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Locandina del film
Ladi Vendetta - Locandina
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Lady Vendetta - Scheda del film

CINEFORUM ARCIFIC OMEGNA


quarantatreesima stagione

in collaborazione con:

CINEMA SOCIALE - S.O.M.S. Società Operaia di Mutuo Soccorso Omegna

PIEMONTE AL CINEMA - IL CINEMA DIFFUSO
promosso da Regione Piemonte, AIACE, AGIS


 

Giovedì 15 marzo 2007 – scheda n. 20 (723)



 Lady Vendetta

 
Titolo originale: Chin-jeol-han Geum-ja-set (Sympathy for Lady Vengeance)

Regia: Park Chan-wook

Sceneggiatura: Park Chan-wook, Chung Seo-kyung. Fotografia: Chung Chung-hoon.

Montaggio: Kim Sang-bum. Musica: Cho Young-wuk. Scenografia: Cho Hwa-sung.

Interpreti: Lee Yeong-ae (Lee Geum-ja), Choi Min-sik (Mr. Baek), Go Su-hee (Ma-nyeo),

Kim Bu-seon (So-young), Kim Shi-hoo (Geun-shik), Lee Seung-shin (Park Yi-jeong).

Produzione: Moho Films. Distribuzione: Lucky Red.

Durata: 112’. Origine: Corea del Sud.

 

Il regista

 

Park Chan-wook è un regista sudcoreano molto accreditato in Occidente, ha partecipato ai maggiori festival internazionali dove è stato premiato più volte. Il cinema sudcoreano (quello della Corea del Nord è ridotto a zero) negli ultimi dieci anni è diventato un prolifico serbatoio di nomi registi. Insieme al cinema cinese e hongkonghese, al taiwanese e al giapponese, non trascurando l’indonesiano che ha cominciato ad affacciarsi in Occidente (e che è molto interessante), il cinema coreano dimostra quanto l’Oriente sia un luogo di grande cinema, anche “esportabile” in altre culture. Park, questo è il cognome del regista, è nato nel 1963 nella Corea del Sud, fin da studente si interessa al cinema, fonda in cineclub, pubblica saggi a studi di critica cinematografica, dirige alcuni cortometraggi e nel 2000 il suo primo lungometraggio, JSA: Joint Security Area, presentato al festival di Berlino e diventato un grande successo internazionale (meno che in Italia). Con il successivo Sympathy for Mr. Vengeance, primo film della trilogia della vendetta, Park diventa un autore di culto tra gli amanti del cinema orientale. Anche Old Boy, presentato e premiato a Cannes e uscito anche da noi, è stato sommerso di critiche più che favorevoli, anche deliranti, da parte dei fan del regista. Questo Lady Vendetta è stato presentato in concorso a Venezia. Sentiamo una dichiarazione di Park: «Come per tutti i cineasti del mondo, per me l’aspetto fondamentale da considerare nella scelta del mio prossimo progetto è il modo in cui si raccorda alla mia opera precedente, il modo in cui quel film è collegato agli altri che ho girato e il modo in cui se ne distanzia. Sympathy for Mr. Vengeance, il primo film della trilogia della vendetta, è nato dal mio desiderio di affrontare il conflitto di classe in Corea del Sud dopo il mio primo film, JSA: Joint Security Area, che aveva guardato alla divisione tra Corea del Sud e Corea del Nord. LA mia intenzione era di concentrarmi sui due principi problemi sociali che gravano sulla mente dei coreani. Quindi, che ci si creda o no, quei due film sono di fatto legati l’uno all’altro come gemelli. ritornando con il pensiero ai miei progetti precedenti, dopo aver realizzato due pellicole sulla vendetta una dietro l’altra, ho scoperto il mio interiore. E quando l’ho esaminato, mi sono reso conto che il sovraccarico di rabbia, odio e violenza stava diventando veleno e mi stava trasformando l’anima in una terra arida. Sono giunto alla conclusione che dovevo adottare una rabbia più aggraziata, un odio raffinato e una violenza delicata. In fin dei conti, volevo che la vendetta fosse un atto di redenzione, una vendetta effettuata da una persona che cerchi di salvarsi l’anima. Ed è così che è nato Sympathy for Lady Vengeance». Che è il titolo internazionale del film di stasera.

 

La critica

 

La vendetta ha bisogno del tempo per potersi realizzare e del rito per potersi consumare come espiazione e catarsi. La vendetta, sentimento umano apparentemente negato dalle società civilizzate (invero presente nelle forme autorizzate della pena, e in quelle furbe della guerra) è stata da sempre tema privilegiato del cinema e della letteratura. Per stringere all’oggi, di tempo e di rito hanno avuto bisogno due registi che l’hanno ultimamente frequentata: Quentin Tarantino in due «volumi» per Kill Bill, e Park Chan-wook in una trilogia che, dopo Symphaty for Mr. Vengeance e Old Boy, ora si compie nelle nostre sale con Lady Vendetta. Park Chan-wook lo preferiamo a Tarantino per aver sezionato la luce bianca e accecante della vendetta nel prisma delle sue motivazioni antropologiche, filosofiche, religiose e umane. La storia di Lady Vendetta anche per questo gode una certa complessità. La nostra Lady si è fatta 13 anni di carcere per aver sequestrato e ucciso un bambino di sei anni, portata al folle gesto dal ricatto di un uomo che minacciava di morte la figlia. Dopo aver espiato la colpa vivendo la pena al servizio dei più deboli, la donna ordisce la vendetta, vestendo la mise di una dark lady in odore di santità. Di nero vestita, e armata dì una splendida pistola da lei stessa costruita, si mette sulle tracce dell’uomo. Nel percorso scopre una verità ancora più tremenda, che trasforma la vendetta da privata in collettiva. È su questo scarto che Park Chan-wook costruisce la piramide della sua opera, che a noi ricorda, nelle dinamiche messe in scena, le riflessioni dell’antropologo francese Rene Girard sul «capro espiatorio» e sulla ritualizzazione della catarsi collettiva. Ora, Lady Vendetta, che è passato in rassegna alla Mostra del cinema di Venezia, non è un saggio filosofico, è un film (che ricorda ancora di cosa è fatto il cinema), ma è bene sottolineare che la «vendetta» di Park Chan-wook è pensata e servita fredda.

Dario Zonta, L’Unità, 6 gennaio 2006

 

Curiosa la cinefilia occidentale, che per ogni decade ha bisogno di “eleggere” il talento esotico da vezzeggiare, sfoggiare ai festival come si fa con le porcellane e soprattutto, imitare. Tra gli anni ‘80 e i ‘90 il cinese John Woo; poi, incontrastato per qualche tempo, Takeshi Kitano; prima di entrambi Zhang Yimou, del quale si disse addirittura che certi film li facesse solo per noi che non abbiamo gli occhi a mandorla. Le mode non sono sempre sbagliate, ci mancherebbe, e senza Beat Takeshi le nostre visioni sarebbero miserelle. E poi, ad ogni eroe del momento, autore di culto, fenomeno cinéphile, corrispondono anche variabili sociali, addirittura antropologiche. Per dire: il nuovo millennio tormentato dal sentimento di vendetta che pervade un po’ tutti, i buoni e i cattivi, poteva eleggere solo il coreano Park Chan-wook come messia di un cinema diverso. Il suo Mr. Vendetta (2002), da noi sciaguratamente uscito solo in home video, è popolarissimo tra coloro che vivono i bassifondi dei piaceri cinematografici: scaricatori da Internet, bloggers, animatori e frequentatori di forum dedicati all’exploitation ma anche alle raffinate vagues d’Oriente. Il successivo Old Boy, Gran Premio della Giuria a Cannes nel 2004, ha permesso la conoscenza presso il grande pubblico, perché sdoganato dal principale festival del mondo e dal presidente della giuria Quentin Tarantino, che abbastanza a sproposito favorì un’analogia tra questo e i suoi film. A conclusione di una ideale trilogia, esce adesso Lady Vendetta, presentato alla Mostra di Venezia 2005 dove la protagonista Lee Yeong-Ae avrebbe dovuto vincere il premio come migliore attrice, e invece... Interpreta Geum-ja, candida fanciulla reduce da tredici anni di galera per l’omicidio di un bambino che, secondo uno schema tipico del regista, non ha commesso lei. Dal momento che conosce perfettamente l’identità del vero assassino (Choi Min-sik, l”old boy” dei nostri cuori), cova una rabbia fredda e quando la liberano si organizza per mettere in atto il più micidiale piano di vendetta mai concepito da una donna. Chi ama le sensazioni forti si accomodi. Lady Vendetta in Corea è stato un successo travolgente; particolarmente ammirata dai connazionali Lee Yeong-Ae, con la quale il diabolico Park Chan-wook si è quasi comportato come Orson Welles con Rita Hayworth in La signora di Shanghai. Facendo cioè a pezzi la sua immagine pubblica di star (acqua e sapone, nel suo caso). I motivi per i quali la trilogia della vendetta è così piaciuta nel Far East riguardano la tormentata cultura coreana e li lasciamo agli esperti del settore. Perché invece piaccia così tanto a noi è più interessante. Il primo motivo vale anche per gli altri (i John Woo, i Kitano, gli Tsukamoto che ci hanno folgorato negli anni): si trattano temi universali con una sensibilità completamente diversa dalla nostra, che mette in scena differenti “sensi del pudore” o “altre morali”. Esempio classico la rappresentazione della violenza, che gli orientali ritualizzano di più e a noi per questo sembra spettacolare e “divertente” (celebri le martellate di Old Boy) mentre per loro non è meno drammatica. Sono diverse concezioni del non filmabile che forse si compensano a vicenda, se è vero che in Giappone Suspiria è tra i dieci horror più visti di sempre. Il secondo motivo riguarda solo Park Chan-wook. È cattolico, come ben dimostra Lady Vendetta, e parla di espiazione e redenzione con un linguaggio (filosofico) che in qualche modo ci appartiene. Forse qui sta il fascino particolare dei suoi film. Un comune denominatore di chiavi di lettura del mondo e delle sue più terribili esperienze (la morte, la violenza, la vendetta) filtrate attraverso una visione che invece è distante dalla nostra. L’esotico che ci attrae e l’intrinseco che non ci fa più scappare via.

Mauro Gervasini, Film Tv, 27 dicembre 2005

 

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