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Scheda del film (172 Kb)
Gloria - Scheda del film

 

 

in collaborazione con:

 

CINEMA SOCIALE  S.O.M.S. Società Operaia di Mutuo Soccorso Omegna

PIEMONTE AL CINEMA – IL CINEMA DIFFUSO
Promosso da Regione Piemonte, AIACE, AGIS

 

Giovedì 11 dicembre 2014 – Scheda n. 10 (931)

 

 

 

 

 

Gloria

 

 

Regia: Sebastián Lelio

 

Sceneggiatura: Sebastián Lelio, Gonzalo Maza. Fotografia: Benjamín Echazarreta.

Musica: Danny Elfman. Montaggio: Soledad Salfate, Sebastiàn Lelio.

 

Interpreti: Paulina García (Gloria), Sergio Hernández (Rodolfo),

Marcial Tagle (Marcial), Diego Fontecilla (Pedro),

Fabiola Zamora (Ana), Antonia Santa María (Maria),

Alejandro Goic (Gabriel), Coca Guazzini (Luz),

Hugo Moraga (Hugo), Liliana García (Flavia), Luz Jiménez (Nana).

 

Produzione: Fabula, Nephilim Producciones. Distribuzione: Lucky Red.

Origine: Cile, 2013. Durata: 109’.

 

 

Sebastián Lelio

 

 

Regista, sceneggiatore, produttore e montatore, Sebastián Lelio è nato a Mendoza, in Argentina, nel 1974. Ancora bambino si è trasferito in Cile, poi ha studiato giornalismo all’Università per un solo anno cambiando quindi direzione e diplomandosi alla Escuela de Cine de Chile. Ha diretto parecchi corti e video musicali. Nel 2003 ha realizzato Cero, un documentario sugli attentati dell’11 settembre a New York, con la co-regia di Carlos Fuentes. Ha anche diretto due stagioni di una fortunata serie, Mi mundo privado, che segue le vite di varie famiglie cilene. Del 2005 è il suo primo lungometraggio, La Sagrada Familia, girato in tre giorni e vincitore di numerosi premi. Nel 2009, il suo Navidad viene presentato al Festival di Cannes e nel 2011 porta al Festival di Locarno L’anno della tigre, film ambientato subito dopo il terremoto del 2010. Gloria è il suo quarto film. L’interprete Paulina García ha vinto il premio per la migliore attrice al Festival di Berlino 2013.

Sentiamo Sebastián Lelio: «Il film è raccontato esclusivamente da un solo punto di vista: quello di Gloria. Non c’è una sola inquadratura in cui non sia presente il suo corpo. Non c’è una sola scena che non mostri come lei percepisce le cose e il mondo. Gloria interpreta un mediocre ruolo di secondo piano nelle vite di quelli che la circondano. La sfida del film è stata trasformare questo personaggio di secondo piano in una protagonista assoluta. La cosa paradossale è che nella maggior parte delle scene lei gioca un ruolo secondario mentre le cose importanti accadono agli altri. Ma il film ci costringe a osservare gli eventi attraverso gli occhi di Gloria, gli occhi di una donna alla ricerca di una collocazione in un mondo difficile e duro che sembra non lasciare spazio a persone come lei, e tuttavia con il piglio di chi vuole difendere la sua libertà con coraggio e dignità. Questa insistenza nell’inseguire continuamente la libertà permette allo spettatore di sentirsi nella pelle di Gloria, senza smettere mai di osservarla, e di entrare in sintonia con le sue emozioni. La sceneggiatura del film nasce da storie accadute a persone che conosciamo e da aneddoti che ci sono stati raccontati; sono fatti reali che, in un modo o nell’altro, la città di Santiago ha reso possibili. Santiago è praticamente un’altra protagonista del film. Gloria è la storia di una persona che ha sullo sfondo una città che si sta trasformando radicalmente. L’aspirazione fondamentale della protagonista, essere amata e apprezzata, si fonde col clamore della società cilena, che a sua volta reclama il diritto ad essere riconosciuta. Il Cile è un paese moderno e in rapido sviluppo, ma i rapporti sociali al suo interno sono profondamente ingiusti. Le motivazioni personali di Gloria suggeriscono il latente scontento della società. Nel film il potere di trasformazione della collettività è rafforzato dal desiderio di cambiamento espresso da Gloria. Credo che l’energia comunicata dal personaggio è ciò che rende questo film vibrante e pieno di umanità. In un certo senso Gloria è come Rocky: il mondo la maltratta e vuole farla cadere, ma lei riesce a rialzarsi e ad andare avanti, a testa alta. È stata questa per me la ragione principale che mi ha spinto a raccontare la storia di questa donna, il motivo per riprendere con una macchina da presa quello che lei mostra in superficie cercando allo stesso tempo di mostrare il mistero che si nasconde in lei...

Gloria è nato quando mi sono posto la domanda se sarebbe stato possibile realizzare un film sul mondo delle donne della generazione di mia madre, e su come questo film sarebbe stato. Nasce dall’idea che un film può trattare di cose che ti sono molto vicine, qualche volta addirittura a pochi passi da te. Volevo esplorare il pianeta sconosciuto di quella generazione e scoprire cosa vi succede. C’è qualcosa di commovente in queste donne vicine ai sessant’anni e che vivono oggi a Santiago, in Cile. Donne che si battono per trovare una collocazione in un mondo che le tratta con durezza, donne che cantano in macchina, che in qualche modo sono state lasciate sole, per le quali nessuno ha mai abbastanza tempo e che, a dispetto della loro età, si rifiutano di lasciarsi andare e vogliono continuare a provare emozioni, a ballare e a vivere. Il film rivendica questo diritto, e lo fa partendo dalla fascinazione per una donna piena di tenerezza che si aggrappa alla vita con le unghie e i denti...

La colonna sonora del film appartiene alla generazione di Gloria. Comprende canzoni che spaziano dai grandi successi internazionali alle canzoni di culto cilene e dell’America latina. Ci sono alcuni pezzi disco, ma anche boleri, ballate romantiche, salsa, cumbia, un po’ di rock’n’roll e un brano della bossa nova: “Waters of March” di Tom Jobim. Quest’ultima canzone è molto speciale per me perché mi ha fatto da guida nel trovare l’atmosfera generale giusta da dare al film. Volevo che Gloria avesse qualcosa della bossa nova: la poesia della vita di ogni giorno, una certa leggerezza dolorosa, un certo fascino naturale, un misto di umorismo e di dolore, ma soprattutto umanità e sentimento».

 

 

La critica

 

 

Un viaggio nel corpo di un paese attraverso il corpo di una Donna: è “Gloria”, il film del cileno Sebastián Lelio, che ha la forma della commedia e però il passo del dramma, la leggerezza del tocco e la profondità del pensiero.

Presentato all’ultimo festival di Berlino, dove la protagonista Paulina García ha vinto con pieno merito l’Orso d’argento per la miglior attrice, racconta la vita quotidiana della cinquantottenne Gloria, separata da una decina d’anni ma decisa a godere ancora dei piaceri della vita. Per questo spesso va a ballare, in un locale frequentato anche da coetanei, nella speranza di qualche piacevole incontro. Niente di segreto né di peccaminoso: solo la voglia di non essere messa in disparte (dalla vita e dalla società) anche sfruttando l’energia che la sessualità può ancora offrire. Gloria ha un lavoro, una figlia, Ana, disposta a rischiare il proprio futuro in un legame non scontato (con un ragazzo svedese che scala montagne in giro per il mondo) e un figlio, Pedro che invece ha problemi con l’ex moglie e probabilmente anche con la propria salute (a metà film lo vediamo senza più i suoi lunghi capelli e la mamma lo consola dicendo che ricresceranno). Quello che le manca è un compagno, che pensa di aver trovato in Rodolfo, di poco più anziano di lei, come lei amante del ballo, benestante proprietario di un parco divertimenti dove gli adulti possono giocare alla guerra) e molto attratto sessualmente da Gloria.

Non è un fattore secondario quello del legame fisico che si instaura tra i due. Non lo è nelle scelte di messa in scena, quando i corpi nudi dei due attori spezzano all’improvviso le scelte visive tutto sommato ‘tradizionali’ del film. E non lo è nemmeno dal punto di vista narrativo, quando i toni della commedia fanno i conti con un ‘verismo’ se non inusitato almeno inaspettato. Perché il regista ha deciso queste improvvise accelerazioni sul piano estetico, questi squarci di realismo? Direi proprio per sottolineare che la storia che sta raccontando non è pura ‘finzione’, ma rimanda a qualche cosa di più concreto e tangibile. Di più vero. Come appunto è il corpo di una donna non giovanissima, con i suoi segni e le sue pesantezze, il suo ventre segnato e i suoi seni morbidi, lontanissimo dall’immagine stereotipata delle donne da copertina ma vicinissimo a quella concreta della vita quotidiana.

Filmare con naturalezza e senza finti pudori Gloria mentre si spoglia, si sdraia nuda sul letto o ancora mentre fa l’amore con Rodolfo, ottiene l’effetto di accendere l’attenzione dello spettatore, di ricordargli che quello che sta vedendo non è il ‘solito’ film sulla terza età ma qualcosa di diverso: una specie di confessione in prima persona di chi non vuole accettare infingimenti o scorciatoie. È come se la protagonista si rivolgesse direttamente al pubblico dicendo: il mio corpo è così, l’amore lo faccio così, perché le persone vere hanno un corpo così e si amano così.

E il corpo della Donna, con le sue voglie e i suoi pudori, diventa allora il grimaldello con cui entrare nel ‘corpo’ del Cile e delle sue tante contraddizioni. I giovani che cercano un’indipendenza quasi rabbiosa (la scena di Ana all’aeroporto che non vuole i saluti della madre), gli adulti che si accorgono dei propri errori (l’ex marito di Gloria che si pente di non essere stato presente a certi momenti della crescita dei figli) o che non sono capaci di liberarsi dal proprio passato (come appunto fa Rodolfo…) sono tutti aspetti di un comportamento collettivo che il coraggio e l’indipendenza (anche sessuale) di Gloria mette ancor di più in evidenza.

Apparentemente Sebastián Lelio sembra voler raccontare solo il percorso di indipendenza e di affermazione di sé della sua protagonista, ma lo fa disseminando nel film tanti piccoli segnali che rimandano alla storia del suo paese e alla sua ‘insoddisfazione’ sociale: le manifestazioni che si intravvedono alla televisione, gli accenni a un passato che nessuno vuole sottolineare (Rodolfo era in Marina ai tempi di Pinochet), lo stordimento del gioco d’azzardo e dell’alcol (che segnano indimenticabilmente la ‘fuga romantica’ di Gloria e Rodolfo) fino al gioco della guerra che la protagonista saprà ribaltare contro il suo pavido amante in un liberatorio pre-finale, sono tutti elementi di un mosaico più complesso, che rimanda a un Cile ancora segnato dalle ferite del proprio passato. E che il contrasto tra la vitalità del corpo e l’opacità del sociale non fa che ribadire. Con la ‘forza tranquilla’ di una donna che insegue solo il diritto a soddisfare le proprie umanissime voglie.

PPaolo Mereghetti, Il Corriere della Sera, 11 ottobre 2013

 

 

 

 

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