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Giovedì 3 novembre 2016 – Scheda n. 4 (977)
Anomalisa
Regia: Charlie Kaufman, Duke Johnson.
Sceneggiatura: Charlie Kaufman. Fotografia: Joe Passarelli.
Montaggio: Garret Elkins. Musica: Carter Burwell.
Interpreti: personaggi animati in stop-motion.
Produzione: Starburns Industries, Snoot Entertainment.
Distribuzione: Universal.
Durata: 90’. Origine: Usa, 2015.
Charlie Kaufman
Nato a New York nel 1958, Charlie Kaufman studia a Boston, poi alla Scuola di Cinema di New York. Si trasferisce a Minneapolis dove fa diversi lavori per mantenersi, infine va a Hollywwod. È di famiglia ebraica: e l’ascendenza si sente nel tipo di comicità sottile e spesso malinconica. Fa lo sceneggiatore, il produttore e il regista. Comincia scrivendo sit-com per la Fox. Sul suo mestiere di sceneggiatore ha detto: «L’abitudine per uno scrittore è di consegnare una sceneggiatura e poi scomparire. Questo non fa per me. Io voglio essere coinvolto dall’inizio alla fine. E i registi per i quali ho lavorato, come Gondry e Jonze, lo sanno e lo rispettano».
È diventato celebre scrivendo alcuni film stravaganti e labirintici: Essere John Malkovich e Il ladro di orchidee di Spike Jonze e Se mi lasci ti cancello di Michel Gondry (2004), Oscar per la migliore sceneggiatura. Ha anche scritto Human Nature per Gondry (2001) e Confessioni di una mente pericolosa per George Clooney (2002). Ha debuttato come regista con Synecdoche, New York (2008), presentato a Cannes, seguito da questo Anomalisa, Leone d’argento alla Mostra di Venezia 2015. Duke Johnson, che affianca Kaufman come regista, si è occupato dell’animazione dei pupazzi.
Sentiamo Kaufman: «Il copione dello spettacolo teatrale che è il nostro testo di partenza sembrava fatto apposta per l’animazione. Io e Johnson abbiamo lavorato insieme per creare l’atmosfera e l’estetica di Anomalisa. Abbiamo cercato i migliori talenti di stop-motion [l’animazione a passo uno, un fotogramma per volta, ndr]: tecnici specializzati in scultura, costumi, pettinature, pittura delle scene, arredo, e infine esperti in animazione dei pupazzi per l’intricato processo del movimento dei pupazzi, alti una trentina di centimetri, diventati i personaggi del film, messi in posa e sistemati per ogni inquadratura fotografica... Se Anomalisa è un film d’animazione, la sua storia, però, si svolge in un mondo che sembra decisamente reale e comune, dall’abbigliamento ordinario dei personaggi fino alle noiose suite dell’hotel, ai corridoi, alle sale conferenze. Abbiamo cercato in tutto di far apparire reale il mondo della storia, ci siamo concentrati sui più piccoli dettagli come gli occhi luccicanti o le mani grassocce e tutti i modi di comportarsi. Volevamo che i corpi sembrassero veri. Il nostro obiettivo era rendere espressivi i personaggi. (...) Dal punto di vista simbolico e metaforico, questa decisione creativa avvalorava quello che stavamo cercando di fare e dire nel film, così abbiamo scelto di tenere intatta la strana linea che divide le due parti della faccia. Ci siamo tutti goduti quest’esperienza fatta per puro amore e passione. Non c’erano soldi per nessuno. Era come fare la recita scolastica nel miglior modo possibile. Nessuno era lì per una ragione diversa dal voler essere lì».
La critica
Una prima avvertenza, fondamentale: non farlo vedere ai bambini. Chi potrebbe esservi tentato perché è un film d’animazione se ne guardi bene, ripiegando su coniglietti e orsi polari. In Anomalisa Charlie Kaufman ha iniettato non solo la paranoia di Se mi lasci ti cancello (che scrisse), ma anche l’humor nero dell’unico titolo da lui diretto prima d’ora, Synecdoche, New York, forse il film più pessimista di tutta la storia del cinema. Però quelli erano molto belli; e lo è anche questo film d’animazione adulto e per adulti, dove Kaufman (con la collaborazione di Duke Johnson) compie il prodigio d’incarnare in figurine di cera animate con la stop-motion situazioni umane da cui molti potranno sentirsi toccati personalmente. La trama è appena un abbozzo. Michael Stone, autore di un best-seller motivazionale dal titolo ‘Come posso aiutarvi ad aiutali?’, atterra a Cincinnati per tenere una conferenza a un congresso di professionisti del servizio-clienti. Non tardiamo molto a capire che il tipo è in piena crisi esistenziale: beve troppo, contatta goffamente una sua vecchia fiamma che vive lì, parla malvolentieri al telefono con moglie e figlio, stenta a riconoscersi nel riflesso dello specchio. Per lui (e per noi che le ascoltiamo) tutte le voci sono identiche: salvo quella di Lisa (...).
A dirla in termini clinici, si dovrebbe ricorrere alla cosiddetta sindrome di Fregoli (e ‘Fregoli’ è proprio il nome dell’alienante hotel dove Michael alloggia), malattia psichiatrica di chi non riconosce le persone anche a lui più vicine, come se fossero mascherate - e non è un caso che i pupazzi animati abbiano il volto segnato da solchi simili a quelli di una maschera. Per gradi arriviamo però alla vera intenzione di Kaufman, che è un’altra (e diventerà palese nella conferenza di Michael): interpellarci, cioè, sulla ‘normalizzazione’ delle nostre vite, irridere una società tutta fiera della sua globalizzazione e della sua perdita di umanità, ma dove anche un ‘motivatore’ può scoprire di essere un omino di Magritte, un uomo-massa senza niente di umano. Salvo vedersi - in una scena onirica - perdere letteralmente la parte inferiore della faccia, rivelando il meccanismo che c’è sotto.
Gran premio della giuria a Venezia, candidato agli imminenti Oscar nella categoria animazione, Anomalisa è un film inclassificabile, strano e destabilizzante di cui, una volta entrati, si resta prigionieri. La cosa più straordinaria è il modo in cui, dopo qualche minuto di spiazzamento, dimentichiamo completamente di avere davanti delle marionette e ci mettiamo al posto del protagonista, identificandoci in lui come non ci accade spesso con gli attori in carne e ossa. Il lavoro tecnico (stile visivo, volume delle figurine, sapiente gioco d’illuminazione) è di grande qualità; eppure non è la chiave del film, che risiede piuttosto in quel transfert inedito e inaspettato: chi mai avrebbe pensato di trovare emozionante, tenera e perfino un po’ imbarazzante una scena di sesso tra due pupazzetti antropomorfici?
RRoberto Nepoti, La Repubblica – 25 febbraio 2016
Due i registi. Nell’ombra ha lavorato Duke Johnson che ha curato l’animazione. Ben conosciuto è Charlie Kaufman, sceneggiatore e regista fantasioso, mirabolante, anche cerebrale: nel senso che gli piacciono i racconti circon-voluti e in-voluti, e nell’altro senso che gli piace moltissimo girovagare nelle volute dei cervelli dei suoi personaggi. (...)
I protagonisti di Anomalisa sono pupazzetti alti una trentina di cm, fattezze umane o meglio quasi umane perché alcuni particolari (quelle giunture sulla testa...) sono diversi e inquietanti. I piccoli personaggi diventano nostri simili grazie all’animazione a passo uno, fotogramma per fotogramma, e grazie al loro sentire e vivere come noi. Come noi quando, come loro, siamo tristi e afflitti. Il lavoro d’animazione è molto controllato e tende non a distinguere troppo i nostri piccoli sosia da quel che siamo noi umani in carne e ossa quanto invece a sovrapporre quelle nostre copie a noi stessi con il risultato che dopo un po’ sentiamo di poterci se non identificare con loro perlomeno di poter viaggiare al loro fianco, sentire con loro quello che loro sentono, sentire che loro lo sentono come lo sentiamo noi. Michael Stone è un uomo di mezza età, abbattuto e senza più spinte, sta diventando una pietra. Gira gli States a fare conferenze come esperto di customer service, ha scritto un bestseller su come mettersi al servizio dei clienti (“How May I Help You Help Them?”), arriva in aereo a Cincinnati, deve restarci solo per una notte, telefona tristemente a casa alla moglie Donna, poi chiama Bella, una donna con cui ha vissuto, la invita all’hotel ma lei non ci sta, Stone conosce Lisa venuta per sentire la conferenza ed è con lei che va a letto, complice una canzone di Cyndi Lauper. Stone sta all’albergo Fregoli. Che caso. Fregoli come il trasformista, capace di cambiarsi velocissimamente d’abito e di mood, capace di essere tutti. In questa storia, per Stone tutte le persone che incontra hanno la stessa faccia e la stessa voce maschile, il tassista, il concierge dell’hotel, la moglie, Bella. Tutti meno Lisa che è diversa anche per la voce. Lisa sembra a Stone l’unica giusta e bella, la più persona di tutti e tutte. È diversa: appunto è AnomaLisa. Kaufman non perde nessuna delle occasioni che questi spunti di partenza gli offrono. Il film diventa divertente strambo felice sentimentale libero dolce. Persino metafisico. Persino magico. Addirittura sessualmente commovente. Poi anche doloroso, quasi kaufmanesco. È che qui Kaufman è molto più controllato del solito, anche quando continua a tirar fuori invenzioni e trovate dal suo cappello. Per dirne una, i due pupazzi, lei e lui, fanno sesso come non lo si vede mai in un film con attori umani, lo fanno sul serio, nella stanza 1007, con passione e amore, lussuria ed erotismo (puppet nudity!), intimità, complicità, abbandono e consapevolezza della solitudine. Se non sapessimo che Anomalisa è di Kaufman non diremmo che sia stato lui a inventarlo, scriverlo, dirigerlo grazie ai soldi raccolti con una colletta (che adesso chiamano crowdfunding). Non ci sono garbugli metacinematografici, niente distrazioni e cunicoli laterali, niente giochini e battutine per iniziati. C’è un’aria normale in questa anormalità: la vita è freddina, l’amore viene e va, incontrare Anomalisa è una grazia rara. I pupazzi si fanno una domanda che ci riguarda: “What is it to be human? To ache?” Sarà il soffrire? Nota. Nella versione originale le voci sono tre: Jennifer Jason Leigh (Lisa), David Thewlis (Michael) e Tom Noonan (tutti gli altri).
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