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Giovedì 7 gennaio 2016 – Scheda n. 12 (960)
Una nuova amica
Titolo originale: Une nouvelle amie
Regia e sceneggiatura: François Ozon
Fotografia: Pascal Marti. Musica: Philippe Rombi. Scenografia: Michel Barthélémy.
Interpreti: Romain Duris (David/Virginia), Anaïs Demoustier (Claire),
Raphaël Personnaz (Gilles), Isild Le Besco (Laura),
Aurore Clément (Liz), Jean- Claude Bolle-Reddat (Robert),
Bruno Pérard (Eva Carlton), François Ozon (l’uomo al cinema).
Produzione: Mandarine Films/FOZ/Films/France 2 Cinéma.
Distribuzione: Officine Ubu.
Durata: 107’. Origine: Francia, 2014.
François Ozon
Parigino, classe 1967, François Ozon ha studiato alla Femis, la scuola di cinema di Parigi, ha cominciato girando cortometraggi (Une robe d’été, 1996, e Scènes de lit, 1998). Sempre del 1998 è il suo primo lungometraggio grottesco, Sitcom. Amanti criminali e Gocce d’acqua su pietre roventi sono i due film che lo rendono famoso in patria e fuori. Del 2002 è Otto donne e un mistero, distribuito in tutto il mondo anche grazie alla presenza di un cast di attrici di grande rilievo come Catherine Deneuve, Fanny Ardant, Isabelle Huppert e Danielle Darrieux. Seguono poi Swimming pool, Cinqueperdue e nel 2005 Il tempo che resta, con Jeanne Moreau e Valeria Bruni Tedeschi. Del 2007 è Angel - La vita, il romanzo; del 2009 è il melodramma fantastico Ricky - Una storia d’amore e libertà. Nel 2010 gira due film: Il Rifugio e Potiche - La bella statuina con Catherine Deneuve e Gérard Depardieu. Nel 2013 escono Nella casa e Giovane e bella. Infine arriva questo Una nuova amica.
Ecco qualche dichiarazione di Ozon: «Il film è il libero adattamento di un breve racconto di quindici pagine di Ruth Rendell, molto simile sia nel tono sia nello spirito alla serie televisiva Alfred Hitchcock Presenta. Nella serie, una donna scopre che il marito dell’amica ama travestirsi segretamente da donna. I due diventano amici, ma quando lui le dichiara il suo amore e prova a fare sesso con lei, la donna lo uccide. Lessi la storia circa 20 anni fa e scrissi un fedele adattamento per un corto, ma abbandonai il progetto. Questa storia, però, negli anni è rimasta con me, anzi a dire il vero mi ha perseguitato. Mi resi conto che nella maggior parte dei film che amavo e che trattavano di travestitismo, i personaggi si travestono non per un desiderio personale, ma a causa di costrizioni esterne: dei musicisti che si travestono da donne per raggirare la mafia in A qualcuno piace caldo, un attore disoccupato che per ottenere un ruolo si trasforma in un’attrice in Tootsie, un’altra attrice in rovina che diviene attore in Victor Victoria... Ma nella mia storia, il personaggio ha un radicato desiderio di travestirsi ancor prima di farlo effettivamente ed è qui che s’inserisce l’idea del lutto, per aiutare il pubblico a comprendere e a identificarsi con David-Virginia. La morte e il conseguente lutto, che non erano presenti nel racconto breve, permettono al pubblico e a Claire di capire il comportamento di David prima di accettarlo. Questa è l’idea chiave dietro la scena con il flashback di David che, per confortare e dar da mangiare alla sua bambina, indossa la camicia della moglie defunta e il suo profumo. Conosco la storia, vera, di un uomo che aveva la moglie molto malata. Quando la donna è morta, per farla rivivere, lui ha sentito il desiderio di indossare i suoi vestiti e ha così cominciato a travestirsi regolarmente. Sono rimasto affascinato da questa storia e l’ho trovata commovente...
Questo macabro punto di partenza è presto superato. La defunta Laura è gradualmente sostituita dalla forza liberatoria rappresentata da Virginia. L’inizio del film, che delinea la vita e la morte di Laura, è piuttosto drammatico, ma poco alla volta, man mano che la nuova amicizia prende forma, tornano la gioia, la leggerezza e il piacere, facendo shopping, vedendo un film o andando in un locale notturno. I due personaggi traggono beneficio dalla reciproca compagnia, si consolano. Il film ritorna verso la vita...
Nel film c’è molto humour che scaturisce dal piacere che il personaggio prova. Siamo al suo livello e il suo livello è innocente. Il desiderio di David è inequivocabile. A metà del film ha trovato e accettato la sua identità: vuole essere Virginia. È lui che chiede a Claire di dire la verità a Gilles e di smettere di mentire a se stessa. Claire è più scossa dalla situazione. È piena di domande e dubbi. Fa un passo avanti e uno indietro. Ironicamente, è lei il personaggio più tormentato e nevrotico. Inizialmente è sconvolta e definisce David malato, pervertito. Poi intraprende un vero viaggio di scoperta, arrivando alla fine ad accettare totalmente il desiderio di David e, al contempo, il suo stesso desiderio per Virginia...
All’inizio del film ripercorro 20 anni di amicizia in una serie di salti narrativi visivi che sono molto importanti per poter stabilire un’identificazione con i personaggi. Nel copione avevo scritto una parte di narrazione con voce fuori campo, ma il giorno in cui abbiamo girato ho cercato di dire quanto più potevo su quella premessa alla storia in maniera visiva e quando siamo arrivati al montaggio la narrazione non era più necessaria. Ponendo l’attenzione sugli stadi principali della vita, come infanzia, amicizia, matrimonio, nascita di un figlio, malattia e morte, dovevamo evitare di diventare melensi. Dovevo trovare la giusta distanza per creare l’emozione».
La critica
Complice forse la novella di Ruth Rendell da cui il film prende le mosse, nell’ultima fatica di François Ozon pare di avvertire, almeno a tratti, un’atmosfera inconsueta, che può richiamare alla memoria gli umori maliziosi del miglior Almodóvar (attraversamenti di generi; variazioni di ritmo; scenografie smaltate e chic, popolate da personaggi fuori norma), o i tratti vagamente beffardi e ammiccanti con cui Hitchcock rivestiva di zone d’ombra, di fremiti e tormenti segreti, d’inclinazioni feticistiche, cornici ambientali falsamente rassicuranti. Come nel cinema di quei maestri, anche qui v’è il gusto compiaciuto di sorprendere e disorientare lo spettatore rovesciando i dati di partenza, ricorrendo a invenzioni romanzesche e a colpi di scena condotti con abilità misteriosa. Anche qui a dominare sono il dubbio, l’incertezza, l’ambiguità, il vacillare delle identità (anche sessuali), delle regole relazionali e affettive. Ci si burla, ma con garbata, sorridente indulgenza, delle figure della normalità: il povero Gilles e i suoceri di David, ridicoli campioni del conformismo borghese, sono presi di mira a più riprese, ma senza alcuna cattiveria. Per contro, gli eroi della vicenda si rivelano personaggi complessi, enigmatici, elusivi. Essi non sono mai quello che ci si aspetta che siano, o ciò che vorrebbero apparire, ciò con cui trovano comodo identificarsi. Sono figure dinamiche, maschere in divenire, corpi in mutazione, il cui agire mantiene sempre qualcosa di opaco e di sfuggente. Come di consueto, Ozon ci fa grazia delle semplificazioni dello psicologismo. Non ci fornisce chiarimenti sul comportamento dei personaggi. Ricusa il freudismo d’accatto (a cui ricorre invece Claire quando chiede a David quali siano stati, da piccolo, i suoi rapporti con la madre). Le pulsioni al travestitismo del protagonista ci vengono descritte come un dato di fatto. Il giovanotto, che si mostra perfettamente a suo agio negli abiti femminili che indossa senza alcun imbarazzo o senso del ridicolo, dice di non sentirsi fisicamente attratto dagli uomini (vero è che quando al cinema un tipo allunga le mani sulla sua gamba, lui si mostra tutt’altro che infastidito…). Indossando gli abiti di Laura, David mira forse a realizzare una sorta d’identificazione con la moglie amata e perduta. Il suo, forse, è un modo contorto e perverso di riempire un vuoto intollerabile ed elaborare il dolore del lutto. Quando, vestito da donna, dà il biberon alla propria piccina, assume il ruolo stesso della consorte scomparsa. La sostituisce nelle sue funzioni materne. Ne evoca la presenza. Per il resto, lui non sembra nutrire dubbi sulle proprie inclinazioni sessuali. Si dice sicuro di amare le donne: «È forse perché le desidero che voglio somigliare a loro». Ma se in un primo tempo il suo travestitismo è vissuto come una cerimonia privata e clandestina da consumarsi in perfetta solitudine nel chiuso delle mura domestiche (Laura stessa, che sapeva, aveva mantenuto il silenzio), in seguito, dopo l’incontro con Claire, il suo desiderio di reinventarsi al femminile viene praticato come un rituale festoso ed eccitante da esibire provocatoriamente in pubblico, sotto gli occhi di tutti. E Claire? I desideri della ragazza conservano anch’essi qualcosa di ambiguo. Non c’è dato sapere se Claire sia segretamente attratta da David in quanto uomo che si traveste da donna, o non sia piuttosto ammaliata dalla nuova identità di lui, da quella Virginia che è la donna che è in David, il suo prolungamento femminile che ora emerge alla luce assumendo posture, movenze, intonazioni di voce spudoratamente femminei. Ma forse a suscitare in Claire emozioni nascoste e inconfessabili (si lasciano intuire in lei pulsioni lesbiche e necrofile quantomeno latenti) è soprattutto il ricordo affliggente dell’amica scomparsa, verso la quale, già nell’adolescenza, nutriva un’adorazione morbosa, la stessa che l’aveva indotta a ripercorrere negli anni le medesime scelte di vita dell’amata. La visione di David abbigliato con i vestiti di Laura è per Claire sicuramente uno choc. Nello spettacolo dell’uomo en travesti, la ragazza rivede il corpo perduto dell’amica d’infanzia, la cui morte l’aveva dolorosamente segnata, tanto da farla scivolare in una depressione profonda. Stabilendo con la “nuova amica” un sodalizio per tanti versi equivoco (David diviene agli occhi di lei figura sostitutiva dell’assente), Claire sembra mossa dall’aspirazione femminile a uno spazio separato composto di sole donne, un gineceo su cui aleggi benevolo, quasi nume tutelare, il fantasma di Laura.
NNicola Rossello, Cineforum n. 544, maggio 2015
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