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A Dangerous Method - Scheda del film

 

 

in collaborazione con:

 

CINEMA SOCIALE  S.O.M.S. Società Operaia di Mutuo Soccorso Omegna

PIEMONTE AL CINEMA – IL CINEMA DIFFUSO
Promosso da Regione Piemonte, AIACE, AGIS

 

Giovedì 17 gennaio 2013 – Scheda n. 12 (878)

 

 

 

A Dangerous Method

 

 

Regia: David Cronenberg

 

Sceneggiatura: Christopher Hampton,

dalla sua pièce teatrale The Talking Cure

e dal romanzo A Most Dangerous Method di John Kerr.

Fotografia: Peter Suschitzky. Montaggio: Ronald Sanders.

Musica: Howard Shore.

 

Interpreti: Viggo Mortensen (Sigmund Freud), Keira Knightley (Sabina Spielrein),

Michael Fassbender (Carl Jung), Vincent Cassel (Otto Gross),

Sarah Gadon (Emma Jung), André Hennicke (professor Eugen Bleuler).

 

Produzione: Lago Film. Distribuzione: BIM.

Origine: Gran Bretagna, Germania, 2011. Durata: 99’.

 

 

 

David Cronenberg

 

 

Quanti film di Cronenberg abbiamo presentato al Cineforum? Tanti. Tra i massimi registi di oggi, canadese di Toronto (1943), era guardato all’inizio come un piccolo costruttore di film horror. Poi ci si è accorti che, dentro l’horror, Cronenberg affrontava temi come la mutazione, l’epidemia, la contaminazione, il rapporto carne/metallo, reale/virtuale, umano/non-umano. Padre scrittore, madre pianista, religione ebraica, laurea in letteratura inglese, studi di scienze. Corti: Transfer (1966) e From the Drain (1967), primo film nel 1975 Il demone sotto la pelle. Seguono Scanners (1981), Videodrome (1983), La zona morta (1983), il successo mondiale La mosca (1986), l’incubo ginecologico Inseparabili (1988), il delirio paranoico Il pasto nudo (1991, da Burroughs), il melodramma maschil-femminile M. Butterfly (1993), Crash (1996, da Ballard) premio della giuria a Cannes, eXistenZ (2000) Orso d’argento a Berlino. Poi Spider (2002), il magnifico A History of Violence (2005), La promessa dell’assassino (2007), questo A Dangerous Method (2011) e infine Cosmopolis (2012, da De Lillo, presentato a Cannes).

In A Dangerous Method ci sono quattro personaggi, tutti storici: Carl Gustav Jung (Michael Fassbender), Sigmund Freud (Viggo Mortensen), la loro paziente e allieva Sabina Spielrein (Keira Knightley) e una specie di hippie ante litteram, Otto Gross (Vincent Cassel). Otto Gross è morto di fame a Berlino nel 1919. Sigmund Freud ha lasciato Vienna dopo l’invasione nazista ed è morto di cancro a Londra nel 1939. Sabina Spielrein è tornata in Russia dove ha formato molti psicanalisti della neonata Unione Sovietica, poi ha ripreso la professione medica a Rostov, sul Don, dove era nata. Nel 1941, lei e le due figlie vengono catturate dalle SS naziste, condotte nella sinagoga e uccise. Carl Gustav Jung è morto serenamente nel 1961.

Sentiamo Cronenberg: «Questo film non mi sembra così diverso dagli altri miei film. Ci sono personaggi carismatici, molto forti, degli scienziati, dei medici. C’è un triangolo amoroso, molto inusuale, e anche di questo mi sono già occupato. Quindi non c’è niente di nuovo se non che queste figure si basano su personaggi storici. Quando lavori a qualcosa del genere, vorresti cercare di resuscitarli, riportarli in vita. Mi piacerebbe parlare con Freud, con Jung, andare a bere qualcosa con Otto Gross. Con lo sceneggiatore Christopher Hampton abbiamo fatto molte ricerche per ricreare queste persone. E questo è un elemento inusuale per me, non l’ho mai affrontato prima d’ora. Le persone di questa storia sono tutte brillanti, eloquenti, sono in grado di esprimere il loro pensiero anche quando è astratto e complesso, poi c’è l’elemento sessuale che si mescola con l’intelletto, sono passionali nelle loro idee e da qui nasce anche l’attrazione sessuale e tutto si mescola... Vogliono infrangere le regole, distruggere i tabù, cambiare la società. Vogliono rivoluzionare la società, in un momento storico quando vigevano segretezza e repressione. Come artista mi è facile capire questa situazione e comprendere l’idea di un personaggio che non accetta la realtà della società come la vera realtà e crede che ci sia qualcosa sotto, letteralmente nell’idea di Freud: il subconscio, la coscienza nascosta. Non accettare la visione ufficiale della realtà, cercare qualcos’altro e volerci arrivare: questo è l’obiettivo di ogni artista. Nella società di Vienna o di Zurigo, tra Ottocento e Novecento, tutto era controllato, tutto funzionava, tutti credevano nel progresso, credevano che l’uomo si stesse evolvendo sempre di più, che si allontanasse sempre di più dal mondo animale per avvicinarsi a quello degli angeli, ma i prezzi da pagare erano la repressione e il controllo, la censura di un certo tipo di creatività non ufficiale. Freud infranse tutte queste regole, cambiò la società e tutti glielo riconobbero tanto che era considerato persona molto pericolosa. Lui e anche Jung dovettero combattere. Freud lottò per il riconoscimento della psicoanalisi come procedura medica legittima. C’erano molti ostacoli in questo senso. Uno era il suo essere ebreo. A Vienna, l’antisemitismo era molto forte, accettato da tutti... Sabina Spielrein fu una precorritrice. Non si sapeva nulla di lei fino al 1977, quando a Ginevra furono scoperte le lettere che scrisse a Freud e a Jung. Solo allora si conobbe la profonda influenza che ebbe sul loro pensiero. Era russa, arrivò da Jung come paziente all’età di 18 anni e si rivelò tanto brillante non solo da essere analizzata ma anche da analizzare Jung stesso fino a diventare anche lei una psicoanalista... Per tutto questo, il film è una storia incredibile fatta di ossessione, passione, intelletto, sessualità. Tutti elementi meravigliosi».

 

 

La critica

 

 

Doveva essere implicito anche nel testo teatrale di Christopher Hampton da cui il film è tratto, che questo sistema di relazioni pericolose sotto ambigua forma di biografia istituzionale è una 'rappresentazione' dell’umano troppo umano scoperchiato dalla psicoanalisi di Sigmund Freud e Gustav Jung. Ma diventando film di Cronenberg, pensatore della razionalità alchemica della mente umana, ogni personaggio è esplicitamente una forza, un’energia diversa del sistema. E la rappresentazione, proprio perché asseconda la presunta realtà biografica delle relazioni, si stacca, dall’evidenza di cronaca al rito. Nella ricerca di massima precisione storica, appena prima della pedanteria, o appena dopo il realismo, Cronenberg riesce a spandere un soffio onirico sulla consistenza dei conflitti e delle ragioni (il lago perenne a Zurigo, la Vienna vuota, la 'quantità' nello studio di Freud e talune mancanze nell’ospedale o negli interni). Nei film di David Cronenberg le pulsioni di amore, sesso, violenza, polimorfismo, morte, vivono momenti felici di verità nascoste illuminate bene (da Crash a Il pasto nudo, prodotti da Jeremy Thomas, tornato qui con Cronenberg, fino ai più recenti e frequentati dal pubblico A History of Violence e La promessa dell’assassino). Fare un film sollecitando la biografia e le idee di Jung e Freud per Cronenberg è una scelta intellettuale, intima, girata sul sé, un chirurgo che, tra mille operazioni, si ferma un momento per capire come è diventato un medico che taglia corpi. Nei dettagli storici delle esplorazioni scientifiche, tra Zurigo e Vienna, del 30enne Jung (Fassbender in balia della fragilità) e del suo mentore 50enne Freud (Mortensen, trincerato nel rischio), Cronenberg tiene stretti nel film, e nella logica emotiva e intellettuale dello spettatore, i fili della passione tra l’insoddisfatto Jung e la nevrotica Sabina (Keira Knightley), che suggerì la questione fondamentale della tensione mortale della sessualità. È una scelta cruciale: in questa relazione, supervisionata da un Freud in difesa, ci sono luci, ombre, materia e ossessioni di una delle grandi scoperte dell’umanità. Figli di ogni crisi della mente mentre diventavano genitori di una sua luce. Opaca.

SSilvio Danese, Film TV , ottobre 2011

 

Va detto subito: voto 5, cioè il massimo. Un grande Cronenberg. Un film furente, rabbioso e incandescente avvolto in una forma controllata, sprofondato dentro un ambiente rigido, fatto su in una confezione perfettamente ingannevole. C’è da aprire la porta, le porte, i cancelli, i portoni all’esplorazione del vulcano. C’è da portare la peste in giro per il mondo (come dice Freud quando vanno in America). C’è da insinuare il dubbio dentro l’unicità del soggetto. C’è da far scorrer fuori sogni desideri piaceri libido perversioni sessualità nevrosi. E l’eruzione avviene dentro un orizzonte sociale e culturale chiuso, rinserrato, impaurito, modellato – come le perfette scenografie del film – secondo uno stile immobile, decente, bloccato, crudele. Cronenberg fa un film in costume e un film di costumi (sociali, mentali) per mostrare ciò che bolle là sotto, ciò che farà saltare in aria tutto quel mondo impettito e sicuro di sé, in realtà orribile e mortifero (c’è anche una guerra in arrivo). La paziente Sabina Spielrein (Kira Knightley, debole, ossessa, dolce, dura, urlante, sculacciata, frustata, luminosa) porta il suo infernale rapporto con il padre dentro la clinica del dottor Jung (Michael Fassbender, professionale, indeciso, partecipe, travolto, innamorato, sprofondato, sculacciatore, marito, amante, passionale: “Solo un medico ferito può guarire il paziente”). Jung la salva e sprofonda lui stesso dentro di lei, nell’abisso dolcissimo e tormentato di una relazione in cui carne dolore piacere (c’è tutto Cronenberg qui…) non lasciano scampo ma fanno finalmente vivere. Freud, molto più cauto, è anche molto più povero di Jung che in nave sta in prima classe. Il film è la storia di una passione, di tante passioni e di un infuocato scontro a tre, fatto di rivelazioni, incontri, lettere, lontananze, amplessi e distacchi. È come se Cronenberg rendesse omaggio a chi ha cominciato, un po’ più di cent’anni fa, quel lavoro infinito che lui ha messo in tanti suoi film. Rende omaggio a chi gli ha aperto la porta: soprattutto a Sabina Spielrein che ha fracassato con il suo dolore e con il suo piacere il muro del silenzio. Dice Jung alla fine: “L’amore per te mi ha fatto capire chi sono”. A suo rischio e pericolo. E ancora: “Talvolta bisogna compiere qualcosa di imperdonabile per continuare a vivere”. Gran film sull’imparare a vivere per come si è. Il voto nel frattempo è già aumentato: 5 e lode.

BBruno Fornara, su Facebook, nei rapporti dalla Mostra di Venezia 2011

 

 

 

 

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