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Scheda del film (177 Kb)
Re della terra selvaggia- Scheda del film

 

 

in collaborazione con:

 

CINEMA SOCIALE  S.O.M.S. Società Operaia di Mutuo Soccorso Omegna

PIEMONTE AL CINEMA – IL CINEMA DIFFUSO
Promosso da Regione Piemonte, AIACE, AGIS

 

Giovedì 19 dicembre 2013 – Scheda n. 11 (905)

 

 

 

 

 

Re della terra selvaggia

 

 

Titolo originale: Beasts of the Southern Wild

 

Regia: Benh Zeitlin

 

Sceneggiatura: Lucy Alibar, Benh Zeitlin,

liberamente ispirato alla piéce Juicy and Delicious di Lucy Alibar.

Fotografia: Ben Richardson. Montaggio: Crockett Doob, Affonso Gonçalves.

Musica: Benh Zeitlin, Dan Romer.

 

Interpreti: Quvenzané Wallis (Hushpuppy), Dwight Henry (Wink),

Levy Easterly (Jean Battiste), Lowell Landes (Walrus),

Gina Montana (Miss Batsheeba), Marilyn Barbarin (la cantante del cabaret),

Big-Chief Alfred Doucette (MC), Kendra Harris (Hushpuppy neonata).

 

Produzione: Court 13. Distribuzione: Satine Film/Bolero Film.

Durata: 92’. Origine: Usa, 2012.

 

 

Benh Zeitlin

 

 

Un altro nome nuovo sugli schermi del Cineforum. Chi viene al Cineforum da qualche anno sa bene che questa scelta – di presentare film di esordienti o di registi poco conosciuti – è una delle caratteristiche del nostro lavoro (non ci accontentiamo del conosciuto). Re della terra selvaggia, titolo originale: Beasts of the Southern Wild, di un regista esordiente, Benh Zeitlin, con una giovanissima attrice tutta al naturale e dal nome eccezionale Quvenzhané (!) Wallis che fa un personaggio con un nome ancora più incredibile, Hushpuppy (!), attrice che è stata la più giovane attrice mai nominata all’Oscar – bene questo film è la sorpresa dell’annata 2012.

Benh Zeitlin è nato a New York nel 1982, è cresciuto nel Queens, ha girato il suo primo corto di animazione nel 2005, Egg, che è una reinterpretazione nientemeno che del Moby Dick di Melville, seguito da un altro corto sempre in animazione, The Origins of Electricity, protagoniste due lampadine sfortunate e un elefante condannato a morte con scariche elettriche nel 1903 con Thomas Edison che filmò l’operazione nel documentario Electrocuting an Elephant. Anche solo da questi inizi si capisce che Zeitlin è un tipo fuori dal comune. Viaggia in Europa e torna negli Usa quando l’uragano Katrina, nel 2005, sconvolge New Orleans, città dove si stabilisce per girare un corto sulla tragedia, Glory at Sea (2008). Nel film un gruppo di persone in lutto e un uomo emerso dalle profondità degli inferi costruiscono una barca dalle macerie dell’uragano per salvare i loro cari risucchiati dal mare. Poi il grande balzo: nel 2012 Zeitlin gira, in modo del tutto indipendente, con un budget molto ridotto e attori sconosciuti, questo Re della terra selvaggia. Presentato al Sundance Film Festival (premio della giuria), poi a Cannes (Caméra d’Or come miglior esordio), il film ottiene 4 nomination agli Oscar e Quvenzané/Hushpuppy è la più piccola attrice protagonista mai candidata agli Oscar.

Zeitlin: «L’abilità di qualcuno nel preparare ciambelle o nel ridere di gusto contano per me tanto quanto la sua capacità di essere, sul set, un ottimo carrellista. Nella mia vita, così come nei miei film, voglio essere circondato da persone selvagge, coraggiose e di buon cuore. Se questo, a volte, conduce a situazioni di caos, non importa. Almeno queste situazioni si attraversano con persone che si amano e il film ci guadagna in passione, coraggio e generosità. Questo, ai miei occhi, è molto più importante di un carrello perfettamente utilizzato. È con questo principio in testa che ho affrontato tutte le tappe della creazione di Beasts of the Southern Wild. Ho fatto di tutto per infondere un’energia, un sentimento, un modo di essere che tutti quelli con cui lavoravo potessero condividere. Fare un film per me è inventare una realtà e farvi vivere le persone migliori che conosco. Il modo in cui abbiamo operato per il casting ne è l’esempio migliore. Abbiamo scelto Dwight Henry che lavorava alla panetteria di fronte e Quvenzhané Wallis che andava alla scuola elementare del quartiere, per incarnare i nostri eroi Wink e Hushpuppy. Non avevano mai recitato. Ma bastava guardarli dritti negli occhi per capire che erano dei feroci guerrieri, capaci di ogni cosa. E anche se, all’improvviso, questo ci costringeva a modificare completamente la sceneggiatura, era poca cosa: perché si trattava di addomesticare questo indomabile modo di essere che era il cuore del film. (...)

Abbiamo messo alla prova la forza della nostra storia e quella della comunità su cui si reggeva, confrontandoci con ogni ostacolo che si poneva davanti al nostro cammino. Questa mentalità indomita che impregna tutta la Louisiana del Sud è ciò che mi ha reso dipendente da questa terra. Sono venuto per una visita che sarebbe dovuta durare due mesi. Sono passati sei anni, e non ho alcuna intenzione di ripartire. Qui si trova la culla di una specie in via di estinzione: quella delle persone più tenaci che io conosca in America. Ed è stata la loro fierezza a condurmi a questa storia. Tra uragani, maree nere, terra che si sgretola sotto ai nostri piedi, tutto contribuisce a trasmettere la sensazione che un giorno, inevitabilmente, questo mondo sarà cancellato dalla mappa geografica. Volevo fare un film che si interrogasse sulla maniera di reagire di fronte a una tale condanna a morte. Non era mia intenzione criticare i politici che hanno contribuito a questo stato di cose, né innescare una battaglia sulla responsabilità ambientale, tanto meno risvegliare le coscienze. La questione che mi interessava era piuttosto la seguente: come potevano queste persone trovare la forza di vedere morire la terra che li ha resi unici, senza perdere la speranza, la gioia e questo spirito incredibile di festa che li contraddistingue? Ho trovato la risposta grazie a questi esseri feroci che ho scelto per recitare nel film. E in parte, anche in Juicy and Delicious, la pièce teatrale della mia amica Lucy Alibar: una commedia apocalittica su un ragazzino che perde il papà in un luogo alla fine del mondo. Dal lavoro con Lucy e con la folgorante personalità di Quvenzhane Wallis è nato il personaggio di Hushpuppy. Una forza della natura che deve trovare in sé, dall’alto dei suoi sei anni, tutta la potenza del Sud della Louisiana. Ho conferito a questo personaggio una saggezza e un coraggio che io non credo di essere in grado di possedere. Hushpuppy è la persona che vorrei essere».

 

 

La critica

 

 

Esistono film che nascono dalla scoperta di una dimensione umana e naturale, un luogo dove si azzerano quelle coordinate urbane e sociali che definiscono la nostra cosiddetta normalità. Spazi-mondo “selvaggi” dove dominano altre leggi, altri codici e una fisicità organica segnata da un rapporto essenziale con le esigenze primarie che esclude il superfluo. Benh Zeitlin, regista newyorchese esordiente di appena trent’anni, scoprì le paludi, le acque e le terre di Nouvelle-Orléans, in Louisiana, otto mesi dopo il flagello dell’uragano Katrina. (...)

E scoprì una delle isole nel Sud di Nouvelle-Orléans, l’isola di Jean Charles, trascurata dal sistema delle dighe perché si riteneva che fosse troppo costoso tutelarla. Qui viveva una comunità di circa duecento famiglie autosufficienti, ormai ridotte a venti e Zeitlin fu particolarmente colpito dal loro rapporto simbiotico con l’acqua, che costituiva una parte essenziale dell’habitat ma anche una costante minaccia mortale, a causa degli allagamenti. (...)

La Bathtub (la grande vasca) è un mondo agli estremi, escluso dalla città da una diga-confine, anfibio nella promiscuità fra giungla, paludi e superficie delle acque, sottomesso a continui allagamenti e uragani. Un universo di estrema marginalità dove Zeitlin ha descritto una condizione umana che vive soltanto del necessario (con, come unico accessorio, piccoli freezer portatili), senza soluzioni di continuità fra interni ed esterni, fra spazio domestico e spazio naturale, fra esseri umani e animali, fra terra e acqua. Le dimensioni sono continuamente mescolate e insieme palpitano e pulsano di una formicolante vitalità che si esprime nell’energia pagana dei pochi abitanti (di cui mostra la corporalità sanguigna e le accensioni di frenesia). Wink, Hushpuppy e gli altri abitanti trovano il cibo allungando una mano in acqua o pescando un crostaceo in un secchio traboccante e dividono il nutrimento con cani e galline, per trasformare, all’occorrenza, le galline nel proprio cibo di quel giorno. Un’analoga assenza di confini investe la percezione della realtà e la disposizione all’immaginazione che per Hushpuppy – non solo in quanto bambina ma anche perché abitante di quel mondo – coincidono in un’unica attitudine, senza distinzioni, che anche il sonoro (e un tessuto musicale suggestivo e originale, di cui Zeitlin è co-autore) rende vivido. Il montaggio accosta piani e inquadrature con nessi cromatici, lirici ed evocativi, anziché meramente narrativi, imprimendo così al film un incalzante, soggettivo, ipnotico ritmo emotivo che si traduce nei movimenti incessanti e instancabili degli esseri umani e nei moti imprevedibili della natura. (...)

Infatti Beasts of the Southern Wild descrive un mondo non più intatto, tanto meno aurorale ma ormai sottomesso al rischio di estinzione, sotto assedio, dove gli abitanti resistono, spontaneamente, alla cancellazione della loro identità. Lo stato di pericolo che minaccia quel piccolo universo, coincide con il passaggio obbligato di Hushpuppy alla vita adulta. (...)

Ultima stazione, prima dell’impatto con la morte di Wink, è l’incontro con gli Uri, che incarnano l’essenza paurosa e incontrollabile della dimensione terracquea: come nelle fiabe e nei sogni, Hushpuppy scopre che non la minacciano ma sono divinità protettrici, docilmente sollecite ad arrestare l’enorme massa dei loro corpi scuri davanti alla sua minuscola sagoma di fanciulla. Il confronto fra lo sguardo di quest’ultima, sereno e incuriosito, e quello scuro, “divino” e pacifico dei bisonti mitologici, salda la fusione definitiva fra il passato e l’identità di Hushpuppy nel suo mondo selvaggio, e il suo futuro di adulta senza padri e madri, radicata nella difesa della sua terra.

RRoberto Chiesi, Cineforum, n. 522, marzo 2013

 

 

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