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Scheda del film (248 Kb)
Lady Macbeth - Scheda del film

 

in collaborazione con:

 

CINEMA SOCIALE  S.O.M.S. Società Operaia di Mutuo Soccorso Omegna

PIEMONTE AL CINEMA – IL CINEMA DIFFUSO
Promosso da Regione Piemonte, AIACE, AGIS

 

Giovedì 15 marzo 2018 – Scheda n. 21 (1023)

 

 

 

 

 

Lady Macbeth

 

 

 

Titolo originale: Lady Macbeth

 

Regia: William Oldroyd

 

Sceneggiatura: Alice Birk,

dal racconto La Lady Macbeth del distretto di Mcensk di Nikolaj Leskov.

Fotografia: Ari Wegner. Musica: Dan Jones.

 

Interpreti: Florence Pugh (Katherine), Cosmo Jarvis (Sebastian),

Paul Hilton (Alexander), Naomi Ackie (Anna),

Christopher Fairbank (Boris).

 

Produzione: Sixty Six Pictures. Distribuzione: Teodora Film.

Durata: 88’. Origine: Gran Bretagna, 2016.

 

 

William Oldroyd

 

 

Nato a Londra nel 1979, William Oldroyd è stato regista teatrale allo Young Vic Theatre, dove mette in scena testi di Ibsen, Sartre, Beckett e Shakespeare, anche a Parigi e a Tokyo. Nel 2016, legge la novella russa di Nicolaj Leskov La Lady Macbeth del distretto di Mcensk e decide di scriverne una sceneggiatura, ambientando l’intera storia in Inghilterra. Nasce il film Lady Macbeth, che esordisce al Sundance Film Festival, con ottime recensioni critiche e il favore del pubblico. Gli si apre una carriera anche di regista cinematografico.

Sentiamo il neoregista: «L’idea di partenza del film è della sceneggiatrice Alice Birch che, dopo aver letto il racconto di Nikolaj Leskov, scritto in Russia nel 1865, me lo ha passato; io l’ho letto e ho pensato che alcuni temi chiave – la sottomissione delle donne nella società, la vita nelle comunità rurali, una relazione illecita e passionale – sarebbero stati perfetti per un film. Il racconto originale è celebre anche per essere già stato adattato da Šostakovič per un’opera lirica del 1934, bandita poi da Stalin. Appena Alice Birch mi ha raccontato la storia, sono rimasto profondamente colpito. Nella letteratura di quel tempo donne come Katherine di solito soffrono in silenzio, nascondono i loro sentimenti o si tolgono la vita. Ma in questa vicenda abbiamo una giovane protagonista che combatte per la sua indipendenza e decide il proprio destino, anche attraverso la violenza. Il copione del film segue abbastanza fedelmente il racconto, ma presenta anche delle componenti originali, come per esempio il personaggio di Anna, e ha un finale diverso: nel testo di Leskov la protagonista viene smascherata e punita per i suoi crimini...

Riguardo alla scelta della protagonista, ho visto recitare Florence Pugh nel film di Carol Morley The Falling, ambientato in una scuola femminile degli anni Sessanta. La sua interpretazione mi ha molto impressionato, era aperta e onesta, e fin da subito ci è stato chiaro che avevamo trovato un’attrice con lo spirito giusto per il personaggio di Katherine. Florence ha regalato al film un’interpretazione incredibilmente forte e sicura di sé, ha un grande istinto attoriale, unito a un’ottima tecnica...

Il rapporto tra la protagonista e l’ambiente circostante mi ha affascinato fin dall’inizio. L’erica, le colline, la brughiera e il fiume sono tutti elementi vitali e seguono la trasformazione di Katherine nel momento in cui acquista una sempre maggiore consapevolezza e determinazione. In Gran Bretagna questo tipo di territori, misteriosi e selvaggi, si chiamano moorland e si trovano al centro di molti romanzi celeberrimi, da Il mastino dei Baskerville a Cime tempestose, da Orgoglio e pregiudizio a Jane Eyre. Abbiamo usato per le riprese la zona di Durham e della contea di Northumberland, ai confini con la Scozia. È una delle regioni con la minore densità abitativa di tutta la Gran Bretagna: riflette e amplifica l’isolamento di Katherine. Il mondo di cui Katherine entra a far parte è privo di bellezza: Alexander e Boris hanno costruito la loro fortuna con la rivoluzione industriale e non hanno avuto nessun contatto con la bellezza e la loro casa non ha molto colore. I costumi dell’epoca, poi, sono molto interessanti da esplorare: crinoline e corsetti sono dei simboli potenti per il personaggio di Katherine, la intrappolano fisicamente e mentalmente, e quel look austero esprime il carattere conservatore del mondo in cui si trova. Abbiamo anche attinto, per definire lo stile visivo del film, più alla pittura scandinava che a quella inglese, nel tentativo di aggiungere al film una luce del nord, più fredda e intensa al tempo stesso...

Finora sono stato un regista teatrale. Per prepararmi alla mia prima prova con il cinema ho dovuto capire come andava realizzata, perché dirigere uno spettacolo teatrale è molto diverso dal dirigere un film. Avere in mano una macchina da presa cambia tutto. Ho parlato con molti registi cinematografici. A seconda di quello che vuoi mostrare è molto importante il modo in cui utilizzi la macchina da presa. All’inizio la posizionavo semplicemente nel punto in cui sarebbe stato il pubblico in un teatro. Quando guardiamo uno spettacolo siamo noi stessi spettatori a selezionare le immagini, scegliamo noi dove guardare. Ma in un film, questa scelta spetta al regista. Quindi per me era normale lasciare questa possibilità al pubblico, ma in un film ci si aspetta che sia il regista a dire: “Devi guardare qui”. È stata una transizione difficile all’inizio, ma sono felice del risultato».

 

 

La critica

 

 

Lady Macbeth è uno dei personaggi femminili più completi e meglio delineati della drammaturgia shakespeariana: algida e calcolatrice, è tra le poche donne del teatro elisabettiano a rivelare un carattere ferreo e tenace – per quanto, certo, ricco di sfumature negative –, a non appiattire se stessa al volere dell’uomo, a non dedicarsi devotamente e mestamente all’amore, ma, al contrario, a fare del compagno di vita una pedina per il raggiungimento dei propri scopi. Se l’approccio con cui ci si accinge a guardare Lady Macbeth, opera prima di William Oldroyd, già presentata ai festival di Toronto e Torino, è quindi quello di chi desidera ritrovare nella protagonista cinematografica proprio questa essenza conturbante, dura e a tratti folle del character delineato da Shakespeare, sarà impossibile rimanerne delusi. Adattamento di Lady Macbeth del distretto di Mcensk di Nikolaj Leskov, il film si rivela fedele alla sceneggiatura teatrale russa (pur trasferendo l’ambientazione nella campagna bretone), ma al contempo riesce a rimanere straordinariamente in tema anche con l’originale Lady Macbeth di penna inglese. Katherine Lester (impersonata da Florence Pugh), infatti, è donna fredda, egoista, arrivista e crudele per eccellenza. La giovane sposa di Mr. Lester presentata, nel primo spaccato di narrazione, come annoiatissima e considerata da tutti alla stregua del mobilio (nessuno le parla e non deve far altro che eseguire gli ordini del marito), ben presto svela il suo terribile temperamento, tutt’altro che docile. Chiave che apre lo scrigno di Pandora è l’avvio di una relazione con lo stalliere: la donna annoiata e rinchiusa, la vittima di un marito impotente e disattento, trova nella passione travolgente e nel piacere carnale la propria libertà. Una libertà malata, che fa di lei a sua volta una malattia (a desease, la definisce l’amante), e una carnefice. Si innesca nel racconto così una spirale discendente di omicidi, di bugie, di fredde coperture, che porteranno la protagonista a scagliarsi, in difesa di se stessa, anche contro l’uomo per cui tutto era stato compiuto: Kathrine Lester sceglierà, egoisticamente, sé, prima di chiunque, anche prima dell’amore e delle sue promesse. Falsa e marcia, come rivela l’abbraccio, visivamente accostato al cavallo in decomposizione, questa Lady Macbeth rivisitata perde i pochi tratti umani del personaggio shakespeariano: niente più rimorso, nessun inconscio senso di colpa che, nella notte, faccia sfregare le mani nel tentativo di lavar via il sangue degli innocenti morti. Solo e soltanto un gelo spietato. Più impulsiva, ancora una volta rispetto alla versione del teatro elisabettiano, Katherine è poi anche meno “mente che muove pedine”: smacchia in prima persona, agisce, uccide con le proprie mani, non dipende dal prossimo neppure nel male. Eppure, mentre il suo abito – con una scelta stilistica mirabile – si scurisce sempre più nei toni, quasi fosse una rivisitazione del quadro di Dorian Gray, non c’è per lei alcuna redenzione. È una Lady Macbeth che non può trovare nella follia una via di fuga dalle proprie colpe e dai propri reati (e peccati), è fredda crudeltà senza via di scampo. È una perfetta, potenziata, Lady Macbeth shakespeariana.

KKatia Dell'Eva, cineforum.it, 14 giugno 2017

 

Immaginate Cime tempestose diretto da Alfred Hitchcock e avrete un’idea dello straordinario film di William Oldroyd.                                                     

                                                                                    Eric Kohn, Indiewire

Forte di uno stile di impressionante austerità e di una narrazione senza cedimenti, il dramma di William Oldroyd rivela lentamente una violenta ambiguità morale che colpisce lo spettatore contro ogni aspettativa.

                                           Guy Lodge, Variety

Lady Macbeth sembra collocarsi all’interno delle convenzioni del dramma in costume, ma riesce a cavare sangue fresco da materiali antichi, grazie ad un cast brillante, ai sottili rimandi alle questioni razziali e di genere contemporanee, e a una sorprendente vena di melodramma gotico.

                                                            Stephen Dalton, Hollywood Reporter

Il clamoroso debutto alla regia di Oldroyd è un noir vittoriano, capace di essere brillante, sensuale e rigoroso: qualità incarnate con un carisma straordinario dall’attrice protagonista, Florence Pugh.

                                                       Peter Bradshaw, The Guardian

Florence Pugh è elettrizzante, con una interpretazione così vivida che fin dall’inizio siamo dalla sua parte, il che rende le sue macchinazioni e la sua sconvolgente amoralità una sfida audace con cui confrontarsi.

                                              Tim Robey, The Telegraph

Con questo dramma a porte chiuse di devastante crudeltà sui rapporti di classe e la violenza del patriarcato, Oldroyd impone uno stile che evoca Henry James e Michael Haneke, nonché un’attrice, Florence Pugh, formidabile nel ruolo di una Bovary pulp.

                                             Nicolas Schaller, Le Nouvel Observateur

 

 

 

 

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di Preston Sturges

 

 

Evviva! Secondo, attesissimo, appuntamento con un capolavoro risuscitato. Regia del portentoso e inimitabile Preston Sturges, uno dei massimi registi di commedie americane.

Sir Alfred fa il direttore d’orchestra ed è convinto dell’infedeltà della moglie. Mentre dirige un concerto si immagina tre soluzioni al suo problemino: la prima gli viene suggerita da Rossini, la seconda da Wagner, la terza da Čajkovskij.

Divertimento di alta intelligenza, condito di ironia e paradosso. Grandi prove di attori, Rex Harrison e Edgar Kennedy.

Durata: 93’.

 

 

Giovedì 22 marzo, ore 21

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