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L'onda - Scheda del film

 

in collaborazione con:

 

CINEMA SOCIALE – S.O.M.S. Società Operaia di Mutuo Soccorso Omegna

PIEMONTE AL CINEMA – IL CINEMA DIFFUSO
Promosso da Regione Piemonte, AIACE, AGIS



Giovedì 25 febbraio 2010 – Scheda n. 18 (803)

 

 

L'onda

 

 

 

 

Titolo originale: Die Welle.

 

Regia: Dennis Gansel.

 

Sceneggiatura: Johnny Dawkins, Ron Birnbach. Fotografia: Torsten Breuer.

Montaggio: Ueli Christen. Musica: Heiko Maile.

Interpreti: Jürgen Vogel (Rainer Wenger), Frederick Lau (Tim),

Max Riemelt (Marco), Jennifer Ulrich (Karo), Christiane Paul (Anke Wenger),

Elyas M'Barek (Sinan), Cristina do Rego (Lisa) Jacob Matschenz (Dennis),

Maximilian Vollmar (Bomber), Max Mauff (Kevin).

Produzione: Rat Pack Filmproduktion Gmbh. Distribuzione: Bim.

Durata: 101’. Origine: Germania, 2008.

 

 

 

Dennis Gansel

 

Nato a Hannover nel 1973, Dennis Gansel studia alla prestigiosa Scuola di Cinema di Monaco, dirige i corti The Wrong Trip (1995), Living Dead (1996) e Im Auftrag des Herren (1998). Il primo lungometraggio è il premiato film-tv The Phantom, thriller politico sul gruppo della RAF (Rote Armee Fraktion). Nel 2001 esordisce nel cinema con Ragazze pompom al top, grande successo commerciale. Del 2004 è NaPolA, storia ambientata in una esclusiva accademia nazista, premiato a New York. Poi viene L’onda. Dice Gansel: «Sono sempre stato interessato a questo argomento. Potrebbe tornare il fascismo? Come funziona il sistema fascista? Com’è possibile che la gente si lasci fuorviare? Sono tutte domande che mi affascinano. Mio nonno era un ufficiale durante il Terzo Reich, una cosa che ha sempre costituito un grosso problema per mio padre e i miei zii. Da ragazzo mi sono chiesto spesso come mi sarei comportato in quella situazione. In NaPolA ho affrontato la domanda: “Com’è stato possibile, allora? Come hanno fatto i nazisti a fuorviare tanta gente?” Ne L’Onda mi sono chiesto, invece: “Come potremmo essere fuorviati, oggi? Come funzionerebbe il fascismo? Sarebbe possibile ai giorni nostri? Potrebbe accadere di nuovo, in una qualsiasi scuola tedesca, qui e ora?”… Ricordo distintamente la prima volta che ho letto il romanzo Die Welle (L’Onda). La prima domanda che ti fai, quando lo leggi, naturalmente è: “Che cosa avrei fatto io? Avrei aderito?” E subito ti rispondi: “È successo tanto tempo fa, in America. Forse in quel paese, a quel tempo, era ancora possibile. Ma oggi in Germania, è escluso.” Eppure, secondo me non è così facile. È da qui che siamo partiti: ambientiamo la storia nella Germania d’oggi, e chiediamoci se potrebbe succedere ancora… Naturalmente aiuta se l’insegnante ha una personalità carismatica, se è un vero leader, se possiede capacità di persuasione ed è ammirato dagli studenti. Credo che il sistema fascista che questo insegnante costruisce sia così nefasto psicologicamente che potrebbe riaffermarsi ovunque, e in qualsiasi momento. Assegnate a chi prima non aveva alcuna voce in capitolo la sua piccola area di responsabilità; formate una comunità che all’improvviso dia un nuovo valore al corpo studentesco; eliminate le grandi differenze che un tempo dividevano gli studenti dando a ognuno la possibilità di distinguersi - credo che una ricetta del genere funzionerebbe ovunque. Soprattutto in un sistema come quello scolastico. E chiunque frequenti un liceo sa come vanno le cose: i ragazzi più popolari, i leader sociali, sono in cima all’ordine gerarchico, mentre molti studenti che magari sono solo più timidi o meno appariscenti non hanno alcuna possibilità di emergere. Sono sicuro che se si potesse prendere un sistema come quello dell’esperimento di Cubberley, un liceo di Palo Alto, negli Usa, fatto nel 1967, e metterlo in piedi dall’oggi al domani, funzionerebbe ancora».

 

La critica

 

Niente a che vedere con l'omonimo movimento degli studenti italiani, nato l'anno scorso in reazione alla politica scolastica del ministro Gelmini e già (apparentemente) assopito: L'onda è una storia immaginaria a forte valenza di parabola: anche se imparentata con un singolare esperimento messo in atto, anni fa, in una high school di Palo Alto, California. Il film, invece, è ambientato nella Germania odierna, in una scuola superiore qualsiasi di una qualsiasi città. Durante una settimana 'a tema', il professor Reiner Wenger deve gestire un seminario sull'autocrazia. Comincia con le definizioni ('il regime di un solo uomo o di un gruppo ristretto che usano un Paese a loro piacimento'), poi, per tenere l'attenzione di un uditorio scettico e distratto, passa alla dimostrazione pratica. Alla domanda 'è possibile che in Germania risorga un fascismo?' i ragazzi hanno riposto negativamente. Reiner li convince, allora, a cambiare, per una settimana, i comportamenti abituali: rispetteranno alcune regole formali ormai in disuso (chiedere la parola, alzarsi in piedi davanti all'insegnante...), vestiranno tutti alla stessa maniera (non magliette firmate, ma jeans e camicia bianca), sperimenteranno forme di collaborazione. Giorno dopo giorno il gruppo, che si è dato il nome di 'Onda', cresce di numero grazie alla defezione degli studenti da altri seminari, per unirsi a quello di Reiner; si dà un 'logo', che compare sui muri della città, inventa un 'saluto' para-nazista. I più fragili, come il disadattato Tim, che idolatra il professore, prendono a identificarsi sempre più nel neonato 'movimento', emarginando chi non vi aderisce e scontrandosi con gruppi di 'anarchici'. La disciplina produce anche risultati mai raggiunti nella squadra di pallavolo, un tempo fiaccata dall'individualismo dei singoli giocatori. Fatte le debite proporzioni, le adunate si fanno 'oceaniche'; e lo stesso professore, all'inizio alternativo e fricchettone, finisce contagiato dal morbo; fino a rendersi irriconoscibile agli occhi della moglie-collega (invece la preside, ufficiosamente, approva). Solo due ragazze della classe originaria si rifiutano di stare al pericoloso gioco. Preceduto da un tv-movie americano sullo stesso soggetto (The Wave), L'onda è un film coinvolgente sul piano spettacolare, serio e acuto nel trattamento della materia. Centra in pieno il nocciolo della genesi dei regimi; più che una precisa ideologia, dei simboli di appartenenza: un nome, un'uniforme, un simbolo, un saluto (qui manca solo un inno). Ciò che lo indebolisce un po' è il – come dire? - contrappasso della (lodevole) intenzione didascalica, che fa scivolare l'ultima parte verso una sorta di lezione dove il professore ci spiega quel che è successo (anche senza, tutto risulterebbe chiaro) e verso un epilogo melodrammatico. Detto ciò il film è duro, efficace e merita senz'altro la visita.

RRoberto Nepoti, La Repubblica, 27 febbraio 2009

 

Se il cinema tedesco si era già soffermato con Das experiment sulla labilità della psiche umana di fronte a condizionamenti di gruppo, con L'Onda, ispirato ai fatti accaduti nel '67 in California, descritti da un romanzo statunitense 'riportato' nella terra che 75 anni fa ha vissuto l'affermazione del nazismo, si va oltre: con uno stile scorrevole e una costruzione lineare adatta tanto alle sale d'essai quanto ai multiplex, si delinea il percorso inquietante di una classe liceale che nell'arco di una settimana, quanto dura il corso di 'autocrazia', dapprima con scetticismo poi con crescente e soverchiante entusiasmo ricrea terreno di coltura e struttura piramidale propri dei sistemi dittatoriali. Artefice dell'operazione è il cazzuto professore di scienze politiche ed educazione fisica Rainer Wenger, beniamino degli studenti che vive su un barcone con una collega incinta e ha sviluppato un evidente complesso di inferiorità nei confronti dei colleghi, a causa del suo percorso formativo 'alternativo'. La convinzione degli alunni è che al giorno d'oggi una nuova forma di fascismo non sarebbe possibile: un'opinione contraddetta da un gioco di ruolo che in pochi giorni produce risultati sorprendenti. Una classe sempre più numerosa accoglie con crescente convinzione i concetti di disciplina, forza e azione; complici le nuove tecnologie si dota di nome, logo, uniforme e saluto... Se i figli dei genitori liberal sviluppano anticorpi salutari, altri studenti si rivelano pronti ad essere manipolati, per fragilità caratteriale o per volontà di riscatto: giorno dopo giorno aumentano azioni di gruppo aggressive, bravate e ostracismi nell'incredulità dei genitori e del prof ormai incapace di abbandonare la finzione del 'gioco'. L'onda anomala di forza e pensiero unico travolge l'intera scuola nella sfida decisiva del torneo di pallanuoto e nell'assemblea convocata dall'ispiratore per placare gli animi, con esiti tragici. Al di là dello sviluppo della trama, che molto mutua dalle accelerazioni drammatiche e dalle svolte intrise di romanticismo delle più rassicuranti storie di liceali alle prese con l'avvicinarsi dell'età adulta, punto di forza del trascinante film di Gansel, premiato al Sundance un anno fa e, dopo grandi incassi in patria e festival in giro per il mondo, applaudito al recente Festival di Torino, è il quesito di fondo, l'interrogativo tutt'altro che riduttivo sulla possibilità che si ripeta l'escalation che ha portato all'Olocausto attraverso propaganda e acquisizione del consenso. Un tema talmente rilevante che tornano alla mente le parole di Walter Barberis dalla postfazione a 'I sommersi e i salvati': nelle riflessioni di Primo Levi, sopravvissuto ad Auschwitz, 'un'esperienza estrema ha perduto il suo carattere apparentemente eccezionale, per dirci come sia possibile scivolare in quel baratro coltivando atteggiamenti conformisti, zelanti, deferenti nei confronti di qualche presunta autorità, lasciandosi accecare dall'egoismo di gruppo, cercando rifugio nel vicolo cieco dell'orgoglio identitario'. Appunto.

MMario Mazzetti, Vivilcinema, 26 gennaio 2009

 


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