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Whisky - Locandina del film
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Whisky - Scheda del film

 CINEFORUM ARCIFIC OMEGNA


quarantatreesima stagione

in collaborazione con:

CINEMA SOCIALE - S.O.M.S. Società Operaia di Mutuo Soccorso Omegna

PIEMONTE AL CINEMA - IL CINEMA DIFFUSO
promosso da Regione Piemonte, AIACE, AGIS

 

Giovedì 3 maggio 2007 – scheda n. 27 (730)

 

Whisky

 

Titolo originale: Whisky

Regia: Juan-Pablo Rebella e Pablo Stoll

Sceneggiatura: J.P. Rebella, P. Stoll, Gonzaldo Delgado Galiana. Fotografia: Bárbara Alvárez.

 Montaggio: Fernando Epstein. Musica: Pequeña Orquesta Reincidentes.

Scenografia: Gonzaldo Delgado Galiana.

Interpreti: Andrés Pazos (Jacobo Köller), Mirella Pascual (Marta Acuña),

Jorge Bolani (Herman Köller), Ana Katz (Graciela), Daniel Hendler (Martín),

Veroníca Perrotta e Mariana Velazques (le dipendenti di Jacobo).

Produzione: Control-Z, Films Pandora. Distribuzione: Kitchen Film.

Durata: 99’. Origine: Uruguay, 2004.

 

I registi

 

Un film dal lontano Uruguay fa un po’ specie. Eppure, in America Latina, in tutto il Cono Sur, dal Messico fin giù al Cile e all’Argentina, il cinema conosce un bel periodo di attiva e interessante creatività. Peccato che poi quasi tutti i film si fermino ai festival e solo raramente riescano ad arrivare nelle nostre sale. Comunque, godiamoci questa singolare eccezione, questo sorprendente Whisky diretto da due giovani registi, appunto uruguayani (una volta si diceva anche uruguagi, ma ci si riferiva soprattutto ai calciatori…) che si chiamano Juan-Pablo Rebella, nato a Montevideo nel 1974, e Pablo Stoll, anche lui di Montevideo e anche lui nato nel 1974. I due, sempre in coppia, avevano girato nel 2001 un primo film, 25 watts, che aveva avuto un buon successo ai festival. Questo loro secondo film, Whisky, è stato presentato al Festival di Cannes nella selezione ufficiale della sezione Un Certain Regard nel 2004 dove ha ricevuto ottime critiche, riuscendo così a essere distribuito in tutto il mondo (e il Cineforum è ben lieto di metterlo a conclusione del calendario 2006-2007).

 

La critica

 

Attenzione a non lasciarsi sfuggire questo film: Whisky di Juan-Pablo Rebella e Pablo Stoll è una commedia uruguayana sofisticata al punto da prendere in giro le economie disastrate e il cinema che ad esse si ispira, quello argentino, diretto, recitato e prodotto da under trentenni. Qui invece si mettono in scena tre personaggi di mezza età e la crisi economica di lunga durata e la rassegnazione danno vita a un umorismo feroce e imploso, tanto più i protagonisti sono tetri e le speranze di un futuro migliore destinate a precipitare. Il cinema argentino che attraversa un lungo periodo di splendore e il cinema uruguayano che può contare su interessanti risorse, lavorano da tempo insieme, si scambiano attori e produttori e in questa sorta di complicità non mancano le frecciate da una parte all'altra del Rio de la Plata. La Kitchen Film di Emanuela Piovano, regista e produttrice, esordisce felicemente nella distribuzione con questo film. Non c’è l’atmosfera di solidarietà, di creatività che ha vivificato la crisi argentina: nella fabbrichetta di Whisky, dimenticata dal processo capitalistico, dove si producono tristissimi calzini da vendersi nei magazzini a prezzi stracciati, si respira una torbida atmosfera di fallimento. Il padrone, la capo operaia e le operaie (due) ogni giorno compiono gli stessi gesti, appassiti e spenti come i prodotti che confezionano. Ma, colpo di scena, un giorno annuncia il suo arrivo il fratello del padrone anche lui fabbricante di calzini, ma siccome si è trasferito in Brasile, i suoi sono calzini colorati. C’è in questo sarcastico elemento manifatturiero, l’idea implicita dell’arretratezza e una citazione non troppo peregrina del divertente film argentino di Rejtman Los guantes magicos, anch’esso storia di un’imprenditoria strampalata (mai distribuito da noi, chissà perché). Il padrone chiede un favore alla sua factotum: interpretare la parte della moglie, per non essere da meno del fratello, e lei accetta con la precisione che mette anche nel suo lavoro, donna appassita ma non priva di sentimenti. I tre si troveranno a passare qualche giorno di vacanza in un hotel fuori stagione (altra citazione da La niña santa di Lucrecia Martel?) dove le emozioni cominciano a ribollire sotterraneamente, anche se con cautela e dove l’umorismo si fa sempre più acido, ma i personaggi non diventano mai patetici perché possiedono carattere, anche se sono provati dalla vita. Fenomenali i tre protagonisti Andres Pazos, Mirella Pascual e Jorge Bolani. «Whisky» è la parola che da quelle parti si pronuncia di fronte al fotografo per simulare il sorriso, anche quando non c’è niente da ridere, ma intanto il film ha fatto incetta di premi ovunque è stato presentato.

Silvana Silvestri, Il Manifesto, 2 giugno 2006

 

Occorrono buoni occhi, disponibili e pazienti, per entrare nel mondo ai margini del mondo raccontato da Whisky. Su quei margini vive Jacobo Köller (Andrés Pazos), che s’è fatto vecchio e grigio nell’ufficio della sua fabbrica di calze. Grigi sono anche i giorni che in quella fabbrica passa Marta Acuna (Mirella Pascual). Su entrambi, inesorabile, insiste il cinema di Juan Pablo Rebella e Pablo Stoll. Forse in sala qualcuno immagina che, procedendo, la storia di Whisky niente possa aggiungere a quello che sembra definitivo fin dalle prime inquadrature. E invece la sceneggiatura – scritta da Gonzalo Delgado insieme con Rebella e Stoll – ha in serbo un capovolgimento di prospettiva sorprendente. Jacobo e Marta non sono quel che sembrano. Soprattutto Jacobo non lo è. Il cinema dei due registi uruguaiani è “meticoloso” e lento. Lo è per scelta espressiva. Quello che accade davanti ai nostri occhi vale per come accade, appunto nella sua meticolosa lentezza. Giorno dopo giorno, gli stessi gesti riempiono le storie di vita di Jacobo e Marta. La mattina l’uomo sale sulla sua auto cadente, e a fatica ne avvia il motore. Dopo una colazione squallida in un bar in cui stenta a entrare la luce del giorno, eccolo davanti alla serranda arrugginita della fabbrica. Lì, in un angolo, lo aspetta la donna. Un cenno di saluto è quel che i due si scambiano, senza neppure riuscire a guardarsi in viso davvero. Subito dopo, parte il rumore delle macchine, con il suo ritmo sempre uguale. Jacobo si chiude nell'ufficio buio, e Marta per tutta la giornata raccoglie calze e le allinea dentro sacchi di plastica trasparente. Tutto sembra accadere da sempre, e minaccia di accadere per sempre. Si direbbe che il tempo non scorra, nelle loro vite, ma che solo si consumi e si perda. D’altra parte, se si hanno buoni occhi, e curiosi, ben presto in sala si impara a distinguere in questa uniformità muta. Sul volto di Marta si colgono cenni di rimpianto, e anche di una speranza che non sa esprimersi. Prima o poi, chissà, Jacobo vincerà la sua chiusura. E non importa che sempre quella speranza venga delusa. Ogni mattina, lei sarà di nuovo là, accostata alla serranda.

Quanto a lui, la sua vita è intristita da un’avarizia che non è solo economica. Non ama e non odia. Sta nella propria solitudine come dentro il suo ufficio senza luce: da prigioniero. Un po’ alla volta, la sceneggiatura ci racconta della madre morta un anno prima e del tempo che lui ha passato a curarla. Ma lo fa senza dirci né di un sua sofferenza allora, né di un suo rancore oggi. E poi, a mettere a rischio questa avarizia del cuore, dal Brasile arriva il fratello Herman (Jorge Bolani), che fa il suo stesso mestiere. Qui, per altro, nella uniformità triste del racconto il cinema inserisce lampi di comicità, a conferma della prossimità molto umana dei riso al pianto. E cornici in fondo sono tutti e tre, i fratelli e Marta, quando se ne vanno in una città sul mare per una fine settimana d’“allegria”: Jacobo e la sua operaia nella parte dei freschi sposi. Herman in quella dell’uomo di mondo, dell’imprenditore troppo impegnato per concedersi riposo. Quel che trovano, in riva all'Atlantico, è l’emozione provinciale di un grosso albergo vuoto, pretenzioso nel suo lusso consunto. In ogni caso, invano in platea si attende che tra Jacobo e Marta, “coniugi a tempo”, si apra quel rapporto che abbiamo visto intristito e negato nella prima parte di Whisky. In compenso, qualcosa si intravede del passato dei due fratelli: del confronto che Jacobo deve aver sofferto in silenzio e a lungo, dell’egoismo di Herman, e dell’ombra in cui fin da bambini questo deve aver tenuto quello. E infatti Jacobo si apre e si illumina solo quando, giocando a hockey da tavolo, può dimostragli una sua superiorità inattesa. Solo allora, distratto e per un attimo dolce, posa una mano sulle spalle nude di Marta in abito da sera, e quasi la stringe a sé. Ma poi l’avarizia dei cuore torna ad avere il sopravvento, e anche Marta finisce per “scegliere” Herman. Tuttavia, quando il film si chiude, un gesto sorprendente e prodigo di Jacobo stravolge tutto quello che la sceneggiatura sembrava averci suggerito. In platea, allora, si torna velocemente indietro con gli occhi della memoria, e si rovescia il significato della chiusura di lui alla speranza di lei. È forse solo per una generosità paradossale che Jacobo ha tenuto Marta lontana dalla propria vita triste. Forse è ancora per generosità che, di nuovo a casa, la induce a fuggir via, lontana da quel margine disperato del mondo. Quanto a lui, si chiude come sempre nel suo ufficio, mentre il tempo si consuma e si perde.

Roberto Escobar, Il Sole – 24 Ore, 4 giugno 2006

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