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La fiamma del peccato - Scheda del film

CINEFORUM ARCIFIC OMEGNA

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in collaborazione con:

CINEMA SOCIALE – S.O.M.S. Società Operaia di Mutuo Soccorso Omegna

PIEMONTE AL CINEMA – IL CINEMA DIFFUSO
Promosso da Regione Piemonte, AIACE, AGIS

 

PREMIO GRINZANE CINEMA

Giovedì 14 febbraio 2008 – scheda n. 17 (747)


La fiamma del peccato

 

Titolo originale: Double Indemnity

 

Regia: Billy Wilder

Sceneggiatura: Billy Wilder e Raymond Chandler,

dal romanzo “La morte paga doppio” di James M. Cain.

Fotografia: John F. Seitz. Montaggio: Doane Harrison.

Scenografia: Hans Dreier, Hal Pereira. Musica: Miklos Rosza.

Interpreti: Fred McMurray (Walter Neff), Barbara Stanwyck (Phyllis Dietrichson),

Edward G. Robinson (Barton Keyes), Porter Hall (il signor Jackson),

Byron Barr (Nino Zachetti), Richard Gaines (Edward S. Norton).

Produzione: Paramount Pictures. Distribuzione: Lab80 Film.

Durata: 107’. Origine: Usa, 1944.

 

 

Il regista

 

Uno dei più grandi registi di tutti i tempi. Un autore che ogni spettatore ricorda e si porta nel cuore. Billy Wilder, nato a Vienna nel 1906, dopo aver fatto il giornalista, il cronista sportivo e il ballerino, entra nel cinema come sceneggiatore e partecipa alla regia di un famoso documentario, Menschen am Sonntag (Uomini, la domenica, 1929). Con l’avvento funesto del nazismo, nel 1933, passa in Francia, poi negli Usa dove scrive sceneggiature per Hawks e Lubitsch. Nel 1938 comincia a collaborare con Charles Brackett, a lungo co-sceneggiatore per i suoi film. La prima regia americana è Frutto proibito (1942), vengono poi I cinque segreti del deserto (1943), questo La fiamma del peccato (1944) e Giorni perduti (1945). Grande successo ottengono Viale del tramonto (1950) e L’asso nella manica (1951), seguiti da Stalag 17 (1953), Sabrina (1954) e Arianna (1957), film con cui si inaugura la collaborazione alla sceneggiatura di I.A.L. Diamond. Arrivano altri film diventati famosi: Quando la moglie è in vacanza (1955) e A qualcuno piace caldo (1959), entrambi con Marilyn Monroe, Testimone d’accusa (1958) con Charles Laughton e Marlene Dietrich, L’appartamento (1960), Uno, due, tre (1961), Irma la dolce (1963), Baciami, stupido (1964), Non per soldi ma per denaro (1966), La vita privata di Sherlock Holmes (1970), Cos’è successo tra mio padre e tua madre? (1972), Prima pagina (1974). Fino alle ultime opere: Fedora  (1978) e Buddy Buddy (1981). Il Cineforum offre ai soci la possibilità di vedere due magnifici film di Wilder in versione originale con sottotitoli italiani. I film sono distribuiti dalla Lab80 Film e dalla FIC, che è la Federazione Italiana Cineforum, di cui anche il Cineforum di Omegna si onora di far parte, soprattutto in occasioni come questa.

 

La critica

 

«Non ho avuto i soldi e non ho avuto la donna» dice in un incipit indimenticabile l’assicuratore Walter Neff, che detta la propria confessione a un dittafono. Travolto dalla passione per la sua cliente Phyllis Dietrichson, era diventato suo complice nell’assassinio del marito. Ma non aveva fatto i conti con il collega e amico Barton Keyes, meticoloso responsabile dell’ufficio contenziosi. Tratto dal romanzo omonimo di James M. Cain e sceneggiato dal regista e da Raymond Chandler, qui alla sua prima esperienza per il cinema, è uno dei migliori esempi di film noir, dove «la fatalità sostituisce la suspense nella ricerca del colpevole» (Jacques Lourcelles), (la confessione iniziale non lascia dubbi sullo sviluppo del film, strutturato con un lungo flashback) e dove la protagonista – indimenticabile con la sua catenella alla caviglia – incarna perfettamente i tratti fondamentali della femme fatale (charme fisico, perversità morale, cupidigia, meschineria, ferocia). Lo svelamento del finale, comunque, non toglie tensione al film, perché lo scontro (tipicamente wilderiano) tra due intelligenze, quella puntigliosa di Keyes e quella criminale degli amanti, reintroduce nella struttura narrativa la suspense del film poliziesco. Il film doveva concludersi con il processo e l’esecuzione nella camera a gas di Neff, ma queste scene furono tolte dal montaggio definitivo (senza danneggiare la struttura drammatica dell’opera) poco prima dell’uscita ufficiale.

PPaolo Mereghetti, Dizionario dei film 2008, Baldini Castoldi Dalai editore

 

Terzo film americano e prima opera importante di Billy Wilder con nomi prestigiosi alla voce sceneggiatura: Chandler (al suo primo lavoro per il cinema) che adatta James Cain insieme allo stesso Billy Wilder. Chandler dichiarò che il lavoro con Wilder gli aveva accorciato la vita. Wilder, invece, era affascinato dall’apporto di Chandler, in particolare dai suoi dialoghi, molto diversi dal materiale di partenza, il romanzo di Cain. Con il suo riferirsi a un fatto di cronaca reale in sostanza assai banale, il film viene ad essere a doppio fondo. È anzitutto un’opera significativa e storicamente importante nel genere noir. Dentro una struttura da poliziesco, la nozione di fatalità sostituisce la suspense nella ricerca del colpevole: fin dalle prime parole del dialogo, con la confessione di Neff, lo spettatore sa tutto dell’autore del delitto e del suo fallimento finale. Il personaggio della femme fatale è perfettamente rappresentato nei suoi tratti più caratteristici: fascino, perversità morale, cupidigia, meschinità, ferocia borghese. L’altro aspetto primordiale del film, aspetto più precisamente wilderiano, è l’essere un duello di intelligenze: intelligenza dei due criminali a confronto con quella dell’ispettore Keyes (Edward G. Robinson). Il personaggio dell’investigatore, figura accessoria per l’aspetto noir dell’opera, diventa invece qui essenziale. La scena capitale del film e la più tipica del contributo di Wilder è quella in cui il padrone della compagnia di assicurazione, un perfetto idiota che crede di essere molto intelligente, convoca nel suo ufficio, senza capire niente di quello che si viene tramando, i due criminali insieme a Keyes, che per parte sua comincia a intravedere la verità che raggiungerà tutto da solo. Questo secondo aspetto  reintroduce, molto abilmente, la suspense dei film polizieschi tradizionali. E rende ancora più pessimista lo sguardo dell’autore. Wilder si compiace in effetti di osservare la nocività del ruolo dell’intelligenza nel destino del suo eroe, e di quanto poco essa possa essergli utile una volta che avranno, lui e lei, infilato il piede nell’ingranaggio. [...] Wilder divide con altri due registi questa preoccupazione e attrazione per lo scrutare il ruolo dell’intelligenza sul destino dei personaggi: Preminger, viennese come Wilder e altro allievo di Lubitsch, e Mankiewicz. Questa ricerca che tutti e tre sentono naturale dà ai loro intrecci un sapore insieme ironico e disincantato, molto stimolante sul piano dell’arte. Ed è questa, forse, nel cinema americano, la parte più nascosta e la più specifica del gusto europeo.

JJacques Lourcelles, Dictionnaire du Cinéma, Les Films, Editions Robert Laffont, Paris 1992

 

Il primo grande film di Billy Wilder, Double Indemnity, La fiamma del peccato, è già uno “spartiacque” nella storia del cinema americano del secondo dopoguerra, e, nello stesso tempo, costituisce una sorta di “manifesto” o di condensato delle tendenze dominanti nella produzione wilderiana degli anni ’40 e ’50. In quanto “spartiacque”, La fiamma del peccato si presenta come la raccolta e la conclusione dei motivi e degli stilemi che hanno caratterizzato la prima fase della dominanza storica di un filone nel cinema americano di quegli anni, il film noir, i cui “estremi anagrafici” sono il 1941 e il 1953. [...] La fiamma del peccato appare come una anticipazione delle tematiche più care al regista viennese: la mistura tra amore e denaro, la confusione tra truffa e potere, il fascino della corruzione e dell’inganno come ingredienti della vita quotidiana, l’inevitabile disfatta dell’intelligenza alle prese con l’apparato sociale dominato dalla forza di una legalità vincente per consenso generale (e per una sorta di meccanismo interno autostabilizzante che impedisce sconvolgimenti sociali e morali, trapassi di valori, capovolgimenti di dominanti sociali pubblicamente riconosciute e sostenute). Nello stesso tempo, però, affiora tutto un mondo sotterraneo della notte e dell’ombra, un risvolto inquietante della morale comune e della legalità e della rispettabilità, che attrae in un vortice irresistibile i protagonisti del rischio, gli eroi negativi di molti film wilderiani. Per di più La fiamma del peccato è anche il film in cui la mano del regista si fa sentire con la forza di uno stile personale tagliente e in cui l’apparato cinematografico viene impiegato come “macchina linguistica” e come luogo produttivo di una spettacolarità che non cela e non cancella i propri mezzi e le proprie procedure. La fiamma del peccato si costruisce su una confessione, la confessione di un tradimento, il tradimento dell’assicuratore Walter Neff ai danni della Compagnia per la quale lavora, ma soprattutto il tradimento del suo collega e amico Barton Keyes, imbattibile investigatore. Il tradimento acquista anche il sapore di una infrazione alle regole sociali dell’amicizia e della fiducia, assume l’aspetto di una effrazione compiuta ai danni del sentimento dell’amico. Infrazione ed effrazione “necessarie” in un certo senso perché Walter Neff possa sottrarsi al dominio della figura paterna e, nello stesso tempo, tentare l’avventura del sesso e della truffa: una mistura esplosiva che si rivolta alla fine contro di lui, dal momento che fino all’ultimo istante, fino al momento in cui Phyllis Dietrichson non gli spara, egli è stato a sua volta ingannato dalla sua complice e amante.

MMaurizio Grande, Billy Wilder, Moizzi editore, 1978


 


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