in collaborazione con:
CINEMA SOCIALE – S.O.M.S. Società Operaia di Mutuo Soccorso Omegna
PIEMONTE AL CINEMA – IL CINEMA DIFFUSO
Promosso da Regione Piemonte, AIACE, AGIS
Giovedì 12 febbraio 2009 – Scheda n. 16 (774)
REC
Regia: Jaume Balagueró, Paco
Plaza.
Titolo originale: Rec.
Sceneggiatura: Jaume
Balagueró, Paco Plaza, Luiso Berdejo.
Fotografia: Pablo Rosso. Montaggio: David Gallart. Musica: Carlos Ann.
Interpreti: Manuela Velasco (Ángela), Ferran Terraza,
(Manu),
Jorge Serrano (Sergio), Pablo Rosso (Marcos),
David Vert (Álex), Carlos Vicente (Guillem),
Martha Carbonell (signora Izquierdo), María
Teresa Ortega (nonna),
Manuel Bronchud (nonno), Vicente Gil
(poliziotto).
Produzione: Julio Fernandez, Carlos Fernandez, Alberto Marini per
Filmax.
Distribuzione: Mediafilm. Durata:
85’. Origine: Spagna, 2007.
Jaume Balagueró & Paco Plaza
Una coppia di registi spagnoli, entrambi astri
più che emergenti del genere fantastico+thriller+horror. Jaume Balagueró
(Leida, 1968) diventa famoso già con il suo primo film, Entità nascosta
(1999) e la fama aumenta (sempre nel circolo degli appassionati) con Darkness
(2002). Terzo film: Fragile (2005), presentato a Venezia, così come
vengono visti alla Mostra lagunare Para entrar a vivir (2006) e questo REC.
Paco Plaza (Valencia, 1973) esordisce con El segundo nombre (2002),
premiato con il Méliès d’argento a Sitges che è il massimo festival mondiale
del cinema fantastico. I delitti della luna piena (2003) è il suo
secondo film. Il terzo è Cuento de Navidad (Racconto di Natale, 2006) e
fa parte della serie Películas para no dormir, serie nella quale è compreso anche REC.
Questo l’avvertimento dato dai registi allo
spettatore: «Vorrai chiudere gli occhi. Fermare quello che sta succedendo. Ma
non puoi. Perché ne sei parte. Corri... Scappa... Sopravvivi... Ma non smettere
mai di registrare...». Sentiamo ancora i registi: «Abbiamo discusso molto sui
meccanismi della paura, quello che funziona e quello che non funziona, quello
che piace e quello che non piace. Improvvisamente ci è venuto in mente di
adattare il genere horror alla narrativa televisiva: una storia di orrore
raccontata in diretta e in tempo reale, partendo da una prospettiva di una sola
telecamera immersa nell’azione, come se si trattasse di un falso reportage.
Questa tecnica permette allo spettatore di vivere la paura in una forma più
diretta, come se facesse parte del film... Anche noi proviamo paura. Ci fanno
paura cose molto quotidiane e reali. Una delle cose che più ci atterrisce è la
violenza. Soprattutto la violenza fuori contesto. Un litigio in un bar la
mattina, qualcuno che protesta perché il caffè è freddo e fa salire il tono... REC
è stata un’esperienza totalmente diversa. In questo film si trattava di
realizzare il falso reportage che la giornalista ed il suo assistente dovevano
fare, disegnare la falsa realtà nella quale i protagonisti sarebbero stati
immersi... Una delle maggiori difficoltà del progetto è stata conservare l’apparenza
realista e diretta, ma senza rinunciare alla narrazione e all’aspetto visivo
del film. Il linguaggio è quello della televisione, del reportage, è quello che
richiedeva la storia che stavamo raccontando, il modo in cui la volevamo
raccontare... Più che una critica alla tv spazzatura e ai reality show credo
che si tratti di un film di riflessione sul mezzo televisivo, su come la tv
fagocita e reinventa la realtà, sui suoi limiti etici e morali. E tutto questo
inserito in una esperienza del terrore totale, fatta per intrattenere...».
La critica
Gli zombi del 2000? I media. Prima fra tutti la
televisione che cannibalizza la realtà, la manipola, la rende finzione e
viceversa, come un virus che si diffonde incontrastato, come un incubo senza
fine. Un vero film horror, insomma. È REC, infatti, la prima sorpresa
‘da paura’ che ieri ha inaugurato fuori concorso la sezione Venezia notte,
ospitando questo horror spagnolo firmato in coppia da due giovani autori culto
per gli appassionati del genere: Jaume Balaguerò, già noto al pubblico della
Mostra per i precedenti Fragile e Para entrar a vivir, e Paco
Plaza anche lui molto amato e premiato in patria. Giocato da subito sull’ambiguità
tra realtà e finzione, REC, dall’inglese ‘record’, registrare, ci
immerge subito in una notte, nel cuore di Barcellona, al seguito di una troupe televisiva
impegnata a seguire ‘dal vero’ il lavoro di una squadra di pompieri. Angela, la
giovane e scatenata conduttrice (Manuela Velasco, volto celebre di tanti
reality spagnoli) è lì che si dimena per trovare qualcosa di interessante da
filmare, comunque. Le interviste ai pompieri di turno, la cena nella mensa, le
riprese della caserma, le banalità e il nulla a cui tanta tv del genere ci ha
abituati. Poi suona ‘finalmente’ l’allarme e la squadra dei pompieri entra in
azione: una donna è rimasta intrappolata nel suo appartamento. Via, allora, per
le strade della città a sirene spiegate con la telecamera forsennatamente
accesa, a registrare costantemente. Anche quando all’arrivo nel vecchio palazzo
si capisce subito che c’è qualcosa di molto più grave. La donna intrappolata
aggredisce e morde un poliziotto e da lì comincia l’incubo. Tra reminiscenze
alla Romero ed esplicite citazioni dai suoi ‘morti viventi’ è tutto un
susseguirsi di cadaveri che si rianimano, zombi che cannibalizzano gli
inquilini e poliziotti che arrivano ad isolare l’intero palazzo ‘appestato’ da
un misterioso virus. Mentre la telecamera ‘registra’, appestata anche lei,
cannibale tra i cannibali, intenta a fagocitare immagini, a costo della vita
dello stesso operatore. In uscita a novembre nelle sale italiane REC è
nato, raccontano i suoi autori, non espressamente come film politico o di
denuncia: «A noi interessava girare un horror, ma poi andando avanti ci siamo
accorti che certi temi venivano fuori». L’informazione che manipola la realtà,
per esempio. «Basta accendere la tv per rendersi conto dei conflitti etici e
morali legati all’informazione che può divorare la realtà. Ecco, REC è
nato per esorcizzare i fantasmi e le paure della società contemporanea». E pure
tanta tv ‘da paura’.
GGabriella
Gallozzi, L’Unità, 30 agosto 2007
È stato definito ‘il film che non ti aspetti’. E in
effetti, nel suo piccolo, lo è. Da tempo il cinema horror non riusciva più a
colpire proprio sul terreno che gli dovrebbe essere più congeniale, quello
della paura. O perlomeno di una certa tensione, per non dire del recupero di
quella funzione ‘perturbante’ che per molto tempo aveva contribuito a costruire
nell’ambito del sistema dei generi. Un film che non ti aspetti anche scorrendo
il curriculum dei due registi, Jaume Balagueró e Paco Plaza. Il primo, per
restare agli ultimi titoli dei due, autore di Fragile, un horror
ospedaliero con fantasmi inclusi, e il secondo autore di I delitti della
luna piena, un thriller sul tema della licantropia, pellicole che, pur
restando una spanna sopra la routine, non avevano particolarmente impressionato
per originalità. In questo REC, invece, è come se i due autori avessero
voluto ribaltare le conclusioni estetiche cui erano pervenuti con i loro ultimi
lavori: niente sovrastruttura ma una storia secca, concitata, agghiacciante
almeno fin quando la tensione riesce ad essere mantenuta alta. Anche a livello
linguistico ci sembra che la pellicola colga nel segno: quello, cioè, di
sposare il punto di vista della telecamera del cameraman della televisione,
protagonista del film, facendolo coincidere con quello della macchina da presa
e quindi, per traslazione, con l’occhio dello spettatore che si sente coinvolto
in prima persona nell’azione. Non è certo un’operazione nuova, il recente Cloverfield
adotta almeno in parte lo stesso procedimento, così come se ne era servito a
suo tempo un film come The Blair Witch Project. Ma i due autori spagnoli
hanno il pregio di utilizzare questo espediente non solo per stigmatizzare l’universo
televisivo dei cosiddetti reality show ma, attraverso quello, di ragionare sui
meccanismi della visione e dello sguardo. Non solo quindi un film di critica a
un certo tipo di televisione verità che, pur di aumentare l’audience, arriva a
filmare la morte in diretta, ma un’analisi dei meccanismi che, dato il tema del
film potremmo definire ‘infettivi’, con cui quel certo tipo di morbosità
cine-televisiva ha ormai contaminato la nostra visione. Non ultimo, come
dicevamo, è finalmente un horror che fa veramente paura, che gioca, quasi
sempre riuscendoci, sulla sorpresa e non esclusivamente sull’effettaccio, che
prende lo spettatore in un meccanismo infernale e non lo molla fino alla fine.
AAndrea
Frambrosi, L’Eco di Bergamo, 7 marzo 2008
Jaume Balagueró, nome di punta del nuovo horror
spagnolo, regista di Nameless, Darkness e Fragile,
sembrava ormai un pacco ai più. È allora una sorpresa scoprire in REC
una prova di talento, forse debitrice al coautore Paco Plaza. Il film riprende,
prima e meglio di Cloverfield, lo stile finto documentario di The
Blair Witch Project e racconta il dilagare di un’epidemia alla 28 giorni
dopo in una palazzina di Barcellona. Nell’edificio, chiusi da un cordone
sanitario d’isolamento, si trovano, oltre agli inquilini, una squadra di
pompieri, un poliziotto, una giornalista e un cameraman, artefice di tutte le
riprese del film. Non manca la critica sociale, con i condomini razzisti pronti
ad accusarsi l’un l’altro, alle istituzioni, brutali nella quarantena e ottuse
nella figura del poliziotto, e ai media stessi: la reporter ottiene lo scoop
che voleva… REC sta sotto i 90 minuti, il tratteggio dei caratteri è
sintetico, ma sufficientemente incisivo, e le impennate di orrore, al principio
improvvise, tendono a un crescendo claustrofobico. Forse si poteva fare a meno
di una spiegazione finale, ma il sapore anticlericale e la chiusura spietata
fanno perdonare l’unico momento un poco didascalico di un film davvero
concitato e angosciante.
AAndrea Fornasiero, Film TV, marzo 2007
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