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Stella - Scheda del film

 

in collaborazione con:

 

CINEMA SOCIALE – S.O.M.S. Società Operaia di Mutuo Soccorso Omegna

PIEMONTE AL CINEMA – IL CINEMA DIFFUSO
Promosso da Regione Piemonte, AIACE, AGIS

 


Giovedì 19 novembre 2009 – Scheda n. 1 (791)

 

 

 

Stella

 

 

 

Titolo originale: Stella.

 

 

Regia e sceneggiatura: Sylvie Verheyde.

 

 

Fotografia: Nicolas Gaurin. Montaggio: Christel Dewynter.

Scenografia: Thomas Grézaud. Musica: NousDeux the Band.

Interpreti:  Léora Barbara (Stella), Karole Rocher (madre di Stella),

Benjamin Biolay (padre di Stella), Melissa Rodriguès (Gladys),

Laëtitia Guerard (Geneviève), Guillaume Depardieu (Alain-Bernard),

Johan Libéreau (Loïc), Jeannick Gravelines (Bubu),

Thierry Neuvic (Yvon), Valérie Stroh (Signora Tillier Dumas).

Produzione: Les Films du Veyrier. Distribuzione: Sacher.

Durata: 102’. Origine: Francia, 2008.

 

 

 

Sylvie Verheyde

 

Dopo aver studiato geografia e disegno, Sylvie Verheyde comincia a girare cortometraggi, Entre chien et loups e La Maison Verte, notati ai festival di Clermont Ferrand e Nancy. Scrive la sceneggiatura del suo primo film e lo dirige, Un frére (1997) che vince un premio a Cannes. Secondo film nel 2000, Princesses. Poi Sang froid nel 2007 e infine questo Stella che viene presentato a Venezia dove vince molti premi tra gli osanna della critica. Giovane talento del cinema francese, Sylvie Verheyde lavora sul mondo popolare che sa descrivere con intima partecipazione. Sentiamo qualche sua dichiarazione: «La storia di Stella è ispirata ai miei ricordi d'infanzia e in particolar modo al mio primo anno alle scuole medie, nel 1977. Era da tempo che volevo fare un film che parlasse di questo, ma ho iniziato a scrivere il soggetto solo 4 anni fa, quando mio figlio iniziava le scuole medie. Era un momento di grande fermento e discussioni: sull'autorità, sul velo, sulla scuola come strumento di crescita sociale etc. Mi sono trovata a riflettere sulla mia propria visione della scuola, di quella media in particolare. Scuola alla quale io mi sono aggrappata, nonostante i numerosi spostamenti dei miei genitori. È stata il mio unico punto di riferimento, la mia àncora durante l'adolescenza. Volevo parlare dell'opportunità che mi era stata data... Come Stella io sono cresciuta in un caffè frequentato dalla classe operaia, un ambiente difficile, violento, molto lontano dal mondo dell'infanzia.. Come lei sono stata catapultata in una famosa scuola parigina. E come lei ci sono arrivata da sola, con solo il mio pallone da calcio sotto braccio. Come lei ho sputato ad un ragazzino sul campo da gioco e mi sono ritrovata un occhio nero il primo giorno di scuola!... Volevo andare oltre il punto di vista "giornalistico" e addentrarmi nel regno del romanzesco, il tutto dal punto di vista di una ragazzina. Cercavo un'eroina. Ho visto Léora, la ragazzina che fa la parte di Stella, durante la prima settimana di casting. È arrivata determinata, fragile e misteriosa. Non aveva mai fatto un film. Mi sono fidata di lei. Sul set non parlavamo molto. Le ho dato davvero poche indicazioni. Ci capivamo. Ha messo tutta se stessa in questo lavoro, cosa che era necessaria, e talvolta le riprese non sono state facili. Mi ha aiutata molto e più giravamo, più la storia di Stella diventava la sua... Avevo paura che mi sarei annoiata nella parte dedicata alla scuola, così ho scelto di lavorare con attori che fossero capaci di sorprendermi. Alcuni erano non professionisti, un vero insegnante, una vera preside....non volevo fare errori. In fondo Stella si sente fuori posto a scuola così come nel caffè. Quello che è certo è che lei non possiede i codici per accedere al mondo della scuola. Per molto tempo ho cercato di capire come mostrare la sua mancanza di cultura. Mi sembra che la riflessione sui campi di sterminio dica tutto ciò che serve. Il caffè, per quanto sia casa sua, non è esattamente il posto adatto ad una ragazzina. È un luogo dove non c'è posto per essere bambini. Fino al punto in cui, a volte, i ruoli s'invertono. Come quando Stella torna da scuola e trova gli adulti nel bel mezzo di una battaglia di gavettoni. O quando va dalla nonna, al Nord. Anche se passa da sempre tutte le sue estati là, anche se là c'è la sua unica amica, Stella non riesce comunque ad essere integrata. È la "parigina". Così come a scuola è la ragazza povera, nel Nord è la ragazza ricca. Poco a poco Stella trova il suo posto, quando qualcuno comincia ad ascoltarla: Gladys. Con Gladys Stella trova un altro mondo, che finalmente non è così lontano da casa. Un mondo al quale prima non aveva accesso, che nemmeno immaginava potesse esistere. E, soprattutto, scopre parole nuove. Le parole che mancavano. Prime fra tutte le parole di altri: la letteratura, immagini bellissime che aiutano a vivere, parole che esprimono sentimenti. E poi, poco a poco, le sue parole».

 

La critica

 

Stella ha undici anni, la pelliccetta finta sul collo della giacca, è cresciuta nel bar di mamma e papà, in mezzo agli adulti loro amici, musica e alcol 'a rischio di cirrosi' fino a notte fonda, quando si tira giù la saracinesca e si balla. La madre adora i colori vistosi, è lei a fare tutto mentre il padre, 'un po' bugiardo, un po' seduttore' (è pur sempre Benjamin Biolay, la star della canzone francese) è lì a farsi bello coi clienti. Stella sa tutto di carte e di calcio ma non sa nulla dei classici francesi, e tra le nuove compagne di scuola dello snobissimo liceo parigino, quella pelliccetta scatena risatine imbarazzate. Siamo nel 1977, la ragazzina scrive male, studia poco, è la proletaria tra le molto perbene che vanno a dormire alle otto di sera e non guardano la televisione. Ma come insegna Peter Whitehead, geniale cineasta della controcultura inglese (e unico proletario da ragazzo in una scuola di nobili), è sveglia, carina, abbastanza ironica per guardare quel mondo dietro la facciata, e conquistarlo. Professori compresi, pure quelli più ottusi, che sostengono la scuola di classe. Stella, terzo film di Sylvie Verheyde, è un racconto quasi classico di formazione, che narra con semplicità e anche qualche difetto (ma averceli film così nel cinema nazionale) l'adolescenza sul confine dell'infanzia, la scoperta di orizzonti anche aspri, nei quali lo scintillio dei sogni di bimbi sembra perdere di luce. Parla di amicizia e di amore, di tenerezza e di complicità, del dolore che arriva quando una persona cara ti tradisce - c'è una scena in cui uno dei tanti avventori del bar con cui Stella è cresciuta tenta di violentarla. E del trauma che comporta entrare in una realtà sconosciuta. Non è mai una materia facile, quella dei sentimenti, e diviene ancor più sfuggente quando si tratta di adolescenti, col rischio del luogo comune, del catalogo abusato di stereotipi, frasi fatte, letture prevedibili, imposte dalla lente degli adulti. Si è parlato per Stella di Truffaut e dei suoi Quattrocento colpi, senz'altro vale per la delicatezza con cui la regista si avvicina ai suoi personaggi, a cominciare dalla protagonista, la magnifica Léora Barbara, sguardo incantato e grinta. C'è però qui un diverso mettersi in gioco, qualcosa di personale che entra nel film e lo rende 'vero' anche nei suoi toni quasi fiabeschi. Sylvie Verheyde ci ha mescolato un po' della sua biografia di ragazza cresciuta in provincia catapultata a Parigi, e al film ha pensato osservando suo figlio, oggi undicenne come Stella, cresciuto invece nella capitale francese. E c'è una dimensione tutta femminile, specie nel raccontare il legame tra Stella e la sua compagna di classe-amica del cuore, figlia di una borghesia intellettuale che le fa scoprire libri, con cui diventa più forte e meglio attrezzata alla vita, anche alle brutte sorprese, agli smarrimenti, alle battaglie di ogni giorno. Leggere Cocteau ha lo stesso gusto che inventarsi un look più personale e carino. O ballare alle feste i lenti con 'Ti amo' di Umberto Tozzi. Stella, infatti, è anche un film sulla scuola come luogo di scontri e al tempo stesso di importanti scoperte, specie se si ha la fortuna di incontrare docenti come la bella professoressa di Storia nel film. Necessario per crescere perché permette la dimensione collettiva del confronto. In Italia la commissione censura presieduta da Maria Pia Baccari ha vietato Stella ai minori di 14 anni – esce per la Sacher film di Nanni Moretti. Uno scandalo e una scelta incomprensibile (in Francia non ha divieti) se non nell'ottica del sempre più avvilito paesaggio mentale di questo paese. O forse è dire che la cultura rende più forti a irritare i censori?

CCristina Piccinno, Il Manifesto, 5 dicembre 2008

 

Sapessi com'è strano essere l'unica ragazzina povera (e un po' sbandata) in una scuola dei quartieri-bene di Parigi, a metà degli anni 70. Stella non è solo il titolo del delicato film di Sylvie Verheyde: è il nome della piccola protagonista, cresciuta in un bar gestito da mamma e papà (non proprio genitori modello) e assai poco propensa a dedicarsi agli studi. È il caso che ha deciso la sua destinazione scolastica, non certo una scelta educativa. E infatti, il primo trimestre è un disastro: nessun progresso, matematica, francese e inglese da far paura, solo qualche spiraglio in disegno e storia. E i compagni? Tutti con la puzza al naso, tranne la vicina di banco, diligente e piena di umanità. Un'altra classe, rispetto a quella contemporanea descritta da Cantet nell'altro bel film d'ambiente scolastico di provenienza francese: una classe in cui, a costo di piccole-grandi sofferenze, si cambia pelle, abituandosi alla vita.

LLuigi Paini, Il Sole 24Ore, 14 dicembre 2008

 

 

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