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Scheda del film (191 Kb)
Il giovane favoloso - Scheda del film

 

 

in collaborazione con:

 

CINEMA SOCIALE  S.O.M.S. Società Operaia di Mutuo Soccorso Omegna

PIEMONTE AL CINEMA – IL CINEMA DIFFUSO
Promosso da Regione Piemonte, AIACE, AGIS

 

Giovedì 26 novembre 2015 – Scheda n. 8 (956)

 

 

 

Il giovane favoloso

 

 

 

Regia: Mario Martone

 

Sceneggiatura: Mario Martone, Ippolita di Majo. Fotografia: Renato Berta.

Montaggio: Jacopo Quadri. Musica: Sascha Ring.

 

Interpreti: Elio Germano (Giacomo Leopardi), Michele Riondino (Antonio Ranieri),

Massimo Popolizio (Monaldo Leopardi), Anna Mouglalis (Fanny Targioni Tozzetti),

Valerio Binasco (Pietro Giordani), Isabella Ragonese (Paolina Leopardi),

Edoardo Natoli (Carlo Leopardi), Federica De Cola (Paolina Ranieri),

Paolo Graziosi (Carlo Antici), Iaia Forte (la signora Rosa),

Sandro Lombardi (don Vincenzo), Raffaella Giordano (Adelaide Antici Leopardi).

 

Produzione: Palomar, Rai Cinema. Distribuzione: 01.

Durata: 137’. Origine: Italia, 2014.

 

 

Mario Martone

 

 

Napoletano, classe 1959, Mario Martone è soprattutto uomo di teatro con due passioni: la prima per il cinema e la seconda per la storia italiana, per gli uomini e le donne che l’hanno costruita, per chi sulla nostra storia ha ragionato e pensato, per chi con i versi ci ha insegnato a vedere, a intendere, a meravigliarci, a sopportare la condizione umana. Martone è il fondatore del gruppo Falso Movimento e Teatri Uniti, una compagnia teatrale importante nel panorama italiano. Ha debuttato al cinema con Morte di un matematico napoletano (1992, visto al Cinerofum) sulla vita di Renato Caccioppoli, scienziato di talento ma tormentato al punto da scegliere il suicidio. Dell’anno dopo è Rasoi, sull’eterna doppiezza di una Napoli arcaica e  moderna. L’amore molesto (1995) dà a Martone una visibilità internazionale: è tratto dal romanzo di Elena Ferrante e vince il David di Donatello. Torna al cortometraggio con l’opera collettiva I Vesuviani (1997). Viene poi Teatro di guerra (1998), con la scena teatrale che si confonde il racconto della tragedia nella ex Iugoslavia. Il documentario Una disperata vitalità (1999) è su Pier Paolo Pasolini. L’odore del sangue (2004), con Michele Placido e Fanny Ardant, è una tormentata storia d’amore. Con Noi credevamo (2010) e con questo Il giovane favoloso arrivano i suoi film più belli e importanti, entrambi sulla storia d’Italia, sul Risorgimento e sulla figura di Giacomo Leopardi.

Sentiamo Martone: «Abbiamo scritto la sceneggiatura del film attingendo agli scritti di Leopardi e all’insieme del suo epistolario, lo scrigno attraverso cui è possibile seguire la sua breve vita dalla Recanati della biblioteca paterna fino alla Napoli del colera e del Vesuvio. Ed ecco la famiglia di Giacomo, il padre Monaldo, il compagno della vita Antonio Ranieri, gli intellettuali del tempo, la donna per la quale si accese di passione, Fanny Targioni Tozzetti...

Ma il mio interesse non è per l’aneddoto: la vita di Leopardi è tutt’uno con la sua scrittura, si potrebbe dire che non c’è un suo verso, non c’è un suo rigo che non sia autobiografico. Leopardi sa, con molto anticipo su Proust, o su Beckett, che solo la radicale esperienza di se stessi consente la partita con la verità: da qui le poesie, lo Zibaldone, le Operette morali. È per questo che oggi possiamo sentire Leopardi con tanta forza. Affrontare la vita di Leopardi significa inoltre svelare un uomo libero di pensiero, ironico e socialmente spregiudicato, un ribelle, per questa ragione spesso emarginato dalla società ottocentesca nelle sue varie forme, un poeta che va sottratto una volta e per tutte alla visione retorica che lo dipinge afflitto e triste perché malato.

Dopo Noi credevamo, ho voluto insistere con questo film nel tentativo di riportare alla luce pezzi del nostro passato a mio avviso preziosi per il presente, ma questa volta non si tratta di un film storico. Il giovane favoloso vuole essere la storia di un’anima, che ho provato a raccontare, con tutta libertà, con gli strumenti del cinema».

 

 

La critica

 

 

«E in che cosa consiste il vero?», «Consiste nel dubbio». Il dubbio è per Leopardi il motore immobile. ciò che lo spinge a una ricerca permanente, assidua, senza posa. Liberato dalla patina da sussidiario, Giacomo Leopardi si svela, nello splendido film di Mario Martone, quale crocevia fra tre secoli: supportato da una razionalità limpida e potente, sente fortissima la tensione verso ciò che non conosce e lo incanta, sia questo il volto di una donna o una strada di città, il cielo stellato o l’eruzione del Vesuvio. Eppure la sua curiosità mai appagata, lo scetticismo, le posizioni a cui approda, sono quelle di un uomo del Novecento, «più moderno di ogni moderno» (Pasolini). (...)

Sia Pasolini che Leopardi sono ossessionati dalla scoperta continua della realtà, come se, al di là della più strutturata consapevolezza, avessero mantenuto uno sguardo puro, addirittura infantile. «I fanciulli trovano il tutto nel nulla, gli uomini il nulla nel tutto» (Zibaldone). Gli entusiasmi provocati dalla meraviglia per ciò che li circonda lascia presto il passo alla delusione (a entrambi è stato attribuito l’appellativo di pessimista – «Ma che parole vuote... Pessimismo... Ottimismo...», afferma Leopardi-Germano) ma questa non scalfisce il loro desiderio di mischiarsi con la concretezza del quotidiano. (...)

Leopardi non abbandona la sua ricerca, non si vota all’inazione. Coscientemente e disperatamente continua a scrivere, a sconfessare false credenze, a guardare in faccia la morte e la natura matrigna. Anche se non dovesse esistere nient’altro al di fuori del puro fatto reale, è proprio attraverso la poesia, la scrittura, che Leopardi ne sente l’aderenza, così come Pasolini riversa nelle sue parole il proprio vissuto.

GGloria Zerbinati, Cineforum, n. 540, dicembre 2014

 

Visioni. Il giovane favoloso**** di Mario Martone.

(Ricordo che gli asterischi vanno dal *, film inutile, al *****, stupendo. Di solito scrivo solo dei film che valgono il ***, il ***½, il ****, una volta ho dato un ****½ e qualche volta dei ***** per antichi capolavori.)

Vita, opere, scritti e poesie del poeta Giacomo Leopardi, nato il 29 giugno 1798 a Recanati, allora nello Stato Pontificio, oggi in provincia di Macerata, e morto a Napoli il 14 giugno 1837. Nobilissimo film, dalla intonazione alta, dalla parola forte e corposa, dalle presenze che oltrepassano il loro tempo. Percorso di progressiva spoliazione liberazione rivelazione. Il viaggio di Martone nella vita di Leopardi procede per successivi spossessamenti. Leopardi perde via via, nella sua breve esistenza, tutto quello che ha, salvo una sola cosa.

Atto I, la giovinezza. Leopardi è chiuso in casa, nella biblioteca del padre conte Monaldo, classicista di idee reazionarie, con la madre marchesa Adelaide Antici, anaffettiva e religiosissima. Leopardi si perde nello studio matto e disperatissimo e perde adolescenza e giovinezza.

Atto II: la malattia, la deformazione ossea, i dolori, le febbri, i problemi respiratori. Il “cieco malor”. Leopardi perde il corpo.

Atto III: il mondo letterario. Leopardi entra in contatto con il classicista Pietro Giordani. Lettera di Leopardi a Giordani: «Mi ritengono un ragazzo, e i più ci aggiungono i titoli di saccentuzzo, di filosofo, di eremita, e che so io. Di maniera che s’io m’arrischio di confortare chicchessia a comprare un libro, o mi risponde con una risata, o mi si mette in sul serio e mi dice che non è più quel tempo. Unico divertimento in Recanati è lo studio: unico divertimento è quello che mi ammazza: tutto il resto è noia». Quando poi pubblicherà Le operette morali il mondo accademico e letterario si ritrarrà da lui: un’altra perdita per Leopardi.

Atto IV: la fuga da Recanati, i soggiorni a Roma, brevemente a Milano e a Bologna, più a lungo a Firenze. Infine a Napoli, dove muore durante un’epidemia di colera e dove viene sbeffeggiato e respinto, ultima perdita, anche dal popolino.

Cosa resta al Leopardi di Martone dopo che ha perduto giovinezza corpo mondo letterario e popolare? Gli resta la parola. Quella letteraria e quella poetica. Leopardi non ha più nulla se non le parole delle Operette morali, dello Zibaldone, dei Canti. L’infinito è detto, nel film, con infinita castità, dietro una siepe mentre la macchina da presa si alza piano e si riabbassa dietro la siepe sipario. E, soprattutto, alla fine del film, è La ginestra a dire, in quella lingua classica e potente, tutto il Leopardi poeta e pensatore. Prima di quel suo attacco stupefacente: «Qui su l’arida schiena / del formidabil monte / sterminator Vesevo, / la qual null’altro allegra arbor né fiore, / tuoi cespi solitari intorno spargi, / odorata ginestra, / contenta dei deserti”, la poesia ha un esergo in greco, dal vangelo di Giovanni, III, 19: Κα γάπησαν ο νθρωποι μλλον τ σκότος τ φς (kai egàpesan oi ànthropoi màllon to skòtos e to fos: e gli uomini preferirono le tenebre piuttosto che la luce). Il film di Martone è luminoso, anche quando fa notte, anche quando Leopardi si avventura giù nei bassi e nelle caverne di Napoli. La luce entra nelle stanze di casa Leopardi, la luce lo accompagna nel suo inoltrarsi nella vita, è lui che è luminoso nel guardare la natura e gli uomini, nel far fronte al destino, nella consapevolezza della fraternità e della compassione. E la ginestra, sigillo ultimo, illumina tutto il film.

Nota. Leopardi, favoloso e sognatore, illuminista e illuminatore, ha anche sognato e inventato il cinema. Dal suo Discorso di un italiano sulla poesia romantica (1818): «Che se l’evidenza sola va cercata nelle imitazioni, perché non dismettiamo del tutto questa materia disadattissima delle parole e dei versi, e non ci appigliamo a quella scrittura di certi barbari ch’esprima i concetti dell’animo con figure in vece di caratteri? anzi perché ciaschedun poeta in cambio di scrivere non inventa qualche bella macchina la quale mediante diversi ingegni metta fuori di mano in mano vedute e figure di qualsivoglia specie, e imiti il suono col suono, e in breve, rappresentando ordinatamente quello che sarà piaciuto all’inventore, non operi sol tanto nella immaginativa ma eziandio ne’ sensi del non più lettore ma spettatore e uditore e che so io?».

BBruno Fornara, facebook, novembre 2014

 

 

 

 

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La fanciullezza del giovane Mason, dai 6 anni ai 18. Un film umanissimo: fanciullezza e giovinezza vengono seguite dal regista Richard Linklater in tempo reale!

Linklater segue Mason per 12 anni, anni reali, dal 2002 al 2013. Ne viene fuori un “racconto di trasformazione” oltre che “di formazione”.  Tre, quattro giorni di riprese all’anno e sullo schermo c’è una vita che cresce non nella finzione ma nel mondo e nelle esperienze reali. Incredibile.

Durata: non dodici anni ma 165’.

 

 

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