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Locandina del film
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Rachel sta per sposarsi - Scheda del film

 

in collaborazione con:

 

CINEMA SOCIALE – S.O.M.S. Società Operaia di Mutuo Soccorso Omegna

PIEMONTE AL CINEMA – IL CINEMA DIFFUSO
Promosso da Regione Piemonte, AIACE, AGIS



Giovedì 11 marzo 2010 – Scheda n. 20 (805)

 

 

Rachel sta per sposarsi

 

 

 

Titolo originale: Rachel Getting Married.

 

Regia: Jonathan Demme.

 

Sceneggiatura: Jenny Lumet. Fotografia: Declan Quinn.

Montaggio: Tim Squyres. Musica: Zafer Tawil, Donald Harrison jr.

Interpreti: Anne Hathaway (Kym), Rosemarie DeWitt (Rachel),

Mather Zickel (Kieran), Bill Irwin (Paul), Anna Deavere Smith (Carol),

Anisa George (Emma), Tunde Adebimpe (Sidney), Debra Winger (Abby),

Jerome LePage (Andrew), Beau Sia (Norman Sklear), Dorian Missick (Dorian Lovejoy),

Kyrah Julian (sorella di Sidney), Carol Jean Lewis (madre di Sidney),

Donald Harrison Jr. (se stesso).

Produzione: Clinca Estetico. Distribuzione: Sony Pictures Releasing Italia.

Durata: 113’. Origine: Usa, 2008.

 

 

 

 

Jonathan Demme

 

Il nome di Jonathan Demme, nato a New York il 22 febbraio 1944, è legato soprattutto a un film divenuto famoso oltremisura, Il silenzio degli innocenti. Ma Demme ha fatto molte altre cose e anche migliori. Regista quanto mai eclettico, ha realizzato documentari, film musicali, lavori di intervento politico. Ha anche fatto il critico cinematografico, poi lo sceneggiatore per Roger Corman. Nel 1974 debutta nella regia con Femmine in gabbia cui seguono Crazy Mama (1975), Fighting Mad (1976), Chroma Angel chiama Mandrake (1977) e Il segno degli Hannan (1979). Il primo successo arriva con Una volta ho incontrato un miliardario (1980). Qualche altro film minore (La commissaria, 1982, Tempo di swing, 1984) e due film convincenti, Stop Making Sense su un concerto dei Talking Heads (1984) e Qualcosa di travolgente (1986). Poi il documentario Swimming to Cambodia (1987) e la commedia Una vedova allegra…ma non troppo (1988). Il grande balzo arriva nel 1991 con Il silenzio degli innocenti, Oscar per la miglior regia. Ritorna al documentario con Mio cugino Bobby (1992) e quindi al grande successo con Philadelphia (1993). Appassionato da sempre di musica, dirige il cortometraggio The Complex Sessions (1994) dedicato a Neil Young, Murder Incorporated (1995) con Bruce Springsteen e il documentario Storefront Hitchcock (1998), dove omaggia il famoso chitarrista inglese. Ritorna alla fiction con Beloved (1998) dove affronta la condizione degli afroamericani. The Truth About Charlie (2003) è il remake di Sciarada, poi riprende in mano l'amore per il documentario per raccontare la vita leggendaria del politico democratico haitiano Jean Dominique nello splendido The Agronomist (2003). The Manchurian Candidate (2004) è un film sull'abuso di potere da parte del governo. E ancora alcuni documentari: uno con Neil Young, Hearts of Gold (2006), New Home Movies From the Lower 9th Ward (2007) sulle conseguenze dell'uragano Katrina di New Orleans e Man From Plains (2007) sguardo lucido sulla vita politica e privata del presidente degli Stati Uniti d'America Jimmy Carter. Questo Rachel sta per sposarsi è stato presentato alla Mostra di Venezia, in concorso. Sentiamo Demme: «Ero impegnato in un documentario, quando Sidney Lumet mi ha suggerito di leggere una sceneggiatura scritta da sua figlia Jenny sulla famiglia e altre questioni importanti. Ho amato l’evidente disinteresse di Jenny per le regole classiche, il suo desiderio di non rendere piacevoli i personaggi in senso convenzionale e il suo approccio coraggioso alla verità, al dolore e all’umorismo. Ho pensato che da questa sceneggiatura sarebbe potuto venir fuori un film che rispecchiasse la sorprendente reazione che avevo avuto leggendola, perché ad un certo punto della storia, nonostante il rifiuto di manipolare le emozioni del lettore, noi entravamo a far parte di questa famiglia problematica e iniziavamo ad interessarci ai suoi membri… Volevo lavorare con Anne Hathaway fin da quando l’ho vista in mezzo ad una folla ad una proiezione cinque anni fa, quando ero già un ammiratore delle sue apparizioni cinematografiche… Io e il mio direttore della fotografia Declan Quinn pensavamo che il lavoro dovesse cercare di sembrare ‘il più bel filmino casalingo mai realizzato”, come se ogni scena fosse stata catturata su digitale da un amico con una cinepresa o anche dal fantasma di un personaggio, la cui morte ossessiona la famiglia. Considerando che io e Declan avevamo passato bei momenti durante le riprese di Jimmy Carter Man from Plains, abbiamo deciso di adottare un approccio da documentario per questo lavoro, mantenendo comunque l’idea del ‘bellissimo filmino casalingo’. Quindi, non abbiamo mai svolto delle prove prima delle riprese e raramente abbiamo pianificato un’inquadratura in anticipo, preferendo lasciare che gli attori iniziassero la scena con la consapevolezza che Declan avrebbe reagito alla situazione sul momento. In questo modo, senza ciak ripetuti o scene pianificate, abbiamo contribuito a mantenere il più possibile alto il livello di spontaneità per il cast. Considerando che volevo mostrare un matrimonio veramente magnifico, abbiamo svolto un casting per le comparse molto ridotto. In pratica, abbiamo stilato una lista degli ospiti scegliendo degli attori e delle persone comuni che conoscevo e che sembrassero adatti alla coppia, e abbiamo fatto sì che il fine settimana si svolgesse davanti alle telecamere, con le persone che si conoscevano durante le riprese, allo stesso modo in cui la gente si trasforma in una comunità provvisoria negli eventi speciali che avvengono nella vita reale. In cima alla lista degli ospiti c’era un gruppo di musicisti su cui sapevo di poter contare per creare delle musiche evocative ed originali durante le riprese, cosa che ci avrebbe permesso di evitare il bisogno di una colonna sonora drammatica composta durante la postproduzione. Tra i musicisti, alcuni dei quali provengono dalla Palestina e dall’Iraq, c’erano anche quelli che hanno composto la colonna sonora del documentario su Jimmy Carter, mentre Donald Harrison jr. fa parte di una famiglia di New Orleans che è stata al centro di un progetto documentaristico che sto girando da tre anni… Sono stato ispirato a realizzare Rachel Getting Married soprattutto dal mio amore per i film di Robert Altman e per altre pellicole americane che hanno scelto di adottare un approccio che eviti le idee convenzionali (e ormai radicate) che portano a modificare le storie e lo stile della narrazione, nel tentativo di emozionare superficialmente il pubblico».

 

La critica

 

Scusate, forse all'ultima Mostra di Venezia, dove era in concorso, erano tutti distratti e non se ne sono accorti, ma Rachel sta per sposarsi non è un bel film. È molto di più. È un'opera totale che sembra 'farsi' mentre la vedi, una storia che coinvolge solo accadendo, senza artifici retorici, una rappresentazione che nasce per il palcoscenico e invece diventa quintessenza del cinema, tra Godard e Cassavetes, danzando però come matti al suono di Neil Young. Teoria? Forse, ma che importa. Se non ci si emoziona di fronte alla sapienza di un film simile cosa resta del giorno, della notte, del piacere degli occhi? Kym (Anne Hathaway): bravissima, tossica e sbarellata torna a casa per partecipare al matrimonio della sorella, Rachel. Anzi, prima alle 'prove del matrimonio'. Per cinque giorni gli interpreti, il regista Jonathan Demme e il direttore della fotografia Declan Quinn si sono trovati nella casa di famiglia che fa da set e hanno lavorato (paradossalmente se si pensa alla trama) senza provare prima. Liberi, autori e attori, di interpretare (nel senso più ampio del termine) come volevano il copione di Jenny Lumet (figlia di Sidney), in origine scritto per il teatro. Macchina da presa a mano e imprevisti extradiegetici che irrompono in scena. Per esempio, la protesta della Hathaway nei confronti dei musicisti in giardino che fanno casino era in sceneggiatura? Ma il cortocircuito tra l'idea di un film che abbia unità di tempo luogo e azione e la sua forma più tradizionalmente narrativa (c'è una storia drammatica da raccontare, perché la famiglia della sorella della sposa ha uno scheletrone nell'armadio) non inficia la tensione emotiva, non è mai, semplicemente, 'esperimento'. Anzi, Demme sceglie saggiamente di alzare la corrente, con botte melodrammatiche, come nel confronto tra Kym e la madre (Debra Winger!), da poema sirkiano. E davvero vorrebbe lasciare il cinema a soggetto per occuparsi solo di documentari, come da tempo va dicendo? Per carità, fate qualcosa, fermatelo!!

MMauro Gervasini, Film TV, novembre 2008

 

Ancora una volta le nevrosi di prima delle nozze, pezzo forte di Neil Simon come di Minnelli ed Altman. Nel testo di Jenny Lumet, figlia di Sidney, la così per bene Rachel sta per sposarsi quando torna a casa dopo la cura la sorellina autodistruttiva e tossica. Si cerca di far pace, ma scoppia la guerra in nome di Freud e dell'accoppiata vincente Rancori & Rimorsi, è un lungo pomeriggio verso la notte, anche perché un segreto non rimosso mina alla base la felicità della famiglia tipica Usa. Scene madri e padri, una gara di lavapiatti, l'infernale non detto casalingo con impronta wasp ma con finale multietnico. Demme intinge velenosamente nel vero il verosimile e modella ritratti femminili da Capote-Williams, magistralmente finge di improvvisare un dramma collettivo anche a volte risaputo con un cast in stato di grazia patologica con la ben tornata Debra Winger, le straordinarie Dewitt e Hathaway.

MMaurizio Porro, Corriere della Sera, 21 novembre 2008

 

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