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Film sorpresa - Scheda del film

 

 

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PIEMONTE AL CINEMA – IL CINEMA DIFFUSO
Promosso da Regione Piemonte, AIACE, AGIS

 

Giovedì 26 marzo 2015 – Scheda n. 23 (944)

 

 

 

 

 

Mud

  

 

 

Regia e sceneggiatura: Jeff Nichols

 

Fotografia: Adam Stone. Montaggio: Julie Monroe.

Musica: Davide Perkins.

 

Interpreti: Matthew McConaughey (Mud), Tye Sheridan (Ellis),

Jacob Lofland (Neckbone), Reese Witherspoon (Juniper),

Sarah Paulson (Mary Lee), Ray McKinnon (Senior),

Sam Shepard (Tom Blankenship), Michael Shannon (Galen),

Paul Sparks (Carver), Joe Don Baker (King).

 

Produzione: Brace Cove Productions. Distribuzione: Movie Inspired (2014).

Durata: 130’. Origine: Usa, 2012.

 

 

Jeff Nichols

 

 

Nato nel 1978, a Little Rock, in Arkansas, Jeff Nichols è considerato uno dei migliori registi dell’ultimissima generazione. Ha esordito nel 2007 con Shotgun Stories, film molto premiato, indicato dal Chicago Sun-Times come miglior film dell’anno, film che rivisita le radici della cultura popolare americana, film che qualcuno ha definito “cinema folk” tanto profonda è la sua relazione con la tradizione cinematografica da John Ford fino a Clint Eastwood. Ugualmente osannato è Take Shelter (2011), premio della Settimana della Critica e premio Fipresci della critica internazionale al festival di Cannes 2011. Un potente “disaster movie” in senso fisico (uragani), in senso mentale (squilibri interiori), in senso familiare (padre con problemi, moglie affezionata, bambina sordomuta). Questo Mud (cioè fango) era a Cannes: Nichols è il regista più giovane che abbia partecipato al concorso di Cannes.

Sentiamo Jeff Nichols: «In una biblioteca pubblica avevo trovato la foto di un sommozzatore con un’attrezzatura fantastica e quest’immagine mi aveva colpito profondamente. Cominciai a chiedermi che tipo di personaggio fosse quello, dove vivesse, com’era la sua vita. In più io amo molto Mark Twain e la sua propensione per l’azione e i grandi temi: la storia di Mud è nata così. Sono più di dieci anni che volevo portare al cinema questa storia. Ce l’ho fatta dopo il successo di Shotgun Stories (2007) e dopo il Gran Premio della Giuria di Cannes vinto da Take Shelter (2011). L’ambientazione fluviale, i giovani protagonisti e i temi del sacrificio e del perdono riecheggiano il grande classico americano Le avventure di Huckleberry Finn, che i due attori quattordicenni, Tye Sheridan e Jacob Lofland, hanno dovuto leggere sul set...

Mi hanno chiesto di descrivere in una frase il film: è come se Sam Peckinpah avesse diretto un racconto di Mark Twain. Sono molto influenzato da tanti scrittori che hanno un forte senso del luogo, Raymond Carver, Cormac McCarthy e autori del Sud degli Usa, come Larry Brown, Flannery O’Connor e Harry Crews. Sono questi scrittori che mi hanno spinto a imparare a raccontare delle storie. E mi ispirano anche dei film, come Lo spaccone, La rabbia giovane, Hud il selvaggio, Tender Mercies, Nick mano fredda, Un mondo perfetto, persino Lawrence d’Arabia. Questi film parlano con onestà della condizione umana, raccontando al contempo delle storie avvincenti...

Il mio primo film, Shotgun Stories, era un film sulla vendetta; il secondo film, Take Shelter, era sulla paura; questo Mud è un film sull’amore. Parla di due quattordicenni che incontrano un uomo nascosto su un’isola nel mezzo del fiume Mississippi e decidono di dargli una mano, ma il vero centro del film è l’amore. Ellis è alla ricerca di un esempio di amore vero: che si rivolga ai suoi genitori, allo zio del suo migliore amico o al personaggio di Mud. Ellis ha bisogno di un modello che non sia corrotto...

Mud è un’avventura su un fiume selvaggio con un protagonista inaffidabile, una bella donna, dei cacciatori di taglie e la classica quest, la ricerca di qualcosa. I due ragazzini devono superare gli ostacoli di questa ricerca e, durante il loro cammino, imparano molte cose sulla vita e, soprattutto, sull’amore».

 

 

La critica

 

 

Prateria, montagna, oceano. Ma poi è il fiume a determinare il destino degli uomini, lo sappiamo dai tempi di Mark Twain. A De Witt, popolazione 3.292, scorre quello che dà il nome a tutto lo stato, l’Arkansas. Si apre su una baia che sembra il mare. E lì, dopo una tempesta, un motoscafo è finito su un albero, ben saldo. Ottimo rifugio. Lo pensano Ellis e Neckbone, due adolescenti che guardano ancora ai giochi avventurosi dell’infanzia ma già alle tette dell’amica dello zio. Lo pensa anche Mud, uno che lascia come impronta una croce, gira con una calibro 45 nei jeans e si nasconde non tanto dai fantasmi del passato quanto dai rischi del presente. Diventano amici, complici: Ellis soprattutto. Poi comincia il film. Insieme a Derek Cianfrance, il regista di Come un tuono, Jeff Nichols (anche sceneggiatore) si conferma il solo ‘nuovo’ cineasta statunitense sul quale puntare ormai a occhi chiusi. Mud (un nome, certo, ma anche il sostantivo che significa ‘fango’) è il grande romanzo americano in un personaggio solo. Padre putativo, figlio ribelle, fratello da un altro pianeta, pirata e avventuriero, sempre in bilico tra il romanticismo dell’eroe e l’ambiguità del fuorilegge. A un certo punto ti chiedi se sia vero o falso, ma è lui stesso a fugare ogni dubbio: ‘Non ho trafficato spesso con la verità, ma lei, la amo’. I guai, la polizia, la Dixie Mafia, Mud se li tira addosso per amore; la donna sbagliata ovviamente, ma fino a un certo punto. Si salutano come Ashley Judd e Val Kilmer in Heat - La sfida, il gran film di Michael Mann, ed è per sempre. Poi, intorno, ci sono altre figure gigantesche, perché il film, nonostante il titolo, non è soltanto Mud. Ad esempio Sam Shepard. Pare uscito da Cormac McCarthy, e quando alla fine viene inquadrato dall’altra parte del fiume col mirino pensi che beh, sì, a spararti addosso è il grande cinema. Infine Ellis (Tye Sheridan, stupendo anche in Joe di David Gordon Green). Suo lo sguardo nostro. Ci sono anche i serpenti, i pesci gatto, Reese Witherspoon (la principessa) e Michael Shannon (lo zio). Visione obbligatoria per chiunque abbia dagli 11 anni in su. Mai definito capolavoro un film uscito quest’anno nelle sale, ma adesso è proprio il caso.

MMauro Gervasini, FilmTv, settembre 2014

 

Ce n’è voluto di tempo per vederlo sugli schermi italiani. Oltre due anni dalla presentazione in concorso al Festival di Cannes, dove incuriosì molto, raccolse ottime impressioni tra il pubblico e in buona parte della critica presente pur lasciando nella completa indifferenza la giuria presieduta da Nanni Moretti (...).

Discordante sul piano strutturale, inclassificabile per quanto riguarda le caratteristiche della vicenda narrata, sembra la storia di un’amicizia pericolosa e invece è un racconto di formazione anomalo in cui il protagonista non è solo una superficie sulla quale si riflettono le conseguenze del percorso compiuto ma anche il motore per un ottimistico mutamento delle figure che lo circondano. Il tutto immerso nell’universo provinciale caratteristico di Nichols, che in Mud oltre a essere distanza dalla città è anche alterità, addirittura netta contrapposizione. Universo quasi ideologicamente separato dal centro abitato, inteso, quest’ultimo, come fonte di disagio (per il protagonista Ellis) o di minaccia (per Mud, atteso per essere ucciso), e per questo ancorato in una baracca sul greto del fiume o segregato su un isolotto in mezzo al Mississippi, impelagato in un allegorico pantano esistenziale che allude al nomignolo del fuorilegge interpretato da Matthew McConaughey e soprattutto, sullo sfondo, al Big Muddy, il Mississippi, scenario silente e pervasivo. (...)

Ellis per Nichols è il fulcro del racconto. Personaggio dinamico su cui si plasmano eventi e conseguenze della vicenda narrata, figura di trasformatore rispetto alla sostanziale staticità degli altri personaggi della storia, individuo focalizzatore per il progresso del racconto. Ellis è il personaggio che vede e, rispetto a ciò che nota, sa. Le dinamiche di sguardo nel cinema di Nichols sono un tratto fondamentale ma spesso mostrano aspetti volutamente contraddittori. (...)

Lo sguardo interno a Mud appartiene invece alla soggettività conoscitiva di Ellis ed è il metro che Nichols propone per far avanzare la storia nei suoi avvenimenti essenziali e caratterizzare il percorso formativo del ragazzo. (...)

È indubbio che gli snodi decisivi del racconto passino da Ellis e con essi i progressi sul piano della sua crescente consapevolezza. Le impronte degli stivali dal tacco crociato che rivelano l’esistenza di Mud sull’isola, l’arrivo dei cacciatori di taglie al soldo della famiglia Hutchins, la presenza in città dell’attesa Juniper, il suo tradimento con uno sconosciuto in un oscuro bar e il pianto d’addio sincero e disperato nella stanza del motel: ancor prima di vivere le vicende, Ellis le osserva, le filtra e fornisce loro una precisa sensibilità. Quelle di Ellis sono le uniche soggettive del film, nessun altro è capace di vedere e la sua funzione modificatrice nei confronti degli altri personaggi trasla proprio sulla possibilità di guardare per comprendere. Recluso nel suo obbligato isolamento, impossibilitato a confrontarsi con il mondo, Mud vede esclusivamente con gli occhi di Ellis, rimuginando sulle notizie fornitegli dal ragazzo, opponendo giustificazioni labili a una realtà che contrasta spesso con le sue speranze e le sue attese. Lo scambio con il ragazzo è vicendevole: Mud esce dal suo guscio per salvare la vita di Ellis morso dal serpente d’acqua, rivivendo come salvatore l’identico episodio capitatogli come vittima durante la sua infanzia, Ellis lo dota della capacità di vedere, tradotta filmicamente nella possibilità di produrre soggettive. Mud, approdato in città, vede dal suo punto di vista Juniper sulla balconata del motel e le porge un ultimo triste cenno di addio, poi dopo essere sopravvissuto all’agguato dei cacciatori di taglie, a fianco del vecchio Tom al timone di uno scafo che lo scorta verso la libertà, osserva sorridente l’ampio delta del Mississippi. È l’ultima inquadratura del film: è un’ovvia metafora di apertura verso un futuro possibile, ma è anche la chiosa stilistica di un rapporto generazionale dall’agrodolce scambio di esperienze esistenziali.

GGiampiero Frasca, Cineforum, n. 538, ottobre 2014

 

 

 

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