in collaborazione con:
CINEMA SOCIALE
S.O.M.S. Società Operaia di Mutuo Soccorso Omegna
PIEMONTE AL CINEMA – IL CINEMA DIFFUSO
Promosso da Regione Piemonte, AIACE, AGIS
Giovedì 9 maggio 2019 – Scheda n. 27 (1056)
Suburbicon
Titolo originale: idem
Regia: George Clooney
Sceneggiatura: George Clooney, Grant Heslov, Ethan Coen, Joel Coen
Fotografia: Robert Elswit. Musica: Alexandre Desplat.
Interpreti: Matt Damon (Gardner), Julianne Moore (Margaret/Rose),
Noah Jupe (Nicky), Glenn Fleshler (Ira),
Alex Hassell (Louis), Oscar Isaac (Hightower).
Produzione: Smokehouse. Distribuzione: 01. Durata: 105’.
Origine: Usa, 2017.
George Clooney
Nato nel 1961 a Lexington (Kentucky, Usa), George Clooney, attore e regista, figlio di un presentatore televisivo, frequenta la Augusta High School e la Northern Kentucky University. Vuole lavorare come giornalista e attore in tv, poi cambia idea. Prova con lo sport come giocatore di baseball ma si infortuna. Infine scopre la vocazione della recitazione. Nel 1983, si trasferisce a Los Angeles per studiare alla Beverly Hills Playhouse. Appare in telefilm come Ripide (1984) e Il falco della strada (1985), recita in pessimi horror come Predator - The Concert (1987), La scuola degli orrori (1987) e Il ritorno dei pomodori assassini (1987). Fa un’infinità di serial, tenta con il cinema ma viene scartato per Thelma & Louise (1991) di Ridley Scott e Le iene (1992) di Tarantino. Viene invece scelto per il ruolo del Dottor Ross nella serie tv E.R. - Medici in prima linea (1994), prodotta da Steven Spielberg e scritta da Michael Crichton. Ottiene un successo strepitoso. Diventa “l’uomo più sexy del mondo”. Entra nel cinema per la porta più grande. Gira accanto a Michelle Pfeiffer la commedia romantica Un giorno, per caso (1996), l’horror di Robert Rodriguez Dal tramonto all’alba (1996), il fumettistico Batman & Robin (1997) di Joel Schumacher, il thriller The Peacemaker (1997), il poliziesco Out of Sight (1998) di Steven Soderbergh, il bellico La sottile linea rossa (1998) di Terrence Malick. Diventa produttore. Appare in A prova di errore (2000) di Stephen Frears e in La tempesta perfetta (2000) di Wolfgang Petersen. Poi comincia a lavorare con i fratelli Coen in Fratello, dove sei? (2000). Soderbergh gli offre il ruolo di Ocean, criminale in smoking per Ocean’s Eleven - Fate il vostro gioco (2001) e per i due sequel. Sempre per Soderbergh recita in Solaris (2002). E arriva alla regia: primo film Confessioni di una mente pericolosa (2003). Torna attore per i Coen, nel 2003, in Prima ti sposo poi ti rovino (2003). Dirige il politico Good Night, and Good Luck (2005). Recita in Syriana (2006) di Stephen Gaghan, nella parte di un grasso agente della CIA. Viene ad abitare a Laglio, sul lago di Como. Recita nel thriller di Soderbergh Intrigo a Berlino (2006), poi in Michael Clayton, dirige In amore niente regole, recita in Burn After Reading - A prova di spia dei fratelli Coen e in Tra le nuvole di Jason Reitman, dà la voce per la volpe protagonista nel film di animazione Fantastic Mr. Fox di Wes Anderson. Del 2009 è L’uomo che fissa le capre di Grant Heslov. Dirige l’intenso Le idi di marzo. È bravissimo in Paradiso amaro e in Sideways di Alexander Payne. Del 2014 è il suo film come regista The Monuments Men. Va nello spazio con Sandra Bullock per il film da Oscar Gravity. Tornerà dai Coen per l’umoristico Ave, Cesare! È protagonista in Money Monster di Jodie Foster. Suburbicon, presentato alla Mostra di Venezia, è il suo più recente lavoro come regista.
Sentiamo Clooney: «Nel decennio che seguì la Seconda Guerra mondiale, l’emergente middle class americana iniziò a stabilirsi nei sobborghi intorno alle città. Per molti il sogno americano di possedere una casa diventava una realtà per la prima volta. Il Governo aiutava i veterani ad acquistare una bella casetta con un garage e un giardino. Potevi trovare un buon lavoro, avere un bel vicinato e crearti una famiglia, se eri bianco. La cosa divertente, con questo Suburbicon, è stata quella di rimuovere quella patina della perfetta vita casalinga e vedere quanto le cose possono degenerare...
I fratelli Coen mi avevano mandato una sceneggiatura intitolata Suburbicon. Era una commedia/thriller con temi simili a quelli dei loro Fargo e Burn After Reading - A prova di spia: personaggi che ispirano compassione e che prendono pessime decisioni. Abbiamo pensato che ci sarebbe piaciuto realizzare qualcosa di un po’ meno divertente e molto più cupo. Ci è sembrato il momento giusto per un film arrabbiato...
Nel corso delle nostre ricerche sul fatto vero a cui il film si ispira, abbiamo visto che la gente che protestava aveva formato una specie di muraglia intorno alla casa dei Meyer, sventolavano bandiere confederate, bruciavano croci e raccoglievano firme per una petizione nella quale chiedevano che quella famiglia se ne andasse. Nel film noi usiamo proprio le parole usate in quella petizione. Quando vedi un film che parla di razzismo e di atteggiamenti bigotti degli anni ’50 o ’60, è sempre ambientato nel Sud. Siamo abituati che siano persone con accento del Sud a usare quel tipo di linguaggio, ma - lo dico come uno che viene dal Kentucky - è importante discutere del fatto che queste sono persone che vengono dalla Pennsylvania e da New York, che usano le minoranze come capri espiatori. Questo tipo di atteggiamento esiste nel Nord Est; non è difficile immaginare che succeda un po’ ovunque...
Nel corso del film usiamo materiale ripreso da alcuni documentari. A volte c’è bisogno di vedere come sono andate davvero le cose ed è sconvolgente per il pubblico di oggi, ma la verità è questa e i fatti non sono successi troppo tempo fa...
Tutti guardano nella direzione sbagliata. Vogliono credere al mito che non è mai successo niente di male prima che arrivassero le minoranze. Quando guardiamo indietro nel tempo, quando l’America era grande, dobbiamo ricordare che non era così grande per molta gente. Questo è un discorso sempre attuale».
La critica
Una città ideale che è una metafora di un’America che ha creduto di costruirsi e si è raccontata come comunità dove realizzare i sogni. Al suo interno è rimasta una inestirpabile componente di violenza e di follia, mentre si sono riversate le colpe sugli estranei e sui diversi. Un tema molto attuale, il lato oscuro e sgradevole degli Usa, presente nelle cronache e affrontato in molti film recenti, come Detroit di Katharine Bigelow. È anche il nocciolo della commedia nerissima Suburbicon di George Clooney, presentata in concorso alla 74a Mostra del cinema di Venezia. Partendo da un’ispirata storia dei fratelli Coen, il divo brizzolato alla sesta regia dipinge un quadro cupo che affida un filo di speranza solo ai ragazzini. Siamo nel 1959 nell’ipotetica città di Suburbicon, insediamento modello fondato nel 1947, abitato da un ceto medio sorridente e ottimista, famiglie borghesi in villette di proprietà, dotate degli ultimi elettrodomestici. L’arrivo nell’abitato della prima famiglia di colore, i Mayers, fa repentinamente cambiare tutto: nessuno dei residenti vuole condividere alcunché con loro ed è fatta erigere una palizzata intorno alla loro casa per non farli vedere dal vicinato. L’unico a violare l’ostracismo è un bambino, Nicholas Lodge, che gioca con spontaneità insieme al coetaneo nuovo venuto. La notte stessa una coppia di uomini violenti irrompe nella casa dei Lodge, sequestra il padre (Matt Damon), la madre in sedia a rotelle per un incidente (Julianne Moore), la zia e il ragazzo. L’aggressione causa la morte della moglie e il marito Gardner, dirigente d’industria in carriera, sceglie di mettere tutto a tacere, cercando di riprendere una vita normale con cognata e figlio. Sarà un agente delle assicurazioni (Oscar Isaac) a intuire che qualcosa non quadra e scoprire la verità, facendo precipitare la situazione. Intanto per le strade e i cortili non si placano le proteste e le rivolte razziste che ricordano tanto quelle recenti di Charlottesville. Un cuore nero della società nascosto dietro le casette ordinate e pulite e un benessere che non basta a frenare le paure recondite che alimentano un odio cieco. Clooney riesce a bilanciare le due componenti del film, quella divertente e scatenata e quella impegnata e preoccupata, e farle dialogare, creando una commedia impietosa dai tempi perfetti e alcuni momenti esilaranti.
NNicola Falcinella, L’Eco di Bergamo, 8 dicembre 2017
I maligni sostengono che le nozze con Amal Alamuddin e la nascita dei gemelli siano parte di un percorso di avvicinamento di George Clooney a una carriera politica che ha come obiettivo nientepopodimeno che la Presidenza degli Stati Uniti. Gli stessi maligni vedono nelle scelte di carriera dell’attore e regista americano esattamente la stessa cosa: e, perlomeno da questo punto di vista, quello professionale, sembra difficile dar loro torto. D’altronde, non è che Clooney nasconda dietro una quinta quel che è evidente a tutti: ovvero che questo suo Suburbicon, nato da un vecchio copione dei fratelli Coen, che lui stesso ha riscritto con Grant Heslov per renderlo più cupo e contemporaneo, sia una commedia nera nerissima che prende pesantemente di mira la realtà sociale e politica dell’America di Trump, pur essendo ambientata nel 1959 (...).
Come e perché la storia di Suburbicon riecheggi inquietante la situazione socio-politica americana attuale, non c’è nemmeno bisogno di starlo a spiegare; e va da sé che da questo punto di vista l’operazione di Clooney è decisamente meritoria, che gli serva da trampolino elettorale o meno. Così come è interessante, sebbene un po’ naif, che ad assistere alle follie raccontate nel film, e suo vero protagonista, sia un bambino: che non impara però da tutto questo l’odio, quanto invece la tolleranza e l’accoglienza. Di fronte alla turpitudine della folla, e della sua stessa famiglia, il piccolo Nicky imparerà la lezione più importante dal coetaneo nero dal quale è spedito dalla mamma all’inizio del film per giocarci a baseball assieme: la lezione della resilienza. Mai mostrarsi spaventati, mai fare passi indietro, non reagire ma andare avanti, forti dei propri valori.
FFederico Gironi, coming soon, 2 settembre 2017
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