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Giovedì 3 novembre 2011 – Scheda n. 4 (843)
Tamara Drewe
Titolo originale: Tamara Drewe
Regia: Stephen Frears
Sceneggiatura: Moira Buffini,
dal romanzo a fumetti omonimo di Posy Simmonds
Fotografia: Ben Davis. Montaggio: Mick Audsley. Musica: Alexandre Desplat.
Interpreti: Gemma Arterton (Tamara Drewe),
Roger Allam (Nicholas Hardiment), Bill Camp (Glen McCreavy),
Dominic Cooper (Ben Sergeant), Luke Evans (Andy Cobb),
Tamsin Greig (Beth Hardiment), Jessica Barden (Jody Long),
Charlotte Christie (Casey Shaw), John Bett (Diggory),
Josie Taylor (Zoe), Bronagh Gallagher (Eustacia).
Produzione: Ruby Films, Notting Hill Films, BBC Films, UK Film Council.
Distribuzione: BIM.
Durata: 109’. Origine: Gran Bretagna, 2010.
Stephen Frears
I soci che frequentano assiduamente il Cineforum conoscono bene Stephen Frears (Leicester, 1941) e tanti dei suoi film, dai primi fino ai più recenti. Frears lascia gli studi in legge, passa al teatro e alla televisione, poi esordisce al cinema nel 1972 con Sequestro pericoloso, un film noir: il film non ha nessun successo tanto che il regista torna a lavorare in tv e solo nel 1979 firma un altro film, Bloody Kids, anche questo ben poco notato. Finalmente, la critica si accorge di lui nel 1984 quando realizza Vendetta e l’anno dopo arriva anche il successo di pubblico con My Beautiful Laundrette, storia di una relazione omosessuale e interrazziale sullo sfondo di una lavanderia a gettone della periferia londinese, tratto da un romanzo dello scrittore anglo-pakistano Hanif Kureishi. Con Kureishi Frears collabora ancora nel 1987 per Sammy e Rosie vanno a letto. Arrivano poi Prick Up - L’importanza di essere Joe (1987), Le relazioni pericolose (1988, girato negli Usa, tre Oscar), Rischiose abitudini (1990), Eroe per caso (1993), The Snapper (1993) e The Van (1996). Rivisita quindi la strana storia del Dr. Jekyll e Mr. Hyde in Mary Reilly (1996), cui seguono Hi-Lo Country (1998), Alta fedeltà (2000, dal romanzo di Nick Hornby), Liam (2000), Piccoli affari sporchi (2003), Lady Henderson presenta (2005), The Queen (2006) e Chéri (2009). Infine, ecco Tamara Drewe, presentato al Festival di Cannes.
Sentiamo Frears: «Mi sono innamorato del graphic novel, del romanzo a fumetti, di Posy Simmonds. Me l’ha spedito Christine Langan, direttrice creativa di BBC Films, dopo avermi detto per telefono: ‘Ho una cosa per te’. Ero in volo per New York, e ho aperto la busta sull’aereo. Non riuscivo a credere ai miei occhi. Era successa la stessa cosa con The Snapper. Resto a bocca aperta davanti a certe cose. Molto, molto bello! I disegni della Simmonds sono stati il punto di partenza. In pratica, avevo già pronto un vero e proprio storyboard. Spesso sul set mi capitava di fare qualcosa in un certo modo, poi guardavo il libro e pensavo: ‘No, meglio di così non posso fare. Questa vignetta parla già da sola, dice tutto quello che c’è da sapere’. Qualcuno prima di me aveva già concentrato tutto in una singola immagine. Magari è un’immagine complessa, ma dentro c’è tutto... Non ho accettato di fare il film finché non ho trovato gli attori. La cosa più importante era trovare la protagonista. L’attrice che avrebbe interpretato Tamara doveva essere supersexy, intelligente, un po’ confusa e un po’ furbetta. Doveva saper essere ironica ma anche conquistare la simpatia del pubblico. Gemma Aterton possiede tutte queste caratteristiche messe insieme. Quando l’ho incontrata, mi ha subito ricordato i disegni di Posy, perché è… be’, è così curvilinea, sembra quasi disegnata anche lei. Ed è estroversa e spiritosa. Ho pensato: ‘Eh sì, mi piacerebbe proprio starla a vedere per 90 minuti’... Tamara, il personaggio, e Gemma, l'attrice, sono due donne molto moderne in un contesto ridicolmente bucolico e antiquato. Ma non volevo sentirmi legato a riferimenti classici. Se giri un film nel Dorset, lo scrittore Thomas Hardy sempre lì, è una presenza ineludibile. E per molti versi il libro di Posy è una sorta di pastiche alla Hardy. Ma il film è un’altra cosa... Gli inglesi non fanno film sulla campagna inglese. In questo periodo mi piace definire questo film come una ‘commedia pastorale’. Be’, insomma, Sogno di una notte di mezz’estate è una commedia pastorale, ma non ce ne sono molte altre in giro. E se ci sono, sono commedie in costume. Non esistono film ambientati ai giorni nostri nella campagna inglese, come questo. Quindi ho capito subito che era una cosa completamente diversa. È più nella tradizione francese. Chabrol, per esempio, faceva film di questo tipo. Così, ora me ne vado in giro dicendo a tutti che ‘il Dorset è la nuova Provenza!’».
La critica
Tamara Drewe è un graphic novel (romanzo a fumetti) pubblicato inizialmente a puntate su «The Guardian» dal 2005 al 2006 e nel 2007 in volume (in Italia è edito da Nottetempo). È opera di una delle migliori autrici e disegnatrici britanniche, Posy Simmonds (classe 1945), che firma celebri “strisce” per «The Guardian» da oltre trent’anni e aveva già ottenuto un notevole successo col precedente graphic novel, Gemma Bovery (1999), pastiche di Madame Bovary. Anche Tamara Drewe nasce ispirandosi a un grande romanzo, Via dalla pazza folla (1874) di Thomas Hardy, da cui mutua con ironia alcuni motivi (il ruolo della natura e del paesaggio) e ne rovescia altri (la misoginia). Il segno della Simmonds è morbido ed essenziale e la sua scrittura attenta ai dettagli psicologici e animata da un umorismo tipicamente britannico che prende di mira le convenzioni e le ipocrisie della società borghese. (...) La dimensione corporale è un elemento essenziale della storia della Simmonds come del film. Le azioni derivano dagli umori e dalle pulsioni di corpi irrequieti, in assoluto contrasto con la natura pacificata che li attornia: dal corpo apollineo del giardiniere Ben, a quello statuario di Tamara, ai fisici goffi di Beth e Glen, a quello bolso, da ex bello, di Hardiment, a quello magro, nervoso e muscoloso della rockstar, a quelli acerbi e isterici delle due adolescenti Jody e Casey, le dinamiche del film passano attraverso un legame concreto e trasparente fra la storia del personaggio e la sua espressività fisica immediata. A cominciare dalla trasformazione subìta da un naso, quello grosso e sgraziato che madrenatura aveva dato a Tamara Drewe (quando era ancora una ragazza complessata e abitava a Ewedon) e che la chirurgia estetica ha reso armonioso, esaltando la regolarità degli altri lineamenti. La ragazza a suo tempo derisa e beffeggiata si è infatti trasformata in una conturbante intrusa che irretisce con la sua sola presenza la (repressa) popolazione maschile, un’eco parodica della Betseba Everdene di Via dalla pazza folla di Hardy, che sconvolge le esistenze di uomini affascinati da lei (ma anche, ovviamente, della famosa massima sul naso di Cleopatra). La sessualità di Tamara, prima della chirurgia estetica, era già irrequieta e, scandalizzando la morale del paesino, la ragazza la viveva con libertà spregiudicata (aveva perfino fatto delle avance a Hardiment). Ma a causa di quel naso, non era considerata un oggetto del desiderio. È un particolare che diventa la cartina di tornasole dei pregiudizi di un’umanità meschina (Hardiment) o insicura di sé (Ben). Ora, invece, il turbamento insinuatosi nella placida e stagnante quiete di Ewedon, è provocato dall’apparizione di un corpo statuario, di una donna dal viso perfetto che tutti conoscevano e che, dopo il “ritocco” chirurgico, nessuno riconosce più: Tamara vestita di maglietta e jeans corti e aderenti che con finto candore incontra le comari e gli uomini della casa degli Hardiment in un tranquillo pomeriggio. Quell’immagine non è innocente, ma è una provocazione consapevole e un’esca, quasi annunciata dall’intrusione, nel paese, di una giovane amante di Hardiment che, scoperta da Beth, origina un penoso e aspro litigio coniugale. Secondo la tradizione delle migliori commedie, infatti, Tamara Drewe è giocato sui cattivi sentimenti che dividono e contrappongono i personaggi: i desideri adulterini di Nicholas Hardiment e la sua viltà nei confronti della consorte; il sospetto e la dipendenza di quest’ultima rispetto al marito; l’invidia di Glen McCreavy per il successo e la fama di Hardiment, alimentata dal tenero e goffo sentimento che l’americano prova per Beth. Ma sono soprattutto le due pestifere amiche adolescenti Jody e Casey a condensare gli umori repressi di una piccola cittadina di provincia, incerta fra l’attesa indeterminata di una vita da vivere altrove e l’ansia di fuga. Nella prima parte i loro commenti esilaranti e acidi punteggiano l’azione, poi il loro intervento diviene dirompente e sconvolge le dinamiche dei personaggi, con l’effetto (un po’ meccanico) di ridistribuire il gioco delle coppie in modo più appropriato. (...) Il sarcasmo di Frears si appunta soprattutto sulla figura di Hardiment, fin dalla prima sequenza in cui lo mostra nel suo studio-laboratorio di grande romanziere, intento in realtà a scambiare messaggi e telefonate furtive con una giovane amante arrivata a Ewedon. Nicholas incarna nel suo stesso corpo, flaccido e sornione, l’ipocrisia dei privilegiati che non scelgono nulla e prendono tutto. Rispetto al romanzo della Simmonds, infatti, il personaggio è caratterizzato (dall’ottimo Roger Allam, già interprete di The Queen) come un narciso e astuto opportunista che approfitta della solitudine di Tamara per andarci a letto e scambia i propri consigli alla ragazza (che vuole diventare romanziere) con piaceri erotici. (...) L’immagine del suo corpo sporco e malconcio nel terreno è una nota di umorismo nerissimo che reca la firma di Frears: proprio Nicholas, l’unico ad approfittare delle fragilità altrui, l’unico dotato di un ego compiaciuto, oltretutto uno scrittore che ha incentrato la sua carriera su storie di omicidi efferati, è punito con quella beffa crudele e la sua morte sembra svolgere un’ironica funzione catartica per i destini di chi gli gravitava intorno.
RRoberto Chiesi, Cineforum, n. 501, febbraio 2011
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