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Le idi di marzo - Scheda del film

 

 

in collaborazione con:

 

CINEMA SOCIALE  S.O.M.S. Società Operaia di Mutuo Soccorso Omegna

PIEMONTE AL CINEMA – IL CINEMA DIFFUSO
Promosso da Regione Piemonte, AIACE, AGIS

 

Giovedì 14 marzo 2013 – Scheda n. 20 (886)

 

 

 

  

 

Le idi di marzo

 

 

Titolo originale: The Ides of March

 

Regia: George Clooney

 

Sceneggiatura: George Clooney, Grant Heslov, Beau Willimon,

dalla pièce teatrale ‘Farragut North’ di Beau Willimon.

Fotografia: Phedon Papamichael. Musica: Alexandre Desplat.

Montaggio: Stephen Mirrione.

 

Interpreti: Ryan Gosling (Stephen Myers), George Clooney (Mike Morris),

Philip Seymour Hoffman (Paul Zara), Paul Giamatti (Tom Duffy),

Marisa Tomei (Ida Horowicz), Evan Rachel Wood (Molly Stearns).

 

Produzione: Smoke House. Distribuzione: Rai Cinema.

Origine: Usa, 2011. Durata: 102’.

 

 

George Clooney

 

 

Nato a Lexington, Kentucky, nel 1961, Clooney passa con facilità dal ruolo di attore a quello di regista. Figlio di un presentatore televisivo, famiglia di gente di spettacolo, tenta con il giornalismo e il baseball, poi comincia la carriera di attore in tv e al cinema in film di serie B, tipo Predator The Concert, La scuola degli orrori e Il ritorno dei pomodori assassini, tutti del 1987. Nessuno sa ancora che George Clooney è George Clooney: così viene scartato ai provini per Thelma e Louise di Ridley Scott e per Le iene di Tarantino. La fortuna si fa viva quando lo prendono per il ruolo del dottor Ross, pediatra dongiovanni, nella fortunatissima serie E.R. Incoronato come nuovo Cary Grant e uomo più sexy del mondo, adesso lo vogliono tutti. Recita in Un giorno per caso (1996), Dal tramonto all’alba (1996, di Robert Rodriguez), nell’orrendo Batman e Robin (1997, di Joel Schumaker). Si susseguono mogli, fidanzate e film: il thriller The Peacemaker (1997), il poliziesco Out of Sight (1998, di Steven Soderbergh, suo socio in affari), il bellico e magnifico La sottile linea rossa (1998, di Terrence Malick). Fonda la sua compagnia di produzione e arriva, proprio con baffetti alla Clark Gable, a un film dei fratelli Coen, Fratello, dove sei? (2000). Esordisce nella regia con il sorprendente Confessioni di una mente pericolosa (2003). Gira un altro bel film sempre come regista, il politico Good Night, and Good Luck (2005), sulla caccia alle streghe maccartista negli anni Cinquanta. Compra una villa sul lago di Como. Si schiera apertamente contro George Bush. Recita in World Trade Center (2006), Intrigo a Berlino (2006), Michael Clayton (2007). Dirige e recita nella commedia In amore niente regole. Torna dai Coen per Burn After Reading e per Prima ti sposo, poi ti rovino. Recita nel bel film di Jason Reitman Tra le nuvole. Nel film di Wes Anderson Fantastic Mr. Fox presta la voce alla volpe protagonista. Nel 2009 lo vediamo in L’uomo che fissa le capre e in The American. Scrive, dirige e interpreta questo Le idi di marzo, presentato a Venezia. Nel 2012 recita nel bel film di Alexander Payne Paradiso amaro.

Sentiamolo: «Definirei questa pellicola un thriller politico, mentre non penso che sia un film politicizzato. La storia raccontata interesserà i sostenitori di entrambi i partiti americani. I democratici preferiranno l’inizio del film, invece i repubblicani ameranno la fine. Insomma, può riuscire a coinvolgere tutti. Forse si tratta di un film politico, ma comunque è un film politico che non ha uno scopo preciso, aspetto questo molto importante per noi. La politica fa da sfondo al percorso del personaggio e ai cambiamenti nelle motivazioni vissute dal protagonista, un membro idealista dello staff, Stephen Meyers, interpretato da Ryan Gosling. Meyers scopre che il suo idealismo e la fiducia nel suo candidato devono passare in secondo piano rispetto agli accordi dietro le quinte e ai giochi di potere... Il candidato alle primarie non esisteva nella rappresentazione sul palcoscenico, nel testo teatrale da cui viene il film. Di conseguenza non aveva battute. Per creare una narrazione forte, abbiamo ideato un personaggio, un candidato a cui Stephen e tutti gli altri credono, per poi rimanere sconvolti quando scoprono la verità. All’inizio sembra innocente e degno di rispetto, fino a quando scopriamo che non è così. Il testo teatrale aveva come titolo Farragut North, ma ci sembrava troppo specifico per un film. Così abbiamo pensato di collocare le primarie al 15 marzo e introdotto diversi temi shakespeariani nel film. Con la sceneggiatura pronta, volevo girare il film nel 2008. Poi, la politica è entrata in gioco ed è stato eletto presidente Barack Obama e tutti erano felici e pieni di speranza. All’improvviso, un film cinico sulla politica sembrava fuori luogo, perché tutti erano molto ottimisti, fin troppo. Un anno dopo, siamo tornati a essere cinici e allora abbiamo pensato di poter fare il film... Il film è incentrato sul personaggio di Ryan Gosling. Lui dà il via alla pellicola e la chiude. All’inizio è intelligente, il migliore in quello che fa e il professionista con cui tutti desiderano collaborare. Alla fine del film, i suoi piani vanno in fumo e lui è persino più bravo di prima, anche se questo gli costa la sua anima... Quanto al mio ruolo, nessun altro voleva interpretare questo personaggio. Di certo non era il ruolo più gradevole a disposizione».

 

 

La critica

 

 

Non siamo più negli anni Settanta, al culmine della grande stagione del cinema liberal dei Robert Redford, dei Sydney Pollack, dei Sidney Lumet. Allora c’era bisogno di una forte carica ideale e idealistica per far fronte alle grandi disillusioni della guerra del Vietnam e dello scandalo Watergate. Oggi abbiamo l’Iraq e l’Afghanistan, la crisi finanziaria e gli scandali sessuali, e le cose sono più complesse. Oggi c’è Barack Obama, la cui retorica appassionata ma fredda e studiata fa il paio con un pragmatismo politico che ha magari deluso quanti in lui vedevano proprio il Grande Sogno di un nuovo idealismo. E allora, ecco che un uomo di cinema liberal dei nostri giorni come George Clooney non può esimersi dal raccontare proprio quella politica, quel pragmatismo riformista destinato a scontrarsi con un Sistema dai meccanismi perversi e difficilissimi da scardinare. Abbandonate le spinte eroiche di Good Night, and Good Luck e quelle scanzonate e ottimiste di In amore niente regole, con Le idi di marzo Clooney torna a raccontare gli ambigui retroscena del film del suo esordio registico, Confessioni di una mente pericolosa, e abbraccia un (in)cauto pessimismo nella speranza che qualcuno, scosso, possa (fargli) cambiare idea. Tanto per cominciare, il campo da gioco del film è ristretto alla sola metà democratica. Quel che accade in casa repubblicana non interessa più, bisogna prima mettere a posto in casa propria e poi andare a far le pulci agli altri: e già questa è un’ammissione (pragmatica) che suona come una sconfitta in partenza. Poi c’è un protagonista, l’addetto stampa Stephen Meyers (uomo chiave della campagna elettorale di un governatore democratico impegnato nelle primarie per la candidatura alla Presidenza che sembra tanto un Obama bianco) che sarà impegnato in una discesa agli inferi che lo porterà a scontrarsi col marcio più profondo del mondo in cui vive, ma da un punto di partenza che rappresenta l’elemento centrale del film. Il Meyers del sempre più bravo Ryan Gosling non è un giovane e puro idealista, è lontanissimo dalle tante figure un po’ ingenue che Hollywood ha raccontato parlando di campagne elettorali di varia natura, dai ragazzi di Bobby, per fare un esempio recente (ché JFK non era Obama, e viceversa). Stephen Meyers è uno che sa che, per ottenere il risultato desiderato (per far vincere il candidato in cui si crede, per far vincere l’ideale), l’idealismo non serve: serve sporcarsi le mani, serve essere pragmatici. Serve saper giocare sporco, a volte. Eppure, non è preparato ai compromessi più degradanti, non riesce a non mantenere dentro di sé la scintilla del Sogno che è destinata a trasformarsi in incubo. Quando si rende conto che le sue piccole scorrettezze sono nulla in confronto a quello che gli altri giocatori della partita sono soliti fare, la scelta per lui è darwiniana: adattarsi o soccombere. Meyers così cede al Lato Oscuro, uccidendo quel poco di Sogno che segretamente coltivava, adattandosi a un Sistema che pulito non è mai stato ma che, oramai, ha perso ogni senso del limite, del pudore, della dignità. Da questo grado zero della disillusione, Clooney sembra però spingere verso un nuovo idealismo, al recupero di un Sogno. Per dirla con le parole recenti di Slavoj Žižek ai manifestanti di Occupy Wall Strect: «Ricordate: il problema non sono la corruzione, o l’avidità. Il problema è il sistema che vi spinge a cedere». E ancora: «I veri sognatori sono coloro che pensano che le cose possano andare avanti indefinitamente così come sono, con solo qualche ritocco estetico. Noi non siamo sognatori, noi siamo il risveglio da un  sogno che si sta tramutando in un incubo».

FFederico Gironi, Cineforum, n. 508, ottobre 2011

 

Non è la prima volta che Hollywood racconta il volto sporco della politica, con i suoi compromessi e tradimenti, ma mai come questa volta è forte l’aria di delusione che vi si respira. Non è più solo questione di colpi bassi: è la fiducia che ci sia qualche cosa di buono e condivisibile nella politica che qui viene meno. Nel film il governatore Mike Morris (Clooney) punta alla nomination democratica: per arrivarci si serve di un esperto ‘spin doctor’ (Hoffman) ma soprattutto del suo idealista e giovane assistente (Gosling). E toccherà proprio a lui scoprire che gli ideali sbandierati in pubblico non possono cancellare tutte le pessime azioni che la politica (e il suo amato candidato) non rinunciano a mettere in atto. Il film (che nel titolo richiama il giorno in cui Giulio Cesare fu pugnalato anche dal figlio adottivo: tu quoque…) adatta un testo teatrale di Beau Willimon che si ispirava alla fallimentare campagna di Howard Dean per la nomination democratica nel 2004, ma lo spettatore non impiegherà molto a leggere nel film le tante delusioni per le speranze naufragate con la presidenza Obama. Anche lui aveva fatto molte promesse e anche lui non è stato capace di mantenerle…

PPaolo Mereghetti, Il Corriere della Sera, 17 dicembre 2011

 

 

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