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Scheda del film (178 Kb)
Nimph()maniac - volume 1 - Scheda del film

 

 

in collaborazione con:

 

CINEMA SOCIALE  S.O.M.S. Società Operaia di Mutuo Soccorso Omegna

PIEMONTE AL CINEMA – IL CINEMA DIFFUSO
Promosso da Regione Piemonte, AIACE, AGIS

 

Giovedì 26 febbraio 2015 – Scheda n. 19 (940)

 

 

 

 

 

Nymph()maniac

 

 

Volume 1

 

 

 

Regia e sceneggiatura: Lars von Trier

 

Fotografia: Manuel Alberto Claro. Montaggio: Molly Marlene Stensgård.

Musica: Rammstein.

 

Interpreti: Charlotte Gainsbourg (Joe), Stellan Skarsgård (Seligman),

Stacy Martin (Joe ragazza), Shia LaBeouf (Jerôme),

Christian Slater (il padre di Joe), Jamie Bell (K),

Uma Thurman (la signora H), Willem Dafoe (L),

Mia Goth (P), Sophie Kennedy Clark (B).

 

Produzione: Zentropa Entertainments. Distribuzione: Good Films.

Durata: 110’. Origine: Danimarca, 2013.

 

 

Lars von Trier

 

 

LvT, nel panorama internazionale, è uno dei registi più strabilianti scostanti ardimentosi fastidiosi controversi ambiziosi disturbanti contraddittori plateali visionari perversi deliranti e infine immacolati. Immacolato perché, evangelicamente, “tutto è puro per i puri”.

Nato nel 1956 a Copenaghen, entra alla Danish Film School, adotta abusivamente il nobiliare “von”, gira dei corti, Nocturne (1980) e Images of a relief (1982), premio del miglior film a Monaco. Il primo lungo è L’elemento del crimine (1984), una specie di giallo espressionistico-psicologico-criminale, Gran Premio Tecnico a Cannes. Gira poi il televisivo Medea (1987), il semisperimentale Epidemic (1987) e il cupo Europa (1991), Premio della Giuria a Cannes. Grande successo ottiene suo serial televisivo orrorifico-surrealistico The Kingdom / Il Regno, ambientato in un ospedale con fantasmi. Nel 1995, LvT lancia il Manifesto del Dogma per un cinema al naturale, senza sofisticazioni: è dogmatico, schizofrenico e bellissimo Le onde del destino (1996), Premio della Giuria a Cannes. Seguono il dissacrante Idioti (1998) e il mélo musicale a tinte nere Dancer in the Dark (2000) che sbriciola le regole del Dogma e vince la Palma d’oro a Cannes. Interprete la pop star islandese Björk. Del 2003 è Dogville, interprete Nicole Kidman, prima parte di una trilogia il cui secondo tassello è Manderlay (la terza parte non verrà più girata). Del 2006 è la commedia delirante Il grande capo. LvT continua intanto il progetto Dimension: 3 minuti girati ogni anno il giorno di Natale, per 33 anni; cominciato nel 1991, il film sarà finito nel 2024. Del 2011 è il meteoritico Melancholia. Di questo scandaloso Nymph()maniac, presentato al festival di Berlino, esistono due versioni: questa, corta e ‘purgata’, uscita in sala in due ‘volumi’ per un totale di 4 ore, e la versione lunga e hard, di 5 ore e ½, che uscirà nel 2015 in dvd.

LvT non ha voluto rilasciare dichiarazioni sul suo film. All’ultima Mostra di Venezia è stata presentata la versione integrale di Nymph()maniac vol. 1 e vol. 2. Alla conferenza stampa, l’attore Stellan Skarsgård ha avuto da LvT il permesso di telefonargli tre volte. LvT ha naturalmente schivato tutte le domande. La telefonata n. 1 era sul loro metodo di lavoro con gli attori. LvT ha risposto: «Non lavoriamo assieme. In realtà in tutti questi anni ho cercato di fare a pezzi Stellan che, grazie al mio intervento terapeutico, adesso è migliorato». La seconda telefonata chiedeva cosa avesse appreso sulla sessualità femminile girando il film. Risposta di LvT: «Niente. Sapevo già tutto quello che c’è da sapere». Terza telefonata sui riflessi autobiografici nei personaggi di Joe e Seligman. Risposta: «Charlotte e Stellan interpretano due parti diverse di me. Comunque, ogni elemento maschilistico è totalmente mio».

 

 

La critica

 

 

Waltz n. 2 di Sciostakovic, con il quale si apriva Eyes Wide Shut e Ich Ruf Zu Dir, Herr Jesus di Bach, sul quale si chiudeva Solaris. Due film, quelli di Kubrick e Tarkovskij, che parlano di desiderio: il dolore di perderlo, il piacere di ritrovarlo.

A dispetto dei trailer e delle anticipazioni, al centro di Nymphomaniac ci sono il desiderio e il dolore, non il sesso. Che pure ha nel film un ruolo importante, simile a quello del sasso che butti nello stagno per il piacere di vedersi formare, intorno al punto dove è affondato, cerchi concentrici sempre più ampi.

All’inizio la storia della ragazza ondeggia tra metafore sportive, analogie matematiche, digressioni ironiche: ansiosa di dare uno spessore drammatico alle proprie peripezie sessuali, Joe si ritrova di fronte un interlocutore che – nonostante venga ripetutamente sollecitato a considerarla una persona cattiva – schiva sistematicamente le trappole della religione, del peccato e del giudizio. Austero come un sacerdote, Seligman è in realtà un uomo di scienza e cultura, che condisce il racconto di erudizione e ironia, mai di morale.

Poi però, a poco a poco, tra le pieghe del sesso comincia a intravedersi la trama del desiderio e del dolore. La passione muta per un uomo che non si può avere (Jerome), la disperazione rabbiosa per un uomo che si è avuto e perso (la signora H e il marito), la nostalgia struggente di un uomo che se ne sta andando (il padre).

Attorno alla storia di sesso lentamente si forma una geografia emotiva, i due territori si lambiscono e infine – nella scena più intensa e memorabile del film, quella del rapporto sessuale in ospedale, dove l’orgasmo di Joe trascolora in pianto, senza soluzione di continuità – si toccano.

Per Von Trier il sesso, quando riesce a districarsi dalle trappole della morale (le stesse che ad esempio avevano finito per imbrigliare la protagonista di Le onde del destino), è una egregia chiave di lettura di sentimenti complessi e misteriosi: desiderio e rimpianto, nostalgia e dolore. Passare dalla porta della pornografia per entrare nelle segrete stanze dell’emotività umana.

Ci torneremo sopra, perché siamo appena a metà, ma l’impressione è già quella di un film del quale, alla luce della sua inesorabile profondità, sarà difficile sbarazzarsi.

LLeonardo Gandini, www.cineforum.it

 

Nei cartelloni pubblicitari di Nymphomaniac si vedono tanti piccoli primi piani dei vari personaggi del film sfigurati nel volto dal momento dell’orgasmo.

Si sa che la sessualità acquisisce senso solo nel momento in cui è intrecciata a un desiderio, nel momento in cui, cioè, ne siamo implicati e siamo parte di essa. Lo sa bene la pornografia che si definisce non tanto per il fatto di basarsi su immagini esplicite (cosa che avviene anche in altri generi), ma soprattutto per giocare con l’inclusione del desiderio dello spettatore. Ma cosa succede quando ci stacchiamo dall’eccitazione sessuale e guardiamo l’atto sessuale dall’esterno, come sui manifesti del film dove l’orgasmo diventa un’immagine ridicola o perfino disgustosa?

Ne parlava una volta anche Slavoj Žižek di quell’esperienza spiacevole, “probabilmente nota a molti, quando accade che, mentre si è impegnati in un’attività sessuale, tutto ad un tratto ci si sente stupidi; si perde il contatto con essa… Come a dire ‘mio dio, cosa ci faccio qui, a fare questi stupidi movimenti ripetitivi?’”.

Nymphomaniac Volume I, soprattutto nella versione lunga con inserti di sequenze hardcore vista a Berlino, ci mostra proprio questo: il sesso quando si è separato dalla dimensione del desiderio e dall’eccitazione e diventa un movimento ripetitivo e idiota del corpo. Senza alcun senso. Come fa una ninfomane che fa sesso in continuazione senza nemmeno saperne fino in fondo il motivo.

Il film inizia con Joe (Charlotte Gainsbourg), un donna di mezza età che vediamo sdraiata per terra sotto la pioggia, priva di conoscenza, tumefatta e picchiata. La raccoglie dalla strada un vecchio signore gentile ed educato, Seligman (interpretato da Stellan Skarsgård) che la porta a casa, le offre un tè e le chiede di raccontare che cosa le sia capitato. Inizia così un lungo flashback, diviso  per capitoli, dove Joe racconta della propria ninfomania, che è iniziata, a suo dire, quando aveva 2 anni e che è andata avanti fino a che non è diventata una giovane donna (il resto del racconto sarà il tema della seconda parte del film che uscirà tra qualche mese).

Il film è tutto giocato sul confronto serrato tra lei che vede nella sua ninfomania una pratica disdicevole e immorale (alla quale comunque non sa rinunciare) e lui che tenta in tutti i modi di riportare i racconti sempre più estremi delle sue pratiche sessuali a una certa ragionevolezza o a un senso di fondo. Seligman infatti è un appassionato di musica polifonica barocca, di scienze naturali, dei numeri di Fibonacci e della matematica pitagorica e tende a trovare in tutte le cose, anche nelle pratiche sessuali più aberranti e ciniche, una qualche spiegazione. Lei invece vuole continuamente convincerlo che no, non c’è redenzione per chi ha voluto dedicare la propria vita al peccato: la dipendenza nei confronti del sesso segna il limite estremo, il baratro oltre al quale non c’è senso e non c’è significato.

In un’opera molto lunga, per certi versi prolissa, ma estremamente coesa nella sua idea di fondo, Von Trier mette dentro tutto il suo cinema, nel bene e nel male: dal cinismo compiaciuto e stupidamente provocatore del capitolo Delirium, alla verve comica (che è forse la sua più grande qualità e che purtroppo sfrutta sempre meno) del capitolo Mrs. H. E punta tutte le sue carte su Stacy Martin, la giovane attrice che interpreta Joe e che si porta il film sulle spalle, con la sua aria svagata e un po’ persa, di chi la propria dipendenza verso il sesso è la prima a interrogarla invece che usarla a proprio vantaggio.

Diceva all’ultima edizione del Festival di Venezia Paul Schrader che è impossibile usare delle scene di sesso esplicito in un film mantenendo l’attenzione sulla storia e non provocando la fisicità dello spettatore. Se questa era la scommessa di Nymphomaniac, ci pare che Von Trier sia riuscito a vincerla. Per sapere però in che direzione vorrà portare questa lotta tra senso e limite del senso, tra ragionevolezza ed attrazione per l’estremo, tra cinismo e redenzione – e soprattutto che tipo di insegnamento vorrà trarne e se quindi finalmente imparerà a superare il proprio narcisistico cinismo – dovremo attendere la seconda parte film.

PPietro Bianchi, www.cineforum.it

 

 

 

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