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La zona - Scheda del film

 

in collaborazione con:

 

CINEMA SOCIALE – S.O.M.S. Società Operaia di Mutuo Soccorso Omegna

PIEMONTE AL CINEMA – IL CINEMA DIFFUSO
Promosso da Regione Piemonte, AIACE, AGIS



Giovedì 1 aprile 2010 – Scheda n. 23 (808)

 

 

 

 

La zona

 

Titolo originale: La Zona

 

Regia: Rodrigo Plà

 

 Sceneggiatura: Laura Santullo. Fotografia: Emiliano Villanueva.

Montaggio: Bernat Vilaplana, Ana García. Scenografia: Antonio Muñohierro.

Musica: Fernando Velázquez.

Interpreti: Daniel Giménez Cacho (Daniel), Maribel Verdú (Mariana),

Carlos Bardem (Gerardo), Daniel Tovar (Alejandro),

Alan Chávez (Miguel), Mario Saragoza (comandante Rigoberto), Marina de Tavira (Andrea).

 Produzione: Morena Films. Distribuzione: Sacher.

Durata: 95’. Origine: Messico, 2007.

 

 

 

Rodrigo Plà

 

Nato a Montevideo nel 1968, uruguaiano di nascita ma messicano di adozione, Rodrigo Plà ha studiato cinema a Città del Messico. Ha esordito nella regia con il corto Moira, nel 1988, seguito da Novia mia e El ojo en la nuca, premiati in numerosi festival. Questo primo lungo, La Zona, è stato presentato alla Mostra di Venezia. Così ha scritto Plà sul suo film: «La Zona tenta di lanciare un avvertimento su come le cose si stiano evolvendo, di mettere il pubblico in guardia da un modello di vita che si sta avvicinando sempre di più. Circondandosi di alte mura i residenti della Zona impediscono agli altri di entrare, senza rendersi conto che quelle mura sono il simbolo della loro prigionia. Con la scusa di proteggere loro stessi rinunciano al diritto essenziale alla libertà, sacrificata in nome del circuito chiuso che li controlla tutti. Un prezzo da pagare troppo alto per una sicurezza che non può mai essere assoluta. Per quanto grande sia la fortezza, per quanto alte le mura, finché ci sarà una disuguaglianza fuori controllo, ci sarà sempre qualcuno disposto a scalare quel muro. La storia è vista attraverso lo sguardo di un ragazzo, Alejandro, che vive nella Zona e che si trova costretto a confrontarsi con un mondo più grande della vita artificiale e confortevole che ha sempre conosciuto. La catena violenta di eventi che si susseguono nella Zona e il rapporto che instaura con Miguel lo costringono a rimettere tutto in discussione. Osservando da vicino le motivazioni delle due opposte fazioni, Alejandro trova la propria etica personale e riconosce in mezzo al caos la propria visione della giustizia. La legge deve regolamentare la convivenza all’interno della società, anche chi sbaglia deve poter contare su una giustizia che decida della sua punizione. Mi è parso essenziale sfruttare l’uso delle telecamere a circuito chiuso per creare un’impressione di sorveglianza costante, per rafforzare un’atmosfera di paranoia, con i residenti che aspettano costantemente l’“attacco imminente”. Quella stessa paranoia li porta ad adottare un comportamento totalizzante, da branco, che “neutralizza” subito ogni azione contraria a quella della maggioranza. Attraverso la diversa qualità delle immagini sono riuscito a creare un modo per distinguere il “dentro” dal “fuori”, enfatizzando all’interno della Zona l’idea di un mondo idilliaco, pulito, così perfetto da sembrare una scenografia, falsa ed ipocrita. Mi interessava scavare a fondo in quello che succede dentro ad universi chiusi, governati dal terrore, che finiscono per inventarsi regole a proprio uso e consumo, senza curarsi della legge che governa gli altri universi. Era mia intenzione fare in modo che la struttura del film funzionasse come un canto corale, una polifonia di voci e personaggi, un tutto organico che attraverso la propria incapacità di guardare fuori e riconoscere le proprie contraddizioni e i propri fallimenti, pianta il seme della sua autodistruzione».

 

 

La critica

 

La zona è il film d’esordio del regista uruguaiano Rodrigo Plà (messicano d’adozione), salutato con molti premi in tutto il mondo, ma scoperto dalle Giornate degli autori nell’ultima Venezia, lì incoronato con il Leone del futuro. Molti accolsero il film con vero entusiasmo, additandone l’originalità della storia e la bravura del regista. Eppure, a ber vedere, la storia è un vero classico della letteratura di fantascienza sociale. L’idea da cui muove questo thriller parte da uno spunto urbanistico: i complessi residenziali dentro il cuore delle megalopoli. Qui siamo in un’abnorme città del Messico, dove viene eretta, ai confini con una favela, un’isola «d’oro» per ricchi borghesi, controllata da video camere, muri recintati e guardie armate. La sicurezza vacilla quando in una notte di tregenda un’affissione pubblicitaria crolla sul muro di cinta, sberciandolo e permettendo a tre ragazzini di entrare dentro il villaggio. Due vengono seccati (dopo aver ucciso a loro volta una vecchietta) e un altro si rifugia. Inizia la caccia al ladro violenta e sanguinaria, operata dai condomini come atto di giustizia privata per evitare di perdere i «diritti» speciali del loro piccolo mondo.

Ora, chi ha buona frequentazione della letteratura di fantascienza sociale, avrà sicuramente riconosciuto l’immaginario di James Ballard. Lo scrittore inglese ha scritto una gran quantità di romanzi tesi proprio a speculare sul rapporto tra spazio urbano e psiche, definendo con grande efficacia lo stato di paranoia in cui si cade quando ci si fortifica e isola. Allora, La Zona diventa quasi un classico della letteratura ballardiana e racchiude in sé tutti i villaggi condominiali raccontati dal grande scrittore inglese: il Pangbourne Village di Un gioco da bambini (tutti gli adolescenti del condominio decidono di far fuori i genitori e sparire); il Chelsea Marina di Millenium People dove gli abitanti della middle class si rivoltano nel momento in cui le spese per mantenere le proprie prestigiose abitazioni subiscono un incremento che mette in forse la loro permanenza nell’enclave; l’Eden Olympia di Super-Cannes, complesso residenziale in Costa Azzurra dove lavorano migliaia di persone... fino a Condominium, grattacielo eretto in una zona residenziale di Londra dove gli abitanti subiscono una regressione primitiva. Rodrigo Plà forse avrebbe dovuto scrivere che la sua storia è liberamente tratta dall’immaginario urbanistico ballardiano, visto che la sua «Zona» ne è diretta espressione, una messa in scena accurata che ribadisce l’attuale, ma annosa, questione della sicurezza nelle città e la lotta di classe dei suoi abitanti.

DDario Zonta, L'Unità, 4 aprile 2008

 

Si può vivere dietro a un muro ignorando ciò che si svolge al di là? È questa la domanda che pone il film messicano-spagnolo La zona. Da un racconto della sceneggiatrice Laura Santullo, l'esordiente Rodrigo Plá inventa una zona residenziale circondata da un'alta muraglia con tanto di filo spinato in cima. Controllato giorno e notte da una centrale video, questo eden superprotetto si fonda su un regolamento condominiale che stabilisce l'autonomia dai poteri esterni: neppure la polizia può entrare senza un mandato; e in un accostamento paradossale, appena oltre i cancelli grida vendetta il più degradato dei quartieri suburbani. Volendo trovare qualcosa di simile in casa nostra il riferimento inevitabile è alla Padova dei muri, così chiamata dopo che nell'agosto 2006 fu eretto in via Anelli un muraglione in ferro lungo quasi cento metri come difesa da un nido sovraffollato di immigrati e gestito dalla malavita. Da allora altri più blandi baluardi (pannelli, reti metalliche, sbarre) sono sorti qua e là creando per la città una immeritata reputazione di segregazionismo razzista. A commento dei fatti Giuseppe D' Avanzo, convinto che i muri padovani sono solo un placebo per chi è angosciato dalla paura, ha scritto: «Un muro offre la possibilità di sentirsi al sicuro, di immaginarlo almeno. Tutto sommato, di autoingannarsi». Questa lucida analisi si applica perfettamente a La Zona, dove il fenomeno appare pantografato nelle dimensioni di una terrificante metafora forse ispirata dal Buñuel claustrofobico di L'angelo sterminatore. Accade che durante un temporale crolla un tabellone aprendo una breccia nella quale, approfittando del blackout, si infilano tre ragazzi di vita alla Pasolini. Anche la luce che si spegne, punteggiando le fasi più drammatiche del film, assume un significato metaforico alludendo agli spegnimenti delle coscienze. Nel tentativo di rapinare una villa, i tre ladruncoli in preda all'alcol ammazzano la proprietaria. Donde un convulso inseguimento in cui due dei malcapitati restano uccisi; e muore anche un sorvegliante, colpito per sbaglio da un residente. Si decide di non far entrare le forze dell'ordine e scatta l'omertà: in una riunione dei condomini in cui solo uno, subito guardato come un appestato, si dichiara contrario a far sparire i cadaveri nei cassonetti dell'immondizia e dichiarare che il guardiano è morto suicida o infartuato. Intanto l'adolescente Miguel, il più giovane e meno colpevole degli incursori, si è nascosto nella cantina di una villa dov'è scoperto dal coetaneo Alejandro, il figlio del proprietario, che decide di aiutarlo a eludere la caccia all'uomo scatenatasi nel frattempo. Sembra che la faccenda si avvii a un chiarimento con l'entrata in scena di un investigatore, ma (...). Poche volte si è visto un film di un pessimismo tanto radicale, in quanto tutti i personaggi hanno motivazioni buone o cattive per adottare comportamenti sempre più aberranti. Il mondo, insomma, è dominato dall'avidità e non esiste nessun santo al quale appellarsi. Benché il prezzo dello squilibrio sociale sia pagato soprattutto dai miserabili, neppure i privilegiati possono sottrarsi ai rischi nonostante i marchingegni predisposti a loro difesa. Premiato a Toronto e applaudito in altri festival, La Zona lancia con Rodrigo Plá una nuova promettente firma della regia e rappresenta un invito, per chi ama il cinema, a riscoprire che la Decima Musa non abita soltanto a Hollywood.

TTullio Kezich, Il Corriere della Sera, 4 aprile 2008

 

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