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Molière in bicicletta - Scheda del film

 

 

in collaborazione con:

 

CINEMA SOCIALE  S.O.M.S. Società Operaia di Mutuo Soccorso Omegna

PIEMONTE AL CINEMA – IL CINEMA DIFFUSO
Promosso da Regione Piemonte, AIACE, AGIS

 

Giovedì 9 ottobre 2014 – Scheda n. 1 (922)

 

 

 

 

Molière in bicicletta

  

 

Titolo originale: Alceste à bicyclette

 

Regia e sceneggiatura: Philippe Le Guay

 

Fotografia: Jean-Claude Larrieu. Montaggio: Monica Coleman.

Musica: Jorge Arriagada.

 

Interpreti: Fabrice Luchini (Serge Tanneur), Lambert Wilson (Gauthier Valence),

Maya Sansa (Francesca), Laurie Bordesoules (Zoé),

Camille Japy (Christine), Annie Mercier (Tamara),

Ged Marlon (Meynard), Stéphan Wojtowicz (Tassista),

Christine Murillo (Sig.ra Françon), Josiane Stoléru (Raphaëlle La Puisaye).

 

Produzione: Les Films des Tournelles, Pathé. Distribuzione: Teodora Film.

Durata: 104’. Origine: Francia, 2013.

 

 

Philippe Le Guay

 

Parigino, nato nel 1956, Philippe Le Guay è figlio di un agente di commercio (e barone). Ha studiato cinema alla prestigiosa IDHEC, ha insegnato cinema alla famosa Fémis, ha girato alcuni cortometraggi (Il ne faut jurer de rien, Le clou, Grosse, 15 août), ha realizzato il primo lungometraggio Les Deux Fragonard nel 1989, poi due film per la tv, Urgence d’aimer (1992) e Rhesus Romeo (1993), ha fatto amicizia con l’attore Fabrice Luchini, con il quale ha girato L’année Juliette (1995) e con il quale, dopo aver realizzato Trois Huit nel 2001, è tornato a lavorare per Il costo della vita (2003), per la commedia Le donne del 6° piano (2011, visto al Cineforum) e adesso per Molière in bicicletta.

Sentiamo Le Guay: «Stavo preparando Le donne del 6° piano e cercavo di ottenere il consenso di Fabrice Luchini per interpretare la parte del protagonista. Fabrice è abbastanza distratto: dimentica i copioni nei taxi o nelle stanze d’albergo. Un giorno sono dovuto andare personalmente sull’Île de Ré a portargli una nuova copia, ma mentre raggiungevo casa sua in bicicletta mi sono perso. Fabrice è venuto a cercarmi, anche lui in bicicletta, e ci siamo ritrovati insieme a pedalare lungo gli stagni. Io allora gli dico: “Sei un vero misantropo, confinato nel tuo rifugio!”, e lui inizia a declamare l’inizio dell’opera di Molière, interpretando alla perfezione i due ruoli principali, Alceste e Philinte. La conosceva praticamente a memoria. È proprio in quel momento che il film e il titolo, Alceste à bicyclette, si sono materializzati davanti ai miei occhi...

Il personaggio di Serge Tanneur si ispira dunque a Fabrice. Al suo amore per i testi, alla sua tendenza alla misantropia: da tempo cova il desiderio di ritirarsi dal mondo, ma fortunatamente non lo mette in atto. Inoltre, spesso facciamo discussioni infinite sulle persone e su noi stessi: lui sostiene che cose come la generosità non esistono, poiché ognuno fa unicamente i propri interessi, mentre a me spetta la parte dell’ingenuo che vede tutto rosa e crede nell’altruismo. Fabrice è pragmatico, io sono indulgente. Anche se lui pensa che la mia indulgenza sia solo una maschera che indosso per lusingare il mio narcisismo. E forse non ha tutti i torti…

In ogni caso, il personaggio di Lambert Wilson rappresenta il mio punto di vista. Gauthier è una star televisiva, convinto di dover essere accondiscendente con le persone a tutti i costi. Lui stesso non si fa illusioni sulla qualità di quello che fa in tv, ma proprio per questo vuole interpretare Alceste: ha qualcosa dentro, nel profondo, che vuole difendere. Durante le prove, Serge e Gauthier hanno punti di vista opposti sul testo e volevo che tornassero più volte a discutere sugli stessi argomenti. Anche per questo ho deciso di attenermi alla prima scena del primo atto, che riassume le posizioni di Alceste e Philinte, l’eterno problema della scelta tra verità e indulgenza. Il testo è così ricco e inesauribile che non ci si stanca mai di ascoltarlo e ognuna delle otto prove è girata in un modo specifico. Mi sono ispirato alle grandi scene di duello di film come Scaramouche di George Sidney: combattimento dopo combattimento, il vantaggio passa dall’uno all’altro contendente. Fabrice e Lambert sono stati meravigliosi nell’accettare di mostrare gli errori e le incertezze di due interpreti che affrontano un testo simile. È come se il pubblico potesse assistere ai retroscena del lavoro dell’attore, a come procede il suo sforzo creativo...

Ho inserito il personaggio di Zoé, la giovane pornostar, perché trattandosi di un film sugli attori pensavo sarebbe stato divertente raccontare quello che può considerarsi il grado zero del mestiere. Serge e Gauthier le chiedono di leggere dei versi della commedia per farsi gioco di lei e, a sorpresa, la sua freschezza di interpretazione produce un’emozione inaspettata».

 

 

La critica

 

Due attori, entrambi frustrati per ragioni diverse, uno popolare medico di una telenovela, l’altro ritirato dal mondo negli 85 kmq dell’Ile de Ré, si lanciano i contundenti versi alessandrini di Molière provando ‘Il Misantropo’ nella casa di campagna. Perché il primo ha chiesto al secondo, che sa il copione a memoria, di tornare in scena a Parigi proponendogli il ruolo dell’amico Filinte, non di Alceste, protagonista che per i francesi è uno status symbol di carriera come Amleto. Non solo, c’è anche Maya Sansa (Célimene?), bellezza italiana in bicicletta, a fornire altre rivalità e gelosia tra i maturi ragazzi irresistibili che, come tutti gli attori, si baciano  ma sono irascibili e rancorosi. Tanto che la ‘dispute’ (ci voleva un regista) sembra placata quando i due decidono di fare i ruoli a sere alterne (come Gassman e Randone in ‘Otello’), ma proprio sotto debutto la ditta si scioglie e resta per tutti una gran malinconia e qualche piccola moneta di saggezza. Nato dalla vera esperienza del regista Philippe Le Guay (vedi le Donne del sesto piano) andato a trovare Luchini in esilio atlantico, il film rispecchia le nevrosi da popolarità trash e anche della sua mancanza e, sotto la finzione del teatro classico, mette in scena un eterno pezzo di vita vissuta in cui Fabrice Luchini, grandissimo del cinema francese di rohmeriana memoria, dà un suo contributo autobiografico e una sottilissima, perfida ironia che s’addice ad Alceste, secondo lui un ridicolo egocentrico e non un ribelle sociale come credevano i ‘dreamers’ del ’68. Le Guay, vedi il film condominiale sulle colf spagnole dove Luchini scappava dalla gabbia sociale, è abilissimo nella confezione di una commedia intelligente che nasconde un doppio fondo dove la storia di un’amicizia si trasforma in svendita di rancori covati sotto i riflettori. Sorvegliata da un dialogo sublime per speciale merito di Molière nostro contemporaneo, la storia intreccia banalità campagnole, case in affitto e nonne attente, giocando in forma divertente la cultura senza esser mai pedante. Annoda alto e basso, amore e odio, stima e disprezzo, parolacce e versi nel ritratto di un misantropo al quadrato e di un onesto eroe tv che Lambert Wilson tratteggia con nevrotica baldanza in un gioco delle parti che si diverte col teatro, e tutte le sue miserie e nobiltà, mentre nella colonna sonora vive una seconda giovinezza ‘Il mondo’ di Jimmy Fontana.

MMaurizio Porro, Il Corriere della Sera, 12 dicembre 2013

 

 

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