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Giovedì 4 febbraio 2010 – Scheda n. 15 (800)
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The Reader
Titolo originale: The Reader.
Regia: Stephen Daldry.
Sceneggiatura: David Hare. Fotografia: Roger Deakins, Chris Menges.
Montaggio: Claire Simpson. Musica: Nico Muhly.
Interpreti: Kate Winslet (Hanna Schmitz), Ralph Fiennes (Michael Berg adulto),
David Kross (Michael Berg ragazzo), Lena Olin (madre di Rose/madre di Ilana),
Bruno Ganz (professor Rohl).
Produzione: Mirage Enterprises. Distribuzione: 01 Distribution.
Durata: 123’. Origine: Usa, Germania, 2009.
Stephen Daldry
Stephen Daldry nasce nel Dorset, in Inghilterra, il 2 maggio del 1961. Studia Arte Drammatica alla Sheffield University. A soli 32 anni diventa direttore artistico del Royal Court Teather di Londra, ruolo abbandonato solo poco tempo fa. Comincia la carriera di regista teatrale e molti lo definiscono il nuovo maestro del teatro inglese. Passa al cinema: del 1999 è il primo corto, Eight. Poi ha molta fortuna con il primo lungo, Billy Elliot, e anche con il secondo, The Hours (2003), dal romanzo di Michael Cunningham. The Reader è il suo terzo lavoro.
La critica
Un bel film, con Kate Winslet meravigliosa protagonista, su sesso, segreti, storia e l'ignoranza come origine dell'errore. Ideato da Anthony Minghella e Sydney Pollack morti durante il lavoro, tratto dal romanzo 'A voce alta' del tedesco Bernhard Schlink tradotto in 40 lingue e pubblicato in Italia da Garzanti, sceneggiato da David Hare, The Reader ('Il lettore') comincia in Germania subito dopo la II Guerra Mondiale, con una travolgente passione carnale. Diventano amanti (voraci, appassionati, mai sazi) una donna matura e un ragazzo sedicenne, il cui legame si fa anche più stretto quando lui si accorge di quanto a lei piaccia sentirlo leggere ad alta voce: le legge l' 'Odissea', 'La signora col cagnolino' di Cechov, 'Le avventure di Huckleberry Finn' di Twain. Poi lei scompare repentinamente, senza una parola. Il ragazzo la rivede qualche anno dopo. Studente universitario di legge, viene portato con altri dal professor Ganz ad assistere a un processo per crimini nazisti: è un processo ispirato a quelli di Francoforte (1963-1965) in cui venivano giudicati impiegati di livello mediobasso dei lager di Auschwitz-Birkenau. E la donna è lì, imputata in un gruppo di kapò. Risponde con naturale atonia alle domande dei magistrati: sì, cercava lavoro, ha sentito che c'erano posti da sorvegliante... sì, per forza una parte delle prigioniere doveva essere accompagnata a morire altrimenti non ci sarebbe stato posto per le nuove arrivate... Sarà molto più penoso per lei confessare la colpa che ritiene più grave: non sa leggere né scrivere, è analfabeta. Una parte finale confusa e triste completa il film molto interessante, che ha suscitato le solite polemiche a vanvera delle associazioni ebraiche americane, secondo le quali chiunque abbia avuto a che fare con i nazisti è un mostro. Ma il film imputa questa colpa anche all'ignoranza, all'inconsapevolezza, alla mancanza di informazione su quanto è avvenuto e avviene intorno a sé, senza mostrare alcuna indulgenza verso la protagonista. Il film è bello e Kate Winslet non potrebbe essere più brava: The Reader, insieme con Revolutionary Road, ne fanno l'attrice dell'anno, degna di tutti gli Oscar possibili.
LLietta Tornabuoni, La Stampa, 20 febbraio 2009
Si chiude con l'accenno di una voce narrante, The Reader. Un giorno del 1996, ormai cinquantenne, Michael Berg inizia a raccontare alla figlia quello che mai ha raccontato, neppure a se stesso: i suoi amori con Hanna Schmitz, nella Berlino Est del 1958. Allora Hanna aveva 36 anni e lui 14. Più tardi, nel 1966, l'aveva rivista in un'aula di tribunale, accusata con altre 5 ex SS d'aver fatto morire 300 donne ebree in una chiesa in fiamme, nel 1945. Tutto questo ora Michael si decide a narrare alla figlia, avviandosi verso un piccolo bosco in cui era stato con Hanna, 38 anni prima. È un film complesso e profondo, questo di Stephen Daldry. Lo è per merito dell'interpretazione di Kate Winslet, oltre che della sceneggiatura che David Hare ha tratto dal romanzo 'Der Vorleser', di Bernhard Schlink. Hanna non è solo quel che appare: è insieme molto peggio e molto meglio. Ma il suo peggio non può essere ridotto allo stereotipo del mostro, così come il suo meglio non ne fa una sorta di eroina, per quanto in ritardo. Inutilmente si cercherebbe in lei giovane un odio capace di spiegarne o almeno di 'descriverne' i comportamenti criminali. D'altra parte, ancor più inutilmente si cercherebbero in lei vecchia i segni d'un pentimento per così dire salvifico. Che mi penta o che non mi penta - così dice verso la fine del film, vinta dagli anni di galera -, i morti restano morti. Nella prima parte di The Reader – quella della passione con il quattordicenne che si ostina a non chiamare Michael, ma solo ragazzo -, Hanna è tanto fredda e distante, e meglio ancora è tanto 'opaca', che ben poco lascia indovinare di sé. Appare stranamente rigida, questo sì. Lo è nella sua divisa da tranviere, ma lo è anche nel suo comportamento con Michael. La sua passione, per usare un termine eccessivo, non va mai oltre il letto, e mai diventa apertura e curiosità verso la vita del suo amante, verso le storie di cui s'intesse la sua vita. E quando Michael le domanda se un suo ritardo a un appuntamento l'abbia fatta soffrire, lei gli risponde che lui non ne ha il potere. Tu per me non conti abbastanza, per influire su quello che provo e sento: così gli dice, su per giù. Da questa chiusura in se stessa, da queste mura psicologiche che la separano da ogni affettività, Hanna esce solo quando il 'ragazzo' le legge un libro. Allora, presa dalla libertà e dalla dolcezza dello scorrere narrativo, sembra finalmente capace di provare e sentire. Alla sua opacità, di nuovo, la sceneggiatura la riporta durante il processo. Ma ora si tratta di un'opacità che non impedisce tanto il nostro sguardo, quanto il suo. Non capisce quello che le capita, l'ex SS. Non capisce dove stia la gravità dei suoi comportamenti durante la guerra. Come Adolf Eichmann - e con il suo stesso stupore cieco, documentato anche da Eyal Sivan in Uno specialista (1999) -, Hanna banalizza i propri crimini. Alla fine, quello fra le SS è stato solo un lavoro, paragonabile al suo precedente, presso le industrie Siemens. Quanto al liberare le donne dalla chiesa in fiamme, avrebbe portato solo 'disordine'. Oltre che stupita, Hanna è anche stupida. Cioè, è insensibile, incapace di vedere e sentire. Alla sua rigidità verso l'esterno,verso le storie degli altri, in lei s'accompagna una rigidità almeno uguale verso l'interno, verso la sua propria storia. Per questo, appunto, è peggio di quello che sembra. Quanto a Michael, il suo antico amante potrebbe evitarle l'ergastolo. Per farlo, dovrebbe rivelare ai giudici qualcosa di cui, per vergogna, lei stessa tace. Dunque, anche Michael tace. E da allora anche la sua anima s'irrigidisce, come se fosse diventata incapace di provare e sentire, anch'essa. D'altra parte, aiutata dai nastri registrati che Michael le manda in carcere, Hanna torna ad ascoltare romanzi e storie. Pian piano, il loro scorrere apre in lei qualcosa che somiglia alla curiosità verso la molteplicità del mondo, verso l'intrecciarsi delle sue mille e una storia. Non è più del tutto prigioniera del totalitarismo narrativo (del nazismo, come di ogni altra prospettiva assolutistica, ideologica o religiosa), e dunque inizia a vedere e sentire la propria storia, con tutto il suo orrore. Ma appunto sa che non c'è pentimento salvifico in questa nuova capacità di aprirsi al mondo. In ogni caso, i morti restano morti, e la colpa resta colpa. Ed è solo per questa tragica consapevolezza che, alla fine, Hanna riesce a essere meglio di quel è. Chi si 'salva', invece, è Michael. Lo fa scegliendo la dolce libertà interiore di raccontare, e di raccontarsi.
RRoberto Escobar, Il Sole 24Ore, 1 marzo 2009
(…) Trasmissione e interruzione dunque. Il film di Daldry include nella lettura le forme differenti dell'unione e della perdita. Rende l'accanimento sulle pagine scritte e l'ascolto della voce mezzo di conoscenza e rivelazione della (in)esperienza del mondo, oltre che recupero della comunicazione e speranza di contatto nel vuoto (o reclusione) della solitudine, dono inaspettato che ribalta i ruoli in età adulta, diventando strumento di insegnamento durante la scarcerazione dall'analfabetismo. Ultimo desiderio infine, con i libri usati da Michael per riappropriarsi del ricordo della separazione o eretti da Hanna come blocco compatto che consente la salita sul patibolo e come altare della morte. Tuttavia, quando The Reader passa dal 'noi' agli 'altri', dalla chiusura e attualità della relazione all'intervento della memoria e alla crescita, i silenzi che prima si ammassavano nella segretezza degli incontri e nell'esclusione dei trascorsi personali - mutano in rottura dell'empatia manifestatasi con la lettura, in stato opprimente di un tormento. Nel meditare sul ritorno del passato prende corpo una riflessione sulla condizione di colpevolezza, all'interno del vissuto individuale e degli avvenimenti collettivi, accennando al significato del confronto definitivo con il proprio dovere. Condannata ad addossarsi gli errori storici di sottomissione al mandato durante le stragi naziste e a non poter evitare di essere causa di cordoglio, Hanna costringe Michael a prendersi cura degli affanni comuni, consapevole di accostarsi all'assurdità o alla difficoltà del perdono.
IIvan Moliterni, Duellanti, marzo 2009
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