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Scheda pdf 176 KB)
Il mio amico Eric - Scheda del film

 

in collaborazione con:

 

CINEMA SOCIALES.O.M.S. Società Operaia di Mutuo Soccorso Omegna

PIEMONTE AL CINEMA – IL CINEMA DIFFUSO
Promosso da Regione Piemonte, AIACE, AGIS

 

Giovedì 14 ottobre 2010 – Scheda n. 1 (813)

 

Il mio amico Eric

 

 

 

Titolo originale: Looking for Eric.

 

Regia: Ken Loach.

 

 Sceneggiatura: Paul Laverty. Fotografia: Barry Ackroyd.

Montaggio: Jonathan Morris. Musica: George Fenton.

Interpreti: Steve Evets (Eric Bishop), Eric Cantona (lui stesso),

John Henshaw (Meatballs), Stephanie Bishop (Lily), Lucy-Jo Hudson (Sam),

Gerard Kearns(Ryan), Stefan Gumbs(Jess).

Produzione: Canto Bros. Distribuzione: BIM.

Durata: 116'. Origine: Gran Bretagna, 2009.

 

Ken Loach

 

Abbiamo parlato tante volte di Ken Loach. Tanti sono i suoi film presentati al Cineforum. Nato nel 1936, britannico, popolare, impegnato a fianco della classe operaia nella lotta per la dignità e la giustizia. Qualche titolo: Poor Cow (1967), Kes (1969) e Family Life (1971), Riff Raff (1991), Piovono pietre (1993), Ladybird Ladybird (1994). Vince la Palma d’oro a Cannes con Il vento che accarezza l'erba (2006) che non è uno dei suoi film migliori. Anche Il mio amico Eric, interpretato anche da un grandissimo del calcio come Eric Cantona, è stato presentato con successo di pubblico e di critica al festival di Cannes.

Sentiamo Loach: «Un giorno mi hanno detto che Eric Cantona voleva incontrarmi. È stato circa due o tre anni fa. Senza di lui non ci sarebbe nessun film. Un produttore francese ha parlato con la nostra produttrice e ci ha proposto un incontro con Cantona. Ovviamente noi conoscevamo bene il personaggio pubblico, il calciatore straordinario. E loro sapevano che io e Paul Laverty, il mio sceneggiatore, eravamo tifosi di calcio. Così ci siamo incontrati. Eric aveva alcune idee molto interessanti, in particolare la storia del suo rapporto con un tifoso. Paul e io non siamo riusciti a tirarne fuori qualcosa che funzionasse in termini di personaggi e sviluppo della storia, ma ci era sembrato un tema interessante da esplorare: non solo la parte spettacolare del calcio e il ruolo che il calcio ha nella vita delle persone, ma anche gli aspetti legati alla celebrità, al modo in cui stampa e televisione costruiscono personaggi che agli occhi della gente assumono qualità soprannaturali. Paul è ripartito da zero e ha scritto una storia che riunisse tutti questi elementi. Non eravamo affatto preoccupati di farla leggere a Cantona, perché ci eravamo già incontrati diverse volte, e avevamo capito che tipo era: uno che non si prendeva troppo sul serio, e che ci aveva dato l’impressione di essersi subito innamorato del progetto. È stato divertente, per nulla stressante. Speravamo solo che l’idea gli piacesse e che accettasse di fare il film. E così è stato… Cantona è originale, brillante e acuto. È un uomo che ha le sue idee. Le sue schermaglie con i giornalisti sono sempre state intelligenti e spiritose, prima e dopo la famosa conferenza stampa in cui aveva dichiarato: “Quando i gabbiani seguono il peschereccio è perché pensano che verranno gettate in mare delle sardine.” Le sue riflessioni sul calcio e sulla sua carriera sono diventate parte integrante del film. Quando Cantona entra in una stanza, la sua presenza si impone. Ha un carisma, un magnetismo unici. Per un attore parliamo di “proiezione naturale”, quando dal palcoscenico riesce a comunicare qualcosa a tutto il pubblico, anche a quello dell’ultima fila, dando l’impressione di non fare nulla. Eric lo faceva in campo: comunicava con 70mila persone. È una straordinaria dote naturale… Sono stato a vedere una partita con lui all’Old Trafford. Senza sapere che lui era lì, la gente intonava i cori di Cantona: cantavano ancora il suo nome, dieci anni dopo la sua partenza. Poi, quando hanno scoperto che lui c’era davvero, è successo il finimondo. Ho visto piangere uomini grandi e grossi! Mentre andavamo via, anche i più anziani venivano a stringergli la mano. Pochi giocatori hanno suscitato tanto affetto».

 

La critica

 

Il festival di Cannes è un andirivieni fra mondi paralleli, un su e giù emotivo paragonabile alle montagne russe. Prendete le ore a cavallo fra domenica e lunedì. Uno esce domenica sera depresso e incazzato da Antichrist di Lars Von Trier (ve ne abbiamo riferito ieri); si ravviva osservando in rete le immagini della festa-scudetto dell'Inter (non c'entra, dite voi? C'entra, c'entra... continuate a leggere e capirete); si sveglia alle 7 del mattino dopo per la proiezione delle 8.30, orario già di per sé deprimente; entra nell'accogliente placenta mattutina della sala Lumière, affonda nel buio... e alle 10.30 è un altro uomo, che piange e ride e si aggrega entusiasta all'ovazione che accoglie Looking for Eric, nuovo film di Ken Loach prodotto e interpretato dall'ex calciatore Eric Cantona. Ken Loach ci ha riconciliato con il mondo. Accade anche con i suoi film drammatici, figuratevi quando fa una commedia. Looking for Eric è la sua risposta a Provaci ancora Sam. Là Woody Allen si faceva consigliare in amore da Humphrey Bogart. Qui Steve Evets (uno sconosciuto, mirabolante attore di Manchester con un passato da marinaio e vagabondo) trova un mentore sentimentale e politico in Eric Cantona. Padronissimi di non saperlo, ma Cantona in Inghilterra è un mito. È stato il numero 7 del Manchester United pre-Beckham, e da quando ha abbandonato il calcio (a soli 30 anni) ha intrapreso una seconda carriera nel cinema. Il film nasce, pensate, dalla sua voglia di lavorare con Loach (ma non stupitevi: alla domanda su quale sia il suo regista preferito, ha citato Pier Paolo Pasolini). E Ken, tra i vari progetti che Cantona gli ha sottoposto, ha elaborato assieme allo sceneggiatore scozzese Paul Laverty la storia di un tifoso che sceglie Cantona come angelo custode. Eric Bishop ha 50 anni, un lavoro da postino e un sacco di guai: la sua ex moglie — che ha lasciato anni prima, pur amandola — non lo vuole vedere, i suoi figli sono invischiati in amicizie pericolose. Per fortuna Eric ha anche degli amici veri, i suoi colleghi postini sempre pronti a tirarlo su; e una sera, mentre Eric è impegnato ad autocommiserarsi davanti al poster di Cantona, il poster si anima, gli rivolge la parola e comincia a dargli saggi consigli... «With a little help from my friends», cantava Ringo Starr (e nel suo caso gli amici erano Paul e John...). Con un po' di aiuto dei suoi amici – i postini e Cantona – Eric Bishop troverà il modo di […]. Strada facendo, Cantona regalerà – a lui, al film, a tutti noi – alcune perle. Suonerà la Marsigliese alla tromba. «L'ho imparata per non annoiarmi durante l'anno di squalifica» (per la cronaca, fu messo in quarantena per aver preso a calci un tifoso che l'aveva chiamato «francese di merda»). Ricorderà che la sua azione più bella, sul campo di gioco, non è stata un gol ma un assist smarcante per Ryan Giggs («Devi sempre fidarti dei tuoi compagni»).

Looking for Eric è la quintessenza del calcio, la descrizione più pura dell'amore che un tifoso può nutrire per un campione. Noi dovremmo girarne un remake intitolato Looking for Ibra, e Ibrahimovic sarebbe all'altezza. Ma l'idea l'hanno avuta Ken ed Eric, che Dio li benedica, e l'hanno arricchita con un sottotesto sociale e politico tutt'altro che banale. Il film è un inno alla solidarietà, usa sapientemente il tifo come metafora di una comunità, e racconta con amore la società britannica. Guardate la scena in cui Steve trova finalmente il coraggio di invitare l'ex moglie al pub: lei arriva, lui è già lì con la sua pinta di birra e le chiede «cosa bevi?», lei risponde «un sidro». Un sidro! Noi italiani non sappiamo manco che cos'è, ma in Inghilterra è l'alternativa femminile alla birra, la bevanda che molte donne ordinano al pub. Un regista che mette in un film una donna che ordina un sidro non è un regista, è una persona. Una grande persona. Ken Loach.

AAlberto Crespi, L’ Unità, 19 maggio 2009

 

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