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Locandina del film
Thr constant gardener - Locandina del film
Links del film
Scheda (pdf - 223 KB)
The Constant Gardener - La cospirazione - Scheda del film
CINEFORUM ARCIFIC OMEGNA
quarantatreesima stagione


in collaborazione con:

CINEMA SOCIALE – S.O.M.S. Società Operaia di Mutuo Soccorso Omegna

PIEMONTE AL CINEMA – IL CINEMA DIFFUSO
Promosso da Regione Piemonte, AIACE, AGIS

Giovedì 26 ottobre 2006 – scheda n. 2 (705)


The Constant Gardener – La cospirazione

Regia: Fernando Meirelles
Sceneggiatura: Jeffrey Caine, dal romanzo di John Le Carré.
Fotografia: César Charlone. Montaggio: Claire Simpson.
Musica: Alberto Iglesias. Scenografia: Mark Tidesley.
Interpreti: Ralph Fiennes (Justin Quayle), Rachel Weisz (Tessa Qayle),
Hubert Koundé (Arnold Bluhm), Danny Huston (Sandy Woodrow),
Daniele Harford (Miriam), Packson Ngui (l’ufficiale dell’obitorio),
Damaris Itenyo Agweyu (la moglie di Jomo), Bernard Otieno Odour (Jomo).
Produzione: Production Focus Features. Distribuzione: Bim.
Durata: 128’. Origine: GB, Germania, Kenia, 2005.


Il regista

Il brasiliano Fernando Meirelles già da studente ha realizzato molti video con i quali ha vinto numerosi premi nei festival di cinema amatoriale e sperimentale. Dopo aver fondato lo studio Olhar Eletronico per lavori televisivi, ha diretto nel 1989 per la tv Ra-Tim-Bum, popolare serie per bambini. Ha così potuto aprire uno studio cinematografico indipendente, lo 02 Filmes, il più importante del Brasile. Del 1997 è il suo primo lungometraggio, O meninho maluquinho. Nel 2000 ha diretto il corto Palace II, che ha utilizzato come punto di partenza per il film che gli ha dato la notorietà, Cidade de Deus (Città di Dio). Questo The Constant Gardener è stato presentato in concorso a Venezia nel 2005. Meirelles: «Se il mio film portasse alla polemica, alla discussione, sarebbe sicuramente utile, ma non credo che succederà. Il film si occupa di africani usati come cavie per testare farmaci, ma il problema maggiore è la politica dei prezzi dei farmaci che vengono venduti a prezzi esorbitanti, determinando poca possibilità di accesso ai farmaci per chi ne ha bisogno».


La critica

Devono essere cambiate alcune cose. Nel cinema, a Hollywood. Qualcuna in peggio: vista l’innocua staticità nel panorama dei troppi blockbuster di grosso consumo. Qualcuna in meglio: visti due film come Syriana di Stephen Gaghan e The Constant Gardener di Fernando Meirelles. Da Syriana si esce frastornati: per un verso, non si è in grado di ricostruire il misterioso intrigo e il tortuoso percorso narrativo di attentato in delitto, di trappola in voltafaccia, di giravolta in esplosione; per un altro verso, però, si arriva a ottenere il preciso quadro complessivo dell’universo e del sottobosco che gira intorno al petrolio, con spie e doppigiochi, tra Medio Oriente, Europa e America, interessi colossali, guerre guerreggiate, colpi finanziari, brutalità felpate ed esplicito terrore. Ugualmente, da The Constant Gardener, si esce con la consapevolezza di come operi un altro e per certi versi simile mondo, quello delle grandi case farmaceutiche, della diplomazia europea, britannica nella fattispecie, e della classe politica africana, keniota in questo caso, mondo attraversato dalla corruzione e da una cinica spregiudicatezza, esercitata sulla pelle dei troppi esseri inermi e dannati che ancora abitano la terra.

(…) Sono differenti i due film nella loro costruzione: alla fine di Syriana è chiaro il quadro generale, mentre restano oscure molte delle tante ramificazioni dell’intrigo; al contrario, fin dall’inizio di The Constant Gardener il panorama generale è chiarissimo. All’inizio del film di Meirelles, c’è una doppia uccisione. Sulla sponda melmosa e desertica del lago Turkana, in Kenia, un’auto si ribalta, arrivano degli uomini armati e portano via un cadavere. Stacco. Nel suo ufficio della British High Commission, un diplomatico di medio livello e di poca carriera, Justin Quayle, più preoccupato dei suoi fiori che non della situazione politica internazionale, sta bagnando le sue piante quando gli danno la notizia che la moglie Tessa è stata uccisa. Si torna al momento in cui Justin e Tessa si sono conosciuti. Lui, cauto conferenziere: «La diplomazia è non solo la mappa ma la bussola della civiltà perché indica alle nazioni la via più sicura da seguire in paesi pieni di insidie e pericoli». Lei, provocatoria e ostinata pacifista: «Che tipo di bussola usa la Gran Bretagna quando ignora completamente le Nazioni Unite e decide di invadere l’Iraq?».
The Constant Gardener è tratto da un romanzo di John Le Carré, in italiano «Il giardiniere tenace». (…) In The Constant Gardener, libro e film, ci sono i motivi di Le Carrè, ma intrecciati in maniera differente e su tre livelli. C’è la storia di una truffaldina, omicida e redditizia speculazione e sperimentazione farmaceutica. Fuori da ogni regola: perché la casa produttrice del Dypraxa, un farmaco contro la tubercolosi, trova comodo usare donne e bambini ignari, come cavie. C’è la storia spionistica, industriale e diplomatica di come la casa produttrice del Dypraxa sia in ottimi rapporti con la connivente diplomazia inglese e i rapaci governanti africani. C’è infine, ed è la vicenda che più trova spazio nel film, la storia d’amore tra il diplomatico Quayle e la giovane moglie Tessa, lui mite e pacifico, lei impegnata pacifista. The Constant Gardener ha un’altra particolarità, rispetto a quello che succede nei film a intrigo: non si fonda sulla logica stringente del whodunit, della ricerca e della scoperta di chi sia stato a uccidere, di chi abbia architettato ed eseguito il piano. È chiaro fin dall’inizio che la morte di Tessa e del suo amico Arnold Bluhm è stata decisa e voluta da chi nasconde e difende i tanti interessi in gioco. Non si devono qui trovare i colpevoli, identificati fin dalle prime sequenze. The Constant Gardener dà per scontato – ed è una decisione piuttosto sorprendente nel cinema hollywoodiano – quali sono gli interessi, le partite e contropartite in gioco, tra corrotti di ogni tipo e paese, industriali di Big Pharma, diplomazia inglese, politici kenioti. Non è questo l’obiettivo del film, e infatti The Constant Gardener diventa un’altra storia, mano a mano che il tenace Justin Quayle, un attento e attendibile Ralph Fiennes, procede nel suo percorso di ricerca delle prove: diventa la storia di un amore che rinasce dopo la morte di Tessa, una Rachel Weisz piena di vita e di rabbia.
Justin è un giardiniere costante, con le sue piante. Ed è un uomo riservato e tenace nel suo amore per Tessa. Tessa «era capace di tutto pur di ottenere quel che voleva» (al che un altro, orribile, personaggio risponde: «è la descrizione di una puttana…»). Justin non vuole che Tessa sia dimenticata e che la sua morte sia avvolta nel silenzio e nella vergogna. Non vuole che ogni morte e ogni cadavere, anche quelli delle donne uccise dalle medicine, siano sepolti e cancellati sotto uno strato di cemento. Lui coltiva fiori, ama la terra, è dalla terra che rispuntano nuove piante. Il motivo profondo del film è questa decisione di Justin di continuare a coltivare il suo amore per Tessa, di salvarlo e ritrovarlo alla fine, dopo essere riuscito a recidere qualche mala pianta. E salvare l’amore per Tessa vuol dire tornare da lei, farsi nero tra la gente d’Africa, rientrare in Kenia con il nome di Black, atterrare in un villaggio isolato dove un medico cura come può i suoi malati e dice chiaro e tondo - e, di nuovo, fa un certo effetto sentirlo dire in un film hollywwodiano – che «le grandi case farmaceutiche sono come i grandi trafficanti d’armi, è così che il mondo fotte l’Africa». In tal modo, Justin, alla fine, può dire a se stesso, su quella spiaggia del lago dove Tessa è stata violentata e uccisa: «Io sono a casa».
(…) In The Constant Gardener la regia di Meirelles segue diverse strade: è più cauta e attenta quando c’è da osservare il sottotesto di intrighi, cinismo e corruzione; è appassionata e spezzata quando Meirelles si butta dentro la scena per dire la felicità o la paura, la disperazione o lo stupore. Allora la macchina da presa si fa testimone diretto, si muove a scatti, il discorso si rompe, si passa da primi piani ravvicinati a campi lunghi, la pellicola mostra tutta la sua grana, il colore si raggruma, il mondo si fa marrone e assetato negli esterni, o verde e paludoso in certi interni come nell’ospedale in cui Tessa va a partorire o nella casa di Justin quando i segreti vengono a galla. Meirelles gioca bene la sua partita. È un regista che a Hollywood porta a termine una missione difficile: girare un film sulle vergogne e sul senso di colpa di noi occidentali e mostrare il mondo degli ultimi. Dice uno dei colleghi di Justin: «Non credo che ti convenga andare in giro a sollevare pietre, Justin. Ci vivono delle strane creature sotto le pietre. Specialmente nei giardini esotici». Meirelles, a Hollywood, qualche pietra l’ha alzata.
Bruno Fornara, The Constant Gardener, introduzione al dvd del film, Feltrinelli, 2006

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