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This Is England- Scheda del film

 

 

in collaborazione con:

 

CINEMA SOCIALE  S.O.M.S. Società Operaia di Mutuo Soccorso Omegna

PIEMONTE AL CINEMA – IL CINEMA DIFFUSO
Promosso da Regione Piemonte, AIACE, AGIS

 

Giovedì 9 maggio 2013 – Scheda n. 27 (893)

 

 

 

 

This Is England

 

 

Regia e sceneggiatura: Shane Meadows

 

Fotografia: Danny Cohen. Musica: Ludovico Einaudi. Montaggio: Chris Wyatt.

 

Interpreti: Thomas Turgoose (Shaun Fields), Stephen Graham (Combo),

Jo Hartley (Cynthia Fields), Andrew Shim (Milky),

Vicky McClure (Lol), Joe Gilgun (Woody),

Rosamund Hanson (Smell), Andrew Ellis (Gadget).

 

Produzione: Warp Films. Distribuzione: Officine UBU.

Origine: Gran Bretagna, 2006. Durata: 101’.

 

 

Shane Meadows

 

 

Figlio di un camionista e di una venditrice di fish and chips, Shane Meadows nasce (1972) e cresce a Uttoxeter, nello Staffordshire. Infanzia non facile: disoccupazione e delinquenza. Lascia presto la scuola e fa diversi lavori per mantenersi. A vent’anni si trasferisce a Nottingham dove realizza molti corti. Si iscrive al Burton College, dove diventa amico di Paddy Considine, suo futuro collaboratore in più di una pellicola, col quale forma la band musicale She Talks to Angels. Esordisce ufficialmente con Small Time (1996), film che esplicita la connessione diretta con la tradizione realista inglese che dal Free Cinema arriva fino alle opere di Ken Loach e Mike Leigh. Alla Mostra del Cinema di Venezia, il suo Ventiquattrosette (1997) lo fa scoprire al pubblico e vince il Premio Fipresci della critica internazionale. Seguono altri film: A Room for Romeo Brass (1999), C’era una volta in Inghilterra (2002). Dead Man’s Shoes (2004) fino a questo This is England, che è del 2006 ma che in Italia è uscito solo adesso. Il film è stato premiato un po’ in tutto il mondo, ai festival di Gijón, Londra, Mons, Newport, Berlino, Toronto, New York e Roma. Del 2008 è Somers Town e del 2009 Le Donk & Scor-zay-zee.

Sentiamo Shane Meadows: «This Is England è ambientato nell’Inghilterra dei primi anni ’80; ai tempi di Roland Rat [un personaggio della TV], dell’aerobica, dei Blockbusters [una famosa trasmissione televisiva], di Margaret Thatcher, della crisi delle Falklands, del disagio razziale e degli skinheads. Sullo sfondo di una deprimente cittadina in riva al mare, siamo testimoni di un traumatico rito di passaggio, tanto sul piano culturale quanto su quello personale, visto attraverso gli occhi di un ragazzino di dodici anni... Quando ero dodicenne sono diventato uno skinhead perché pensavo che la cosa più importante per un uomo fosse quella virilità violenta di certi personaggi considerati dei veri ‘duri’. Volevo vedere gli uomini combattere e, involontariamente, provocai un episodio di violenza dal quale poi presi le distanze. Se provieni da una cittadina come Uttoxeter, nessuno si aspetta che tu riesca a lasciarla e a diventare un regista. In un certo senso, la mia reazione a quell’episodio di violenza ha rappresentato il primo passo verso l’abbandono di quella vita... Girare This Is England è diventato per me un modo per esorcizzare i demoni di quella notte di violenza. This Is England è basato su avvenimenti che sono avvenuti negli anni più precoci della mia esistenza. I successivi film si ispirano alla mia gioventù, dai quindici anni in su, quando ero un teppistello da quattro soldi. Penso che con This Is England, mi sia spinto nel passato quanto probabilmente era possibile fare e abbia trovato la radice di ciò che mi ha fatto cominciare a girare film... Lavoro quasi sempre con attori non professionisti, lascio che la storia prenda vita attraverso il lavoro di gruppo, attorno alla personalità dei miei non-attori. Per cercare Shaun, il mio protagonista, abbiamo fatto molti provini con ragazzini, dappertutto in Inghilterra. Cercavamo ‘un vero ragazzo di strada’. Nella cittadina di Grimsby, allo Space Project, una struttura per ragazzi svantaggiati, molti dei quali esclusi dalla scuola, l’abbiamo trovato: un misto particolare di innocenza e di durezza dal nome ugualmente particolare Thomas ‘Tommo’ Turgoose, un ragazzo tredicenne cresciuto in mezzo a enormi difficoltà, smaliziato e dotato dell’arguzia di chi vive per strada, anche se tristemente incapace di cogliere le opportunità che gli venivano offerte. Ebbi quella sensazione che probabilmente hanno i registi quando vedono qualcosa di magico. In lui rivedevo me stesso. Ricordo che a scuola c’erano insegnanti che dicevano che sarei finito in prigione. Ciò nonostante qualcuno ha creduto in me e, alla fine, sono riuscito a cavare qualcosa dalla vita. Tommo aveva combinato assai poco in vita sua: gli era stato diagnosticato un disordine da deficit di attenzione, andava a scuola per una sola ora alla settimana ed era appena stato scartato come comparsa nella recita scolastica... Alla fine della prima settimana di riprese, quando aveva finalmente capito quanto avrebbe dovuto lavorare sodo, Tommo ha pensato di non potercela fare. L’ho preso da parte e gli ho detto: “Se fai dietrofront adesso credo che lo rimpiangerai per il resto della tua vita perché, se non ti fai strada così, non riuscirai mai a farlo in nessun altro modo”. Ci ha messo l’anima nel film. E ce lo siamo preso con noi anche dopo la fine del film... Il personaggio di Shaun, un misto fra me stesso e il giovane attore Tommo, cresce senza un padre perché questi è morto combattendo nella guerra delle Falklands, un momento quasi dimenticato della storia recente. Non vi sono celebrazioni per commemorare quei morti, la crisi delle Falklands non viene più ricordata come una guerra eroica».

 

 

La critica

 

 

Nord-Est dell’Inghilterra, luglio 1983: perso il padre nel conflitto delle Falkland e vessato a scuola, il dodicenne Shaun incontra Woody e la sua banda di skinheads, che lo vestono e lo acconciano come uno di loro. Tutto cambia però con il ritorno di Combo, che ha scontato un periodo di detenzione al posto di Woody ed è ancora innamorato di Loi, nel frattempo legatasi a quest’ultimo: alle feste e ai giochi si sostituiscono le riunioni politiche e i paki bashings. Titoli di testa. Sullo schermo scorrono apparizioni pubbliche di Margaret Thatcher, scontri tra forze di polizia e manifestanti, soldati in marcia su un insignificante arcipelago dell’Atlantico meridionale. Nell’estate 1983 il popolo inglese ha appena riconfermato la ‘Lady di ferro’ alla guida del Paese, nonostante una politica economica che ha prodotto una disoccupazione galoppante e sull’onda di quella guerra contro la disastrata Argentina che ha riacceso sopiti patriottismi. Su questo scenario, ricorrendo a uno stile iperrealista fatto di ralenti, dissolvenze incrociate e inquadrature ravvicinate, Shane Meadows innesta l’accuratissima - e autobiografica - descrizione di un microcosmo sociale, quello degli skinheads delle periferie degradate, delle camicie Ben Sherman, degli scarponi Dr. Martens. La storia di Shaun comincia proprio dall’incontro con Woody e la sua banda, un’allegra combriccola di hard mods a cui si aggiunge il rude boy Milky, figlio di immigrati giamaicani. Che non a caso è il miglior amico del capo, a sintetizzare lo spirito di un gruppo che pratica la ribellione ma unicamente nello stile, che dichiara un’appartenenza ma solo a se stesso. Gli skinheads di Woody sono infatti quelli che si definiscono original, espressione di una subcultura dalle precise connotazioni estetiche, iconografiche e musicali, ma non identificata politicamente, pur portatrice latente di un’ideologia (dalla parte della working class e contro l’oppressività e il conformismo borghesi) che però non si traduce in militanza attiva. La loro rivolta si concretizza già in un taglio di capelli, in un capo d’abbigliamento, in una libertà di comportamento che non prevede in alcun modo la prevaricazione e l’esclusione. La violenza è sempre contenuta, smorzata, al limite sfogata contro una casa abbandonata da assaltare vandalicamente, in ogni caso sublimata. La guerra è una finzione, che si recita con un ombrelito in testa e una maschera subacquea, e anche i riti di ingresso (come la rasatura del cranio) si risolvono in un gioco innocuo. Se la frequentazione di Woody e dei suoi rappresenta per Shaun l’iniziazione agli aspetti migliori della vita (l’amicizia, il sesso), la comparsa di Combo lo introduce alla violenza e all’odio. Quest’ultimo va assemblando un gruppo intimamente differente, in cui non si viene accettati ma reclutati: è la faccia nera del movimento skinhead, quella neofascista che rifiuta l’integrazione, che aggredisce i più deboli (quelli come Shaun che Woody aveva difeso dalle angherie dei bulli), che la guerra intende farla per davvero (le minacce ai pakistani). Anche il rito iniziatico non è più espletato nella sfera ludica, ma è dolore e sofferenza (l’incisione del tatuaggio). In ciò l’ideologia di Combo si dimostra speculare a quell’istituzione alla quale pretende di opporsi, incarnata da una politica che dispone azioni militari strumentali, ma anche da un ambito scolastico che è territorio in cui sperimentare l’umiliazione e la prepotenza, nel quale la mancata integrazione a livello relazionale è aggravata e in un certo senso implicata da un sistema che perpetra la violenza (le punizioni corporali) come unica forma di mantenimento dell’ordine. Il racconto di formazione di un adolescente, dopo essersi mutato nella ricostruzione dell’evoluzione di un movimento giovanile e della sua critica alla società, finisce così per diventare ciò che il titolo dell’opera annuncia fin dal principio, un pezzo di storia inglese visto attraverso la particolare prospettiva di un manipolo di skinheads inseriti nello squallido contesto di una cittadina sul mare. Perché ‘Maggie is a twat’ (come si legge sul muro di una chiesa [e twat è un insulto volgare, qui rivolto a Margaret Thatcher, ndr]) e su tutto incombe lo spettro delle maledette Falkland, che privano un ragazzino del proprio padre e distolgono le menti dalle contraddizioni interne. E l’affondare della bandiera che il protagonista getta in acqua prima dei titoli di coda si carica di evidenti valenze simboliche, come l’amara sentenza su un’epoca e su una generazione.

MMarco Toscano, Duellanti – settembre 2011

 

 

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