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Giovedì 12 febbraio 2015 – Scheda n. 17 (938)
We Are the Best
Titolo originale: Vi är bäst!
Regia e sceneggiatura: Lukas Moodysson
Montaggio: Michal Leszczylowski. Fotografia: Ulf Brantås.
Musica: Marit Bergman.
Interpreti: Mira Barkhammar (Bobo), Mira Grosin (Klara),
Liv LeMoyne (Hedvig), Johan Liljemark (Kenneth),
Mattias Wiberg (Roger), Jonathan Salomonsson (Elis),
Alvin Strollo (Mackan), Anna Rydgren (la madre di Bobo),
Peter Eriksson (il padre di Bobo), Lena Carlsson (la madre di Klara),
David Dencik (il padre di Klara).
Produzione: Memfis Film. Distribuzione: Bim.
Origine: Svezia, 2013. Durata: 102’.
Lukas Moodysson
Ecco un regista che non ha fatto molti film ma quelli che finora ha fatto sono tutti piuttosto buoni. Nato a Lund, in Svezia, nel 1969, Lukas Moodysson ha raggiunto il successo internazionale fin dal suo primo lungometraggio, Fucking Åmal(1998). Prima di allora pensava di poter fare lo scrittore: aveva pubblicato alcuni libri di poesie e un romanzo. Poi ha cambiato idea e ha studiato cinema al Dramatiska Institutet, dove ha cominciato a maneggiare la cinepresa e ha girato parecchi corti. Dopo il fortunato film d’esordio, Fucking Åmal, film distribuito in mezzo mondo, ha girato Together (2000, visto al Cineforum) e Lilya 4-ever, presentato a Venezia nel 2002. Prediletto dei festival, nel 2004 A Hole in My Heart è stato presentato al festival di Toronto e nel 2006 Container è passato al festival di Berlino e sempre a Berlino è stato mostrato Mammoth (2009). Infine, questo We Are the Best è passato alla Mostra di Venezia nel 2013, raccogliendo consensi unanimi di pubblico e critica.
Sentiamo qualche dichiarazione di Moodysson: «We Are the Best, cioè “Noi siamo i migliori”, o meglio: “le migliori”, è basato su una graphic novel, un romanzo a fumetti, scritto e disegnato da mia moglie Coco. Mi è venuta voglia di farne un film perché ho pensato che, in mezzo a tutto il buio che ci circonda, fosse bello girare un piccolo film gioioso che ci dicesse come la vita non è del tutto impossibile, come ci siano delle strade da percorrere e delle opportunità da cogliere. Il punto era fare un film sorridente e anche prenderci gusto nel farlo. Volevo mettere nel film il tono del libro a fumetti. Non era tanto importante rifare esattamente la storia del libro quanto centrare lo stesso tono. È quello che cerco di fare sempre nei miei film, mi preoccupo del tono, del mood, dei dettagli. Come diceva Ionesco: “Dobbiamo vivere nei dettagli”. Lui lo diceva in maniera seria e si riferiva a un contesto molto più grande di quanto non sia il mio contesto. Ma il modo di porsi è lo stesso: non amo le spiegazioni e neanche le ideologie che vogliono spiegare tutto. È per questo che mi piace molto il finale aperto e per niente drammaturgico di We Are the Best. Il film non vuol saperne che la storia delle tre ragazzine finisca lì: vuole che continui...
La storia si svolge nel 1982 ed è basata sulla giovinezza di mia moglie Coco. A me è sembrato divertente raccontare la vicenda di tre punk rockers che erano delle ragazze. Il mondo punk era dominato dai maschi e anche le loro ‘prestazioni’ erano tipicamente maschili. Io non ero per niente interessato a masticare vetri o a sbattere la testa contro i lampioni come facevano certi punk. E anche la musica e i dischi punk erano fatti quasi esclusivamente da maschi. Così mi è parso simpatico scegliere un’altra prospettiva, quella femminile...
Ho curato particolarmente tutto il guardaroba. Dovevo trovare il giusto look per le ragazzine. Sono sempre stato molto interessato dai vestiti e dagli oggetti. Credo che la realtà esteriore riflette quella interiore, credo che gli oggetti hanno un’anima. Ed è stato molto bello cercare tutti questi gingilli, cercare di evidenziare i caratteri delle ragazzine con i loro abiti. Ho usato anche una giacca di mio nonno che era un contadino: sono sicuro che sarebbe stato molto contento se avesse saputo di questa avventura della sua vecchia giacca...
Ecco il mio film. Ragazze e adulti. Tutti che cercano qualcosa, magari un altro posto. La solitudine. L’euforia. Mi piacerebbe poter dire che qualcosa di buono succede quando tutt’intorno c’è una tragedia, ma non so se davvero le cose vanno così. Però, mi piacerebbe che fosse così».
La critica
C’è un cinema per ragazzi (ma non solo), la cui importanza, in Scandinavia, è ben nota (meno, purtroppo, dalle nostre parti). E c’è un cinema di coming of age [l’avviarsi a diventare grandi, ndr], trasversale alle più diverse realtà geografiche e culturali, che il regista Lukas Moodysson ha già esplorato con il suo celebrato esordio, Fucking Åmal, e – con toni differenti – anche con Lilja 4-ever.
We are the Best, che il regista ha basato su una graphic novel scritta da sua moglie, sembra voler mescolare e unire indissolubilmente queste due categorie: anzi, sembra volerne annullare le differenze di prospettiva e di sostanza.
La storia di Bobo, Klara e Hedvig, tre ragazzine tra i 12 e i 13 anni unite dalla loro marginalità e dalla voglia di mettere su dal nulla una punk band attraverso la quale sputare fuori e in faccia al mondo tutta la loro voglia di non conformità, è raccontata infatti da Moodysson con uno sguardo rigorosamente dal basso, che non si preoccupa minimamente di abbracciare quegli eccessi un po’ ingenui e zuccherosi, o quelle spigolosità aprioristiche tipiche del passaggio dall’infanzia all’adolescenza. Ma la prospettiva ad altezza personaggio non gli impedisce di cogliere (e far cogliere loro) i punti critici e gli snodi di una fase di passaggio importante e formativa: i primi legami, le prime ribellioni, la prima sbronza, il primo amore e la prima gelosia.
Un film come We are the Best, semplice e pulito, spontaneo e privo di ogni sovrastruttura, diretto e lineare, sembra star lì a significare l’importanza e la bellezza di una narrazione che non abbia paura di parlare al pubblico più giovane usando il suo stesso linguaggio, e non quello che si suppone (con supponenza) vogliano o debbano parlare, e la stessa mancanza di filtri. Non censurando né gli aspetti più infantili, nel timore di alienarsi il consenso giudicante dei grandi, né nascondendo sotto il tappeto della facile ipocrisia moralista gli aspetti più spigolosi che la cultura del Moige [il Movimento Italiano Genitori, ndr] vuole spazzare via dalle vite (vere come cinematografiche) dei minori.
Di crescita e d’amicizia parla allora il film di Moodysson, di una fase della vita dove l’amore impatta come un autobus ma che riparte via alla stessa velocità con la quale era giunto, dove ogni cosa è ancora nuova e sorprendente, eppure è fondamentale convincersi e convincere di esser navigate.
La musica, il punk, in tutto questo è puro pretesto: non c’è nulla di punk, in We are the Best, che fin dalle tinte pastello e dalle scelte fotografiche, per poi arrivare alla costruzione dei suoi personaggi, abbraccia la tenerezza come fosse un peluche al quale non si può rinunciare. Oppure, forse, di punk c’è tutto: perché non necessariamente la ribellione e la rivoluzione devono passare per la ruvidità e la violenza, soprattutto quando sono diventate mainstream. E allora punk oggi è la scelta di un sentimento sincero, mai urlato ma raccontato con la timidezza e il sorriso solare delle ragazzine di Moodysson.
FFederico Gironi, www.coomingsoon.it, 4 giugno 2014
Siamo a Stoccolma nel 1982. Klara e Bobo sono due ragazzine di tredici anni, innamorate della musica e dell’estetica punk. Pur non sapendo suonare decidono di formare un gruppo per cantare il loro odio verso le lezioni di educazione fisica e verso lo sport. Ad aiutarle arriva poi una terza ragazza, Hedvig, che suona la chitarra classica e che – diversamente da loro – proviene da una famiglia molto credente.
Lukas Moodysson (Fucking Åmål, Lilja 4-ever) ha tratto questo film dai fumetti (Aldrig Godnatt) di sua moglie, Coco Moodysson, conservando una forma chiaramente derivata dalle strisce fumettistiche, fatta per lo più di brevi sequenze umoristiche che ruotano intorno ad alcuni motivi ricorrenti (i capelli di Bobo, i turni per la sala prove, ecc.). Questo però non preclude sviluppi narrativi di più ampio respiro (la trasformazione di Hedvig, il litigio per questioni di cuore e la successiva rappacificazione).
Per età, le tre ragazzine ci hanno ricordato gli allievi di Jack Black in The School of Rock: anche loro – come diceva il finto maestro di scuola (e vero maestro di vita) di quel film – “combattono il potente”. Lo fanno in modo simpaticamente velleitario: i proclami contro i dittatori si mescolano senza soluzione di continuità con le scorpacciate di dolcetti colorati. E per questo ci hanno ricordato un po’ anche i quattro punk abruzzesi (invero un po’ più grandi) protagonisti de La guerra degli Antò.
Vi är bäst! (We are the best) è un film spiritoso, carico di vitalità, con una delle tre interpreti (Mira Grosin, Klara) dotata di un’energia e di espressioni che, da sole, valgono il biglietto. Un film che, tra le righe, sa inserire anche qualche ironica annotazione sulla società svedese e sul suo stato-provvidenza, ma che sa rivolgersi anche a pubblici di altre latitudini: ogni genitore riconoscerà nei genitori delle protagoniste un po’ della propria inadeguatezza, ogni adolescente (o ex adolescente) ritroverà la propria lotta per trovare uno spazio nel mondo.
RRinaldo Vignati, www.cineforum.it, 5 giugno 2014
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