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Scheda del film (243 Kb)
The VVitch - Scheda del film

 

in collaborazione con:

 

CINEMA SOCIALE  S.O.M.S. Società Operaia di Mutuo Soccorso Omegna

PIEMONTE AL CINEMA – IL CINEMA DIFFUSO
Promosso da Regione Piemonte, AIACE, AGIS

 

Giovedì 5 aprile 2018 – Scheda n. 24 (1026)

 

 

 

 

 

 

The VVitch

The Witch

 

 

 

Titolo originale: The Witch

 

Regia e sceneggiatura: Robert Eggers

 

Fotografia: Jarin Blaschke. Musiche: Mark Korven

 

Interpreti: Anya Taylor-Joy (Thomasin), Ralph Ineson (William),

Kate Dickie (Katherine), Harvey Scrimshaw (Caleb),

Ellie Grainger (Mercy), Lucas Dawson (Jonas),

Julian Richings (il governatore), Bathsheba Garnett (strega),

Sarah Stephens (giovane strega), Wahab Chaudhry (Black Phillip),

Axtun Henry Dube e Athan Conrad Dube (Samuel).

 

Produzione: Parts and Labor, Code Red Prod. Distribuzione: Universal Pictures.

Durata: 92’. Origine: Stati Uniti, 2016.

 

 

Robert Eggers

 

 

Un nome nuovo per il cineforum. Robert Eggers è nato nel 1983, nel New Hampshire (Usa). Ha cominciato in teatro a New York, ha fatto lo scenografo e il costumista, ha diretto alcuni corti, Hansel e Gretel (2007), The Tell-Tale Heart (2008), Brothers (2015), poi questo The VVitch o anche, più esplicitamente The Witch, suo esordio nel lungometraggio, presentato al Sundance Film Festival dove ha vinto il premio per la miglior regia.

Sentiamo qualche sua dichiarazione: «Volevo portare sul grande schermo le persecuzioni e il puritanesimo di un’epoca in cui le donne erano spesso percepite come simbolo dell’oscurità e del male, così come continuano ad essere viste anche ai giorni nostri, in alcune società restrittive. Sono affascinato dal “femminile oscuro”, soprattutto dal mito della strega. Le ombre di Salem e delle streghe sono più che mai vive nell’inconscio delle persone di oggi. Siamo intrappolati in quegli stessi cicli di pensiero, che sono estremamente regressivi e orrendi. La strega rappresenta ancora oggi l’oscurità dell’ignoto: è ancora colei verso la quale le persone puntano il dito, con fare accusatorio...

Sono cresciuto in una città rurale del New Hampshire, piena di fattorie fatiscenti, di vecchi cimiteri, nel bel mezzo della foresta, dove di notte si sentono spesso dei rumori. Il New England del passato è sempre rimasto nel mio inconscio. La storia delle streghe e della stregoneria di questa regione è stata una parte importante dell’immaginario della mia infanzia...

Da giovane ho visto molti film horror, tra cui i classici della Universal e le produzioni degli Hammer Studios. Inoltre, ero molto attratto dai film espressionisti tedeschi, Il gabinetto del dottor Caligari, le opere di F. W. Murnau, i drammi filosofici di Ingmar Bergman. Di Bergman, il più efficace regista di horror secondo me, mi interessano gli aspetti psicologici ed emozionali di Sussurri e grida, uno dei più terrificanti film horror che abbia mai visto. Un’altra grande influenza ha esercitato su di me Shining di Stanley Kubrick, uno dei più spaventosi film di tutti i tempi...

Il mio film ruota attorno alla figura di un patriarca molto determinato, che decide di trasferire la sua famiglia in un’area remota, dove ciascuno viene assalito dalla disperazione, dalla follia e da una violenta possessione...

Ho lavorato molto sulla sceneggiatura, in particolar modo sulla creazione del linguaggio dei personaggi, quello parlato dai contadini dell’epoca. Ho raccolto delle citazioni in racconti popolari, opuscoli sulle streghe che erano l’equivalente dei nostri giornali scandalistici, documenti di processi e diari puritani. Anche le preghiere recitate nel film sono originali...

Ho contattato la Plimoth Plantation, un posto nel Massachusetts che ospita la ricostruzione della Colonia di Plymouth del 1627, chiedendo la loro cooperazione nella produzione. Ho così ottenuto accesso alla piantagione e al villaggio coloniale. Volevo esplorare le tradizioni legate a queste storie di stregoneria, sia le versioni reali che quelle fiabesche, e a quei tempi la linea divisoria tra le due era piuttosto indefinita. Ho concentrato le mie ricerche sul New England, dove ho verificato il ripetersi delle stesse storie ed eventi: erano storie esotiche, primordiali, inattese, ma anche semplici. Quando vivi in una società dove esistono certe credenze, queste divengono delle forze potenti che finiscono per dominare un’intera comunità...».

 

 

La critica

 

 

New England, terra di streghe. 1630, secolo di crudeltà. Una famiglia scacciata dalla comunità puritana, dieci anni dopo l’arrivo del Mayflower. Padre, madre, cinque figli. Un bambino perso – rapito? scomparso? evaporato? – tra uno sguardo e l’altro della sorella che lo sta guardando. La casa vuota. Un capro nero che ha un nome, Black Phillip. Un coniglio che potrebbe non essere normale. Il bosco inquieto. Una madre isterica. Un padre smarrito dalla voce sepolcrale (nella versione originale). Un bambino e una bambina: posseduti? La fede inutile, il peccato, una religiosità ossessiva e pesante, sopraffazione e possesso, fanatismo e claustrofobia. La donna-strega sono sempre gli altri a costruirla...

Robert Eggers, 34 anni, esordisce nel lungo dopo due cortometraggi: il primo è un Hansel and Gretel, dai Grimm, sui due fratellini abbandonati, ripresi e di nuovo abbandonati dai genitori; il secondo è The Tell-Tale Heart dal racconto Il cuore rivelatore di Edgar Allan Poe. Ottimi riferimenti: una fiaba nera con genitori orribili, il bosco profondo, la strega che vuole cucinarsi e mangiarsi i bambini, la fuga, la matrigna morta; e un racconto con un assassino, un occhio ossessivamente incombente e un cuore che dovrebbe tacere per sempre e che invece batte troppo, troppo forte. The Witch, nei titoli di testa, è scritto The VVitch, con la doppia w sdoppiata in due v. Tutto è doppio o più che doppio nel film. Soprattutto è doppia la famiglia, tra religiosità e dannazione, tra purezza obbligata e repressione esplosiva. Famiglia in cui sono i genitori a costruirsi la strega nella figlia umiliata. Quello che Eggers fa con tutti questi elementi classici dell’orrore è usarli in maniera prosciugata, nuda e cruda, in molti momenti addirittura arida. Una specie di horror ascetico: non si va verso l’esplosione neppure quando il sangue sporca volti e corpi. Al contrario: si tiene a distanza la materia per strizzarne fuori i risvolti strozzati e reali. E umani, cioè a dire crudeli e angoscianti: così che il satanico sabba liberatorio finale risulti felice, aereo, volante, desiderato. Una infernale, ribaltata e blasfema ascesa al cielo. La wilderness non si trasforma in giardino ma in abisso. Eggers usa l’inquadratura per dichiarare in maniera oggettivamente non-citazionista i suoi molti riferimenti. Si vedono i pittori fiamminghi, si vede la luce bianca delle candele di Georges de La Tour, sembra che si intrufoli anche un po’ di Bosch (con quel granaio che viene dalla Adorazione dei Magi...). Non c’è traccia di toni gotici in The VVitch. Il gotico, in fin dei conti, è attraente e riposante. Qui c’è invece una fredda determinazione, c’è spoliazione di persone, ambienti, gesti, voci. Anche la visionarietà non è appagante: ci viene gelidamente negata. Sono l’angoscia e l’oscurità a interessare Eggers. Angoscia e oscurità che abitano le persone. L’approdo dell’orrore non è l’attraente perturbante: sono il deserto e il vuoto. Deserto e vuoto, nutrimenti del male. Deserto e vuoto, in ogni immagine del film. L’innaturale si nutre del peggio dell’umano.

BBruno Fornara, su facebook, 25 agosto 2016

 

Si è fatto un gran parlare di The Witch fin dall’edizione 2015 del Sundance Film Festival, dove l’esordio alla regia di Robert Eggers fu acclamato dal pubblico e vinse il premio per la miglior regia; non è in effetti facile imbattersi in opere prime così nette e chiare, soprattutto se ci si immerge nel sottobosco del cinema “di genere”. The Witch è a tutti gli effetti, e senza alcuna voglia di sottrarsi alle proprie responsabilità, un horror, eppure fin dalle primissime sequenze sembra prendere le distanze dalla stragrande maggioranza degli altri film a lui coevi che cercano di mettere in scena l’orrore. (...)

The Witch narra infatti la difficile vita di una famiglia puritana inglese trapiantatasi nel Nuovo Mondo nel diciassettesimo secolo. Scacciata dalla comunità della quale era membro per supposta eresia del pater familias, come sembra ipotizzare il breve processo su cui si apre il film, la famiglia (padre, madre e cinque figli, di cui uno appena nato) costruisce una fattoria al limitar del bosco. Un bosco oscuro, nel quale scompare il più piccolo tra i pargoli. È stata una strega? O si tratta di un lupo, come afferma il padre? E se di mezzo c’è un maleficio, chi l’ha scagliato? I due gemelli di sei/sette anni sembrano esser certi che è la loro sorella maggiore a trafficare con la magia nera, e parlano con un caprone nero, Black Phillip…

Eggers non ha alcuna intenzione di trasformare The Witch in una sarabanda sanguinolenta da condurre a colpi di grand guignol, e ha ben chiaro fin da subito il vero “nemico” dei suoi protagonisti: non tanto la natura, di per sé non certo benevola, e neanche il male nella sua accezione canonica, ma il rapporto osmotico con una fede dominata dalla paura, e dalla superstizione. Caleb, il giovane figlio, interroga in maniera incessante il padre: visto che il suo fratellino è morto prima di aver ricevuto il battesimo, è forse all’Inferno? E perché Dio, che è tanto caritatevole, dovrebbe accanirsi su un innocente? Tutti, in The Witch, agognano la purezza e si sentono sporchi per un peccato originale che è quello di pensare, e di non essere solo la forma incarnata dell’idea del Creatore; tutti, inevitabilmente, dovranno fare i conti con una realtà che è ben diversa da quella che sognano e che può assumere i contorni, perché no, del demonio e delle sue infinite aberrazioni.

RRaffaele Meale, quinlan.it, 24 aprile 2016

 

 

 

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di ???

 

 

 

Arriva il film sorpresa che è una bella sorpresa perché... Ah, no, non si può dire niente: sorpresa totale.

Il film sarà albanese o andorrano (mai successo...) argentino armeno australiano austriaco belga brasiliano canadese ceco cileno cinese colombiano danese egiziano finlandese francese gallese georgiano giapponese giordano greco indiano inglese iraniano irlandese israeliano italiano ivoriano kazako keniota liechtensteiniano (mai successo...) marocchino messicano namibiano neozelandese norvegese olandese palestinese peruviano polacco portoghese portoricano rumeno russo sammarinese (mai successo...) scozzese senegalese siriano spagnolo sudafricano statunitense (forse...) svedese tedesco tunisino ungherese vaticano (mai successo...) vietnamita zambiano...

La durata si può dire: 120’.

 

 

Giovedì 12 aprile, ore 21

Cinema Sociale - Omegna

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