CINEFORUM ARCIFIC OMEGNA quarantatreesima stagione
in collaborazione con:
CINEMA SOCIALE - S.O.M.S. Società Operaia di Mutuo Soccorso Omegna
PIEMONTE AL CINEMA - IL CINEMA DIFFUSO promosso da Regione Piemonte, AIACE, AGIS
Giovedì 23 novembre 2006 – scheda n. 6 (709)
Joyeux Noël
Regia e sceneggiatura: Christian Carion
Fotografia: Walther Venden Ende. Scenografia: Jean-Michel Simonet.
Interpreti: Diane Krüger (Anna), Benno Fürmann (Nikolaus), Guillaume Canet (Audebert),
Gary Lewis (Palmer), Daniel Brühl (Horstmayer).
Produzione: Nord-Ouest Productions. Distribuzione: Sony.
Durata: 115’. Origine: Francia, 2005.
Il regista
Pochissime le notizie sul questo regista, arrivato al suo secondo film. Si tratta di Christian Carion, francese, nato a Cambrai il 4 gennaio del 1963. Carion ha esordito nel cinema con Une hirondelle a fait le printemps, film del 2001, quindi ha realizzato nel 2005 questo Joyeux Noël, cioè felice Natale, che è stato presentato al Festival di Cannes fuori concorso.
La critica
Incredibile ma, assicura il regista francese che ha fondato il suo Joyeux Noël, una verità dimenticata dalla storia su letture e ricerche (e sottoscrive lo storico della Grande Guerra Marc Ferro), tutto vero. Vera la sostanza, veri gli episodi e anche alcuni dei personaggi. Il giorno di Natale del 1914 sul fronte franco-tedesco si verificarono numerosi episodi di fraternizzazione tra opposte trincee. Uno in particolare: tra francesi e alleati britannici (un reparto scozzese) da una parte e l’esercito del Kaiser dall’altra. Vero è che un celebre tenore tedesco, sotto le armi come soldato semplice, improvvisò un recital e che la sua voce richiamò fuori dalle trincee i nemici e che tutti insieme festeggiarono al suono delle cornamuse scozzesi, stappando bottiglie di champagne messe in comune dai francesi. L’impatto di oggi non è lo stesso che ebbero in passato grandi film antimilitaristi sulla Prima guerra mondiale come Orizzonti di gloria o La grande guerra, quando era ancora viva la generazione combattente. Quando i numerosissimi episodi di rifiuto erano ancora censurati e stigmatizzati. Oggi non ricordiamo più che, non solo 90 ma ancora 60 anni fa la Seconda guerra mondiale fece dell’Europa un campo di battaglia feroce tra i popoli di un continente che oggi ha bandito la guerra dal proprio territorio. Questo film bisognerebbe portarlo a chi oggi vive ancora quegli stessi irriducibili odii. Purtroppo Carion non è Kubrick e la sua occasione non la sa sfruttare al massimo.
Paolo D’Agostini, la Repubblica, 20 gennaio 2006
Qualcosa di nuovo sul fronte occidentale con questo film tragicamente ottimista e ottimisticamente tragico sulla possibilità di fratellanza al fronte: la piccola illusione. Metti la prima guerra mondiale, la notte di Natale 1914 quando, come realmente avvenne nelle trincee, francesi, scozzesi e prussiani stopparono per qualche ora la violenza e brindarono all’anno nuovo che non si rivelerà meglio. Una verità dimenticata dalla storia, dice il sottotitolo, più la santa Messa e l’ugola d’oro di un tenore tedesco e della sua amata. Fango, sudore, polvere da sparo ed anche grandi traumi per un prete anglicano che non sopporta più l’incitazione alla morte e un tenente francese. Il tutto è gestito da Christian Caron, cresciuto in una zona occupata dai tedeschi, nel rispetto di una commozione obbligatoria che non toglie al film la sua verità e la sua nobiltà morale.
Maurizio Porro, Corriere della Sera, 20 gennaio 2006
Un film antimilitarista girato alla vecchia, vecchissima maniera. Un film che proprio grazie al suo essere così fuori moda finisce per esercitare una certa quale attrazione. Un film basato su fatti realmente accaduti nel giorno di Natale del primo anno di guerra, fatti di cui i libri di storia non parlano e di cui le alte gerarchie militari francesi anche oggi non amano parlare, tanto che il regista non ha avuto il permesso dell’esercito per girare nel Nord della Francia e il film è stato realizzato in Romania. Che ci siano stati dei soldati e degli ufficiali che sono usciti dalle trincee e hanno fraternizzato fra loro, sia pure per Natale, questo è visto ancora oggi come un atto di insubordinazione più che non di umana fratellanza. Scoppia la guerra. Nelle scuole francesi, inglesi e tedesche, gli scolari recitano poesie che incitano a combattere e sconfiggere il nemico. Due fratelli scozzesi partono per il fronte. La rappresentazione di un’opera lirica a Berlino è interrotta da un militare che annuncia l’entrata in guerra della Germania. Nell’agosto del 1914, si comincia a combattere. In una trincea, i soldati francesi e quelli scozzesi, nell’altra i tedeschi. La notte di Natale, sotto la luna, un tenore tedesco si mette a cantare, gli scozzesi suonano le cornamuse, gli ufficiali decidono un temporaneo armistizio. I soldati escono dalle trincee, dividono champagne, sigarette e cioccolato, ognuno ha una foto da mostrare, gli ufficiali mantengono un atteggiamento cavalleresco, la tregua non può durare, la guerra ricomincia e chi, quel giorno di Natale, l’ha dimenticata non avrà vita facile con i superiori, con chi non era lì al fronte e non ha vissuto quell’assurda parentesi di pace.
È vero che molto di quello che c’è in Joyeux Noël è già stato visto nei tanti film di guerra che sono contro le guerre. Eppure fa bene rivederlo: anche perché il film è costruito rispettando tutti i canoni delle sceneggiature e delle regie del tempo che fu, quando si entrava pian piano dentro la storia (anche dentro la Storia), con i personaggi presentati uno per uno, ciascuno con una sua caratteristica ben evidente, ciascuno raccontato in un suo personale episodio e messo in relazione con qualcun altro. Il tutto ben condotto, girato con una certa efficacia e con qualche punta retorica (anche della retorica dell’antiretorica) che non guasta. Quasi due ore di cinema come non se ne fa più per ricordare una vecchia storia di una volta alla maniera del cinema di un tempo. Perché no?
Bruno Fornara, Cineforum, n. 446, giugno 2005
La storia narrata ha luogo in uno dei tanti campi di battaglia nei quali i tre eserciti si fronteggiano dalle rispettive trincee distanti solamente qualche metro l’una dall’altra, e non si svolge in un giorno qualsiasi, ma bensì alla vigilia di Natale dell’anno 1914. Fino ad ora il ritratto emerso non differisce da una qualunque sterile cronaca di guerra, ma tutto ciò è destinato a mutare. Attorno a questi tristi avvenimenti s’intrecciano i destini di quattro persone tanto diverse quanto simili tra loro. È così che un prete anglicano (Gary Lewis), un tenente francese (Guillaume Canet), un tenore tedesco e la sua compagna (Benno Fürmann e Diane Krüger), una bellissima soprano, contribuirono a cambiare, almeno per una notte, le sorti di decine e decine di soldati che da ambo le parti, provati dai logoranti combattimenti e dalle ingenti perdite, decisero di indire una tregua così da poter celebrare serenamente il Natale senza spargimenti di sangue. Questo patto di non belligeranza permise ai soldati francesi, scozzesi e tedeschi di uscire dalle rispettive trincee, e così facendo, fraternizzando e confrontandosi tra loro, poterono scorgere l’uomo sotto la divisa, capendo di non condividere solamente la volontà di prevaricare gli uni sugli altri, ma anche le stesse identiche paure e inquietudini. Non fatevi ingannare dal titolo o dalla trama qui brevemente narrata. Quella che ad una prima occhiata potrebbe apparire un semplice strascico disneyano, dal sapore caramelloso e sdolcinato, del Natale ormai passato, non è altro che una storia vera. Il regista, Christian Carion, ha voluto raccontare in un film questo particolare episodio realmente accaduto la notte del 24 dicembre del 1914 che (come dice anche il sottotitolo alla versione italiana) la storia ha voluto relegare nel dimenticatoio. In effetti questa surreale, anche se momentanea, redenzione pacifista dei soldati sembrerebbe veramente scaturita dalla penna di uno dei più melensi sceneggiatori della Disney, se non fosse che Carion è riuscito a girare una pellicola nella quale a far da contraltare all’improvviso slancio buonista dei protagonisti, vi è, abbastanza ben tratteggiato, lo spettro di una guerra inevitabile (o per meglio dire potenzialmente evitabile) e tremenda, rendendo così l’episodio, per quanto simbolico esso possa essere stato, un mero grido di speranza rimasto inascoltato. […] Joyeux Noël però incontra un grosso ostacolo, come ormai accade spesso nel nostro paese, dal punto di vista del doppiaggio. Questa è una di quelle pellicole che dovrebbero essere distribuite esclusivamente sottotitolate, così da dare maggior veridicità a delle scene che altrimenti, doppiate completamente in italiano, risultano francamente ridicole (ad esempio quando soldati di nazionalità diversa, impegnati nel tentativo di comunicare fra loro pur non conoscendo ognuno la lingua dell’altro, si esprimono, grazie al doppiaggio, tutti nello stesso idioma).
Marco Cocco, www.cineclick.it, 20.01.2006
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