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Scheda pdf (179 KB)
(500) giorni insieme - Scheda del film

 

in collaborazione con:

 

CINEMA SOCIALES.O.M.S. Società Operaia di Mutuo Soccorso Omegna

PIEMONTE AL CINEMA – IL CINEMA DIFFUSO
Promosso da Regione Piemonte, AIACE, AGIS

 

Giovedì 5 maggio 2011 – Scheda n. 27 (839)

 

 

 

 

 

 

(500) giorni insieme

 

 

Titolo originale: (500) Days of Summer

 

Regia: Marc Webb.

 

Sceneggiatura: Scott Neustadter, Michael H. Weber. Fotografia: Eric Steelberg.

Montaggio: Alan Edward Bell. Musica: Mychael Danna, Rob Simonsen.

 

Interpreti: Joseph Gordon-Levitt (Tom Hansen), Zooey Deschanel (Summer [Sole] Finn),

Geoffrey Arend (McKenzie), Chloe Moretz (Rachel Hansen),

Matthew Gray Gubler (Paul), Clark Gregg (Vance),

Patricia Belcher (Mille), Rachel Boston (Alison).

 

Produzione: Sneak Preview Entertainment. Distribuzione: 20th Century Fox.

Durata: 95’. Origine: Usa, 2009.

 

 

 

 

Marc Webb

 

Nato a Bloomington, Indiana, Usa, nel 1974, Marc Webb ha lavorato nel campo musicale, dirigendo molti video musicali di star internazionali. Ha vinto diversi premi con i suoi videoclip, anche per il miglior video-rock per Miss Murder degli AFI e per Move Along degli All American Rejects. Nel 2006 è stato eletto regista dell’anno per il lavoro realizzato con i Weezer, gli AAR e i My Chemical Romance. Nel 2009 ha debuttato al cinema con il suo primo lungometraggio, (500) giorni insieme. Adesso sta lavorando a un remake di Spider-Man.

Sentiamolo: «Prima di leggere la sceneggiatura di (500) giorni insieme, avevo completamente perso interesse per il genere commedia romantica. In un certo momento della mia vita, diciamo tra la pubertà e quando ho iniziato a pagare le tasse, ho smesso di credere al mondo che le ragazze dalle guance rosa e dai graziosi cappellini lavorati a maglia mi promettevano. Che cosa avevano a che fare con me? Quando ho dato una scorsa alle pagine fotocopiate e stropicciate per essere rimaste quasi tre settimane nel mio zaino, non è che morissi dalla voglia di leggerle. Alla fine è stato il titolo a catturarmi. Inutile dire che è scattato qualcosa. Gli autori, Scott Neustadter e Michael Weber, senza scendere ad esplorare concetti complicati o eccentrici, hanno delineato una relazione al tempo stesso intelligente, sottile e sincera. Metaforica e letterale. Tutti conosciamo Sole/Summer perché Sole non è solo una ragazza. È un evento. Ho incontrato la mia prima Sole quando avevo 17 anni. Mi faceva saltare le lezioni per potermi leggere Il giovane Holden al Vilas Park Zoo di Madison, nel Wisconsin (non è fantastico?). All’epoca, credevo che l’amore fosse la pillola magica che avrebbe creato un collegamento tra la mia anima e l’infinito, assicurando un'estasi inesauribile e semplice da raggiungere. Tralascio i dettagli più squallidi, basti dire che le ragazze carine dal cuore ribelle sono molto ricercate. Alcuni riescono a trovare la propria Sole e a tenersela stretta. Io no. Con la mia Sole è finita e io sono entrato in uno strano limbo, in cui non riuscivo a scrollarmi di dosso la sensazione che qualcosa nell’universo fosse andato orribilmente e dolorosamente per il verso sbagliato. La realtà che mi aspettavo e quella che avevo vissuto erano all’improvviso molto diverse. Ironicamente, la cosa che più mi ha fatto sentire solo è forse quella che accomuna le persone dalle esperienze e dalle realtà più diverse, che abbiano 17 o 70 anni: tutti abbiamo avuto il cuore spezzato. Sotto molti punti di vista, realizzare questo film, il mio primo film per il grande schermo, è stato il lieto fine che non ho avuto con Sole. Sento l’odore del ragazzo tutt’altro che cinico del Vilas Park Zoo. Perché, sotto l’umorismo e i capricci di (500) giorni insieme c’è in gioco una verità fondamentale: sì, l’amore può essere crudele, duro e difficile, ma è anche di gran lunga la cosa migliore che la vita ha da offrire».

 

 

La critica

 

Quella tra Tom e Sole, narrata da Webb in (500) Giorni insieme, è una storia d’amore, ma univoca. Bella commedia, con finale lieto? Questa non è una storia d’amore, avverte una voce fuori campo quando inizia (500) Giorni insieme, in originale (500) Days of Summer. Ma d’amore parla, questa commedia elegante e intelligente di Marc Webb. Si tratta dell’amore ormai finito di Tom e Summer. Non ancora trentenni, i due si incontrano negli uffici di Vance, editore di cartoncini d’auguri. Lui subito si innamora di lei. Lei pare non accorgersi di lui. Ma un giorno... Così, a partire dall’inizio, si potrebbe raccontare di Tom e di Sole (come in italiano è reso Summer, Estate). Ne verrebbe una storia non peggiore e non migliore di tante altre, forse ovvia come tante altre. È ovvio che un amore inizi, è ovvio che finisca, ed è ovvio quel che accade nel mezzo. Però basta abbandonare la linearità e la “conseguenza” del racconto, perché da quello stesso amore nasca una storia sorprendente. Questo fanno Webb e gli sceneggiatori Scott Neustadter e Michael H. Weber: cominciano dalla fine, o quasi. Ossia, cominciano dal giorno 488. Su una panchina, Tom e Sole si guardano tristi. Lei porta un anello all’anulare sinistro. Anzi, si tratta di una fede. Poiché mancano 12 giorni alla fine dei 500 annunciati dal titolo, è improbabile che quella fede abbia qualcosa a che vedere con lui. D’altra parte, questa non è una storia d’amore. Come si sa, sono solo le storie d’amore che finiscono con un matrimonio, soprattutto al cinema e nelle commedie. Converrà dunque affidarsi al film, e al suo narratore “inconseguente”, per scoprire che cosa davvero sia accaduto. E il film, appunto, ci riporta all’inizio, al giorno 1, quello in cui Sole compare in ufficio, che è poi lo stesso in cui Tom se ne innamora. Ora l’ovvio non è più ovvio, però. Che questa non sia una storia d’amore è provato dalla sua fine. Dunque, non occorre che ci identifichiamo troppo in lui, o in lei. Perlomeno, non occorre che lo facciamo come è d’uso per le storie d’amore. Per quanto Tom ci possa somigliare, o per quanto ci possa somigliare Sole, ce ne stiamo sulle nostre. Non vogliamo farci coinvolgere in una storia che romantica non può (più) essere. Chi mai si riconoscerebbe nell’inadeguatezza “sorprendente” di Tom? Non che il giovanotto non abbia qualità. Ne ha molte. È sensibile, per esempio, ed è intelligente. Per quanto sia un uomo, è attento e tenero. Pare addirittura più femminile, in questo senso, di quanto lo sia, o forse di quanto lo voglia essere lei. Infatti, la sua inadeguatezza è tutta dentro questa strana “femminilità”. Se si preferisce, è tutta dentro questo suo sfuggire al ruolo di maschio. Non è aggressivo, e non mira (soprattutto, non dice agli amici di mirare) a portarsi a letto Sole. Arriva persino a legare fra loro amore e sesso. È quella che si dice una mosca bianca, il nostro Tom. Anche Sole non sta nel ruolo. Nel caso suo, non sta nel ruolo della femmina innamorata dell’amore. Anzi, non vuole proprio saperne, come il film ci spiega andando avanti e indietro nella memoria dei 500 giorni. È lei che prende l’iniziativa,approfittando della macchina delle fotocopie. Ed è lei che si porta a letto lui, in buona sostanza. Ma poi è chiara: nessun sentimentalismo, al massimo una convivenza per così dire con uso di cucina. Siamo giovani, spiega a Tom e al suo amico McKenzie, per mettere la testa a posto c’è ancora tempo. Parli come un uomo, commenta McKenzie. Non gli par vero che se ne trovino, di donne tanto aperte e comprensive. Quanto a Tom, dopo essere stato a letto con Sole, se ne va in giro per Los Angeles leggero come chiunque immagini d’essere amato. Ma Webb ci aveva avvertito: questa non è una storia d’amore. Infatti, basta che il tempo del racconto imiti quello della memoria, tornando a spostarsi un po’ avanti e un po’ indietro, per averne la conferma. A Sole sta stretto, il legame con Tom. Le sta tanto stretto, che a un certo punto lo taglia: si licenzia e scompare dalla vita di lui. In quale giorno dei 500 questo accade? Su per giù attorno al 300. E negli altri 200 circa? Che cosa fa Tom, nei giorni che mancano? Fa quello che fanno gli innamorati abbandonati: si illude, si scoraggia, torna a sperare. Insomma, tenta di ricominciare. Alla fine però c’è il giorno 488, con quella fede al dito di Sole. Il mondo crolla. L’amore sembra negato per sempre. Non c’è dubbio, così raccontata la sua storia è unica, sorprendente. Ma poi arriva il giorno 500, e il caso – non il destino, dice Tom, proprio il caso – gli fa incontrare Luna (che in originale si chiama Autumn). Forse è una storia d’amore, quella che ora sta per cominciare. Che poi riesca a essere sorprendente dipende da chi la racconterà.

RRoberto Escobar, Il Sole-24 Ore, 6 dicembre 2009

 

Tom vive un’esistenza inautentica edificata su paradigmi prestabiliti che devono essere costantemente verificati, altrimenti è la crisi. Il protagonista, architetto che ha abbandonato la professione per diventare un creativo dello stereotipo languido da biglietto d’auguri, deve costruire la sua apertura verso il mondo, coerentemente con il libro che sta leggendo in treno, «The Architecture of Happiness», l’architettura della felicità. Decisivo appare il segmento in cui Tom, in un eccezionale impeto progettuale, disegna sulla grossa lavagna della sua abitazione quello stesso spaccato di città che aveva da principio limitato al braccio di Summer e nel quale, successivamente, si era immaginato immerso, prima che una spietata gomma lo cancellasse, costringendolo all’assenza di ogni riferimento. «Oh girl I don’t know all the reasons why / I found the answer lookin’ in your eyes» (Oh, ragazza, non so tutte le ragioni del perché ho trovato la risposta guardando nei tuoi occhi), cantano i Wolfmother, in un’atmosfera da videoclip: guardando attraverso Summer per vedere oltre, Tom pare aver trovato la risposta alla sua intera vita, superando definitivamente anche la tentazione del cliché (lo split screen, lo schermo diviso, che conclude il segmento, con Summer con il velo da sposa e Tom in viaggio su un bus, è una falsa pista apparentemente indirizzata verso un last minute rescue, un salvataggio all’ultimo minuto, sul modello di Il laureato). Il capitolo successivo è l’incontro con Autumn, che forse non possiede l’idealizzato ardore dell’estate, ma è incontestabilmente (e finalmente) reale.

GGiampiero Frasca, Cineforum, n. 490, dicembre 2009

 

 

 

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