella di Orville J., dove alla stazione di servizio di Barney nessuno si ferma a fare benzina e l’unico che si ferma non fa il pieno al camion ma all’accendino!, dove tutti gli uomini non possono fare altro se non rifugiarsi al Belly Botton, il bar dell’Ombelico, a bersi un bloody mary e a incontrare le ragazze, tutte piuttosto racchie salvo Polly. E a Climax arriva Dino, il cantante e sottaniere, finito lì per caso e lì trattenuto, con l’astuzia, da Barney, il meccanico e paroliere. Facile la deduzione: che anche il film, prima o poi, debba arrivare al suo climax, e che anche i quattro personaggi che si incrociano a chiasmo, il maestro di piano Orville J., sua moglie Zelda detta lambchop in originale, costoletta d’agnello, e Caramella nella più dolce versione italiana, il divo Dino e Polly la bomba, in originale Polly the pistol, arriveranno a un benedetto climax incrociato… Per arrivarci, al climax finale, narrativo e sessuale, come succede in ogni commedia che si rispetti, bisogna passare attraverso innumerevoli equivoci; e come succede in quasi ogni commedia di Billy Wilder, bisogna passare attraverso mutazioni, sdoppiamenti, travestimenti, scambi di persona. Il travestimento, si sa, è uno dei pilastri del cinema di Wilder: inteso in senso stretto come ‘arte’ del cambiar vestito, del diventare altro o altra cambiando abito (fin dall’inquietante esordio con Frutto proibito, The Major and the Minor, 1942), e inteso anche in senso più largo come il mostrarsi (anche continuando a vestire i propri abiti) diversi da quelli che si è, inteso come ‘arte’ dell’indossare una mascheratura invisibile che non ti fa riconoscere per come sei ma per come vuoi sembrare. Il travestimento, e il parallelo travisamento, è il modo che Wilder usa per scardinare qualche verità costituita. Travestirsi e travisare, mascherarsi e smascherare, ribaltare e riadattarsi: tutti modi e figure che dicono la necessità di trovare altre definizioni del sé. Tutti scivolamenti che portano a rompere la gabbia della consuetudine e a cercare la sfida dell’essere, almeno per un momento, diversi. Dello stare dentro una diversa identità. Anche soltanto per una notte. L’equivoco è sempre un buon alibi per scivolare poi dentro un altro abito, una nuova maschera, un’identità sconosciuta o solo desiderata. (...) A guardare oggi Baciami, stupido, quello che ci vediamo non è soltanto la fotografia dell’americano medio, delle istituzioni matrimoniali, del mito del successo, dell’arrivismo e del cinismo, delle mitologie più sacre (famiglia, moralità privata e pubblica) che escono a pezzi, smascherate come false. Oggi, visto che tutte quelle mitologie sono andate davvero in pezzi e non c’è più bisogno di stare a dimostrare quanto fossero false, oggi, si può finalmente guardare Baciami, stupido in un modo più semplice e wilderiano e ridare al film il posto, alto, che gli compete nella carriera del regista. Lo si può guardare, più che come un percorso distruttivo di mitologie vuote, come un (tentativo di) percorso di (possibile?) maturazione. Alla fine, sembra che Orville J., Zelda lambchop e Polly la bomba (più loro due che lui) si ritrovino, dopo tanti equivoci e mascheramenti, in un’altra situazione (Dino non cambia, immutabile, per sempre mitico). Siano (un po’) più consapevoli. La deviazione dalla routine potrebbe averli fatti diventare più saggi. Le donne di sicuro. Orville J., se non più consapevole, forse è solo più perplesso, davanti alla vetrina con Dino che canta in tv Listen to me, Sophia (di George e Ira Gershwin) e non capisce come Dino abbia deciso di fare sua la canzone (lo sa bene Zelda, la lambchop che Dino ha assaggiato…). La sofia. Una canzone che chiede a Sophia, alla sofia, di ascoltarci. Di essere più nostra. Oh Sophia, be mine. In fondo, Billy Wilder ha (quasi) sempre voluto bene ai suoi esseri umani. Say the word, sweet Sophia. Dicci qualcosa, sofia. Regalaci un briciolo di saggezza dopo tanti equivoci e dopo un bel climax incrociato.

Bruno Fornara, «Oh, Sophia, be mine...», in Un tocco di Wilder, Bergamo, 2007

 

 

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