in collaborazione con:
CINEMA SOCIALE
S.O.M.S. Società Operaia di Mutuo Soccorso Omegna
PIEMONTE AL CINEMA – IL CINEMA DIFFUSO
Promosso da Regione Piemonte, AIACE, AGIS
Giovedì 18 aprile 2019 – Scheda n. 25 (1054)
L’Atalante
Titolo originale: L’Atalante
Regia: Jean Vigo
Sceneggiatura: Jean Vigo, Albert Riéra.
Fotografia: Boris Kaufman, Jean-Paul Alphen, Louis Berger. Musica: Maurice Jobert.
Interpreti: Michel Simon (Père Jules), Dita Parlo (Juliette),
Jean Dasté (Jean), Gilles Margaritis (venditore ambulante),
Louis Lefebvre (mozzo), Fanny Clar (madre di Juliette),
Raphaël Diligent (vagabondo), Charles Goldblatt (ladro),
René Bleck (testimone di nozze), Gen Paul (ospite che zoppica),
Pierre Prévert (viaggiatore frettoloso),
Jacques Prévert (passeggero alla stazione ferroviaria).
Produzione: Gaumont. Distribuzione: Cineteca di Bologna.
Durata: 89’. Origine: Francia, 1934.
Jean Vigo
Nato a Parigi il 26 aprile 1905, Jean Vigo è morto troppo giovane a Parigi il 15 ottobre 1934, a 29 anni. È uno dei massimi registi - e dei più amati - della storia del cinema, pur avendo girato solo due lungometraggi. Era figlio dell’anarchico Eugène Bonaventure de Vigo, direttore del giornale Le Bonnet Rouge. Nel 1914 il padre viene arrestato e chiuso nella prigione di Fresnes. Verrà trovato morto, strangolato dai lacci delle sue scarpe. Jean, a scuola, passa da un liceo all’altro. Nel 1926 si ricovera in un sanatorio per curare la tubercolosi, incontra Elisabeth ‘Lydou’ Lozinska, polacca, se ne innamora e la sposa nel 1929. Nel 1931 hanno una figlia, Luce. Nel 1929 realizza À propos de Nice, un film muto di 25 minuti che affronta le disuguaglianze sociali nella Nizza degli anni 1920. Nel 1931 gira Taris, roi de l’eau, un elegante documentario di 11 minuti sul campione di nuoto Jean Taris. Nel 1933 gira Zéro de conduite, film di 47 minuti, film ribelle, film che diventa una bandiera di libertà. Quattro collegiali puniti per cattiva condotta si rivoltano contro le autorità scolastiche, le attaccano a colpi di cuscino e di sberleffi e fuggono sui tetti del collegio. Nel 1934 realizza L’Atalante, lungometraggio che la tubercolosi non gli consentirà di finire. L’Atalante è una delle storie d’amore più amate dagli appassionati di cinema. E lui muore a Parigi. I suoi film, negli anni trenta, sono giudicati antipatriottici e censurati dalle autorità francesi. L’opera di Vigo viene dimenticata. Inizia a essere riscoperta dopo la seconda guerra mondiale. L’Atalante e Zero in condotta vengono nuovamente distribuiti al cinema, a New York, nel luglio 1947, e ricevono recensioni entusiastiche da critici cinematografici come James Agee che definì Vigo “uno dei rarissimi registi veramente originali che abbiano mai lavorato nel cinema”. In Gran Bretagna, Roger Manvell chiamò Vigo “forse il più originale e promettente dei grandi registi francesi”. In Italia, Luigi Comencini ottenne una copia personale de L’Atalante e la proiettava spesso agli amici in privato, definendo il film “un capolavoro in grado di scuotere ogni nozione consolidata sul cinema che uno spettatore smaliziato possa avere”. Il critico Georges Sadoul lodò “la qualità sorprendente della poesia scaturita da un mondo superficialmente ordinario e grigio”. Il film divenne uno dei preferiti dei registi della Nouvelle Vague, che inserirono nelle loro opere molte citazioni e allusioni al lavoro di Vigo. François Truffaut si innamorò del film quando lo vide per la prima volta all’età di quattordici anni, nel 1946: «Quando entrai in sala al cinema, non sapevo nemmeno chi fosse Jean Vigo. Fui immediatamente sopraffatto da un entusiasmo selvaggio per il suo lavoro». Emir Kusturica confessò di essere un grande ammiratore di Vigo e lo definì “poeta”. Nel 1990 la pellicola venne restaurata in una versione da 89 minuti e distribuita in videocassetta grazie al ritrovamento di una copia completa del film negli archivi della Rai. Adesso la Cineteca di Bologna ha curato un’edizione restaurata, la distribuisce nella sale e noi la vediamo stasera. Evviva!
La critica
Malgrado il divieto e la censura di Zero in condotta, il produttore Jacques Louis-Nounez, che nutriva grande fiducia nel genio di Vigo, vuole ancora lavorare con lui. «Amava Vigo come un figlio, rischiava tutto per lui», dice Louis Chavance (Cahiers du Cinéma n. 53). Così gli propone una storia volutamente anodina che potesse non suscitare noie da parte della censura. Conta sul fatto che Vigo metterà tutto il suo talento e tutta la sua forza febbrile nello stile e nel modo di raccontare. Simenon, nel volume Oeuvre de cinéma, dà delle dritte a Vigo sui canali, le chiuse, i paesaggi interessanti da filmare. Le riprese (un mese circa) sono difficili (condizioni meteorologiche, salute di Vigo) ma non saranno interrotte. Siccome lo stato di salute di Vigo si va aggravando, è Louis Chavance che si occupa del montaggio finale. Dopo la prima proiezione riservata, gli esercenti chiedono dei tagli che vengono fatti. Le testimonianze divergono quanto all’atteggiamento di Vigo - approvazione o rifiuto - davanti a questi tagli e all’aggiunta della canzone Le chaland qui passe (che dà un nuovo titolo al film: chaland significa chiatta) dentro la partitura di Jaubert. Il film esce in una buona sala, il Colisée, e in una buona data, settembre 1934, ma senza alcun successo. La stampa sottolinea la sua originalità. Vigo muore il mese successivo. Il film uscirà nuovamente con il suo vero titolo e in una forma più vicina all’originale solo nell’ottobre 1940. Eccellente l’accoglienza critica, successo medio. L’Atalante rompe totalmente con la maggior parte del cinema francese degli anni trenta, cinema di prosa duro e realista, talvolta cinico, che tollera la poesia solo in dosi omeopatiche. Fragile e spesso balbuziente, L’Atalante è, al contrario, solo poesia, attraversata da lampi surrealisti (la sequenza sott’acqua). Formalmente, supera di molto Zero in condotta, ma soprattutto lo supera a livello teorico, come veicolo di un’arte poetica più che come riuscita concreta e carnale. Sue caratteristiche: estrema dedrammatizzazione, rifiuto di ogni psicologismo, accento messo su istanti privilegiati, su dettagli infimi o curiosi, su personaggi (il marinaio Margaritis) che possono saltar fuori da chissà dove o sparire come sono venuti, senza ragione né logica. La linea direttrice dell’Atalante è molle e dolce e molto incerta: noia, prima crisi e falsa dissoluzione di una copia dopo l’estasi delle nozze. L’arte poetica di Vigo, se ha fatto davvero pochi discepoli (per esempio Jacques Rozier) ha impressionato, come riescono sempre a fare le opere di rottura, una quantità di critici e di cinefili. Il solo Michel Simon fa da legame tra il cinema di quegli anni e Vigo. Personaggio secondario, diventato principale grazie alla sua interpretazione, dato che Vigo si accorse subito di tutto quello che poteva tirar fuori da Simon, è lui che dà al film tutto il suo peso. E sottolinea anche, senza averlo voluto, l’incompiutezza [mirabile!] di tutto ciò che nel film non è lui.
JJacques Lourcelles, Dictionnaire du Cinéma - Les films, 1992
Secondo lungometraggio di Jean Vigo che, già malato durante le riprese, morì il 5 ottobre 1934 all’età di 29 anni, meno di un mese dopo la prima proiezione pubblica del film, tagliato di una ventina di minuti, edulcorato e ribattezzato Le chalande qui passe, dal titolo di una canzone di moda (inserita a forza tra le musiche di Maurice Jobert), versione francese di Parlami d’amore, Mariù di C. A. Bixio, lanciata da Vittorio De Sica. Dopo essere riapparso in edizioni volenterosamente ricomposte nel 1940 e nel 1950, fu restaurato con scrupolo filologico nel 1990. In contrasto con la maggior parte del cinema francese dell’epoca, è un film di poesia attraversata da bagliori surrealisti (come la sequenza subacquea, resa popolare dalla sigla di Fuori Orario su RAI3): il naturalismo zoliano vi si sposa con l’immaginazione lirica dell’invisibile. Fragile, incerto nella sua dolce linea narrativa, qua e là balbettante, è un film arrischiato e trasgressivo di rottura che punta sulla sdrammatizzazione e il rifuto dello psicologismo, e mette l’accento su momenti privilegiati, particolari curiosi, figure che appaiono e scompaiono senza logica. Per la sua forza eretica ed eversiva è stato accostato a Rimbaud e a Céline. ****
MMorando Morandini, il Morandini - Dizionario dei film
La difficile vita dei novelli sposi Juliette (Dita Parlo) e Jean (Jean Dasté) a bordo dell’Atalante, chiatta sempre in movimento governata dal vecchio mozzo père Jules (Michel Simon) e da un ragazzo (Louis Lefebvre). Alle gioie delle nozze succedono le incomprensioni e la routine della vita quotidiana: Juliette penserà anche di fuggire (...).
Una sceneggiatura che Vigo non amava molto, ma che seppe trasformare in un capolavoro. Magico punto d’incontro tra le esperienze avanguardistiche e il cinema sociale, all’epoca subì un clamoroso insuccesso commerciale che, insieme alla improvvisa morte del giovanissimo autore, ne impedì la visione integrale per decenni. Vigo con questo film rompe violentemente con la tradizione realista del cinema francese per privilegiare un approccio totalmente poetico con qualche lampo surrealista (la sequenza sott’acqua, resa popolare oggi dalla sigla di Fuori Orario) dove l’accento non è più messo sulla psicologia dei personaggi ma su alcuni istanti e particolari che «possono sorgere da non si sa dove e sparire come sono venuti, senza una ragione che non sia quella della poesia e della forza dell’amore» (Jacques Lourcelles). Solo nel 1990, grazie a fortunate ricerche e a un accurato restauro filologico, è stato possibile ammirarlo nella forma più vicina all’originale. Tra le scene reinserite ci sono la marcia nuziale, la lotta contro se stesso e la danza esotica di père Jules, il delirio di Jean durante la fuga di Juliette. Da ricordare il fondamentale apporto dell’operatore Boris Kauffman, fratello di Dziga Vertov. (...)
PPaolo Mereghetti, il Mereghetti - Dizionario dei film
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