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Locandina del film
Locandina Broken Flowers
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Scheda pdf (156 KB)
Broken Flowers - Scheda del film

CINEFORUM ARCIFIC OMEGNA
quarantatreesima stagione

in collaborazione con:

CINEMA SOCIALE - S.O.M.S. Società Operaia di Mutuo Soccorso Omegna

PIEMONTE AL CINEMA - IL CINEMA DIFFUSO
promosso da Regione Piemonte, AIACE, AGIS

 

Giovedì 14 dicembre 2006 – scheda n. 9 (712)

 

Broken Flowers

 

Regia e sceneggiatura: Jim Jarmusch

Fotografia: Frederick Elmes. Montaggio: Jay Rabinowitz.

Musica: Mulatu Astatke. Scenografia: Mark Friedberg.

Interpreti: Bill Murray (Don Johnston), Jeffrey Wright (Winston),

Heather Simms (Mona), Sharon Stone (Laura Daniels Miller),

Alexis Dziena (Lolita), Frances Conroy (Dora Anderson), Christopher McDonald (Ron),

Jessica Lange (Carmen Markowski), Chloë Sevigny (l’assistente di Carmen),

Tilda Swinton (Penny), July Delpy (Sherry).

Produzione: Focus Features, Bac Films. Distribuzione: Cdi.

Durata: 106’. Origine: Usa, Francia, 2005.

 

Il regista

 

Con Broken Flowers, Jim Jarmusch, un regista che il Cineforum segue fin dall’inizio della sua carriera, ha fatto un bel passo avanti nella considerazione critica e nel favore del pubblico. Nato ad Akron, in Ohio, nel 1953, Jarmusch studia a New York e a Parigi, poi diventa allievo e assistente del grande regista Nicholas Ray. Dirige il suo primo film, un mediometraggio, nel 1980, Permanent Vacation, ma il film che lo impone in campo internazionale è il secondo, Stranger than Paradise, del 1984, Caméra d’Or a Cannes come miglior esordiente. Del 1986 è Daunbailò che ha per protagonista Roberto Benigni, visto all’Arcific come il successivo Mistery Train, del 1989. Dopo un film minore come Taxisti di notte – Los Angeles, New York, Parigi, Roma, Helsinki, dirige un bel western anomalo e metafisico, Dead Man(1996), con Johnny Depp e Robert Mitchum, seguito da un altro bel film Ghost Dog, anch’esso visto al Cineforum. Dopo un documentario su Neil Young, Year of the Horse (1997) e dopo un film a sketch come Coffee & Cigarettes, arriva questo Broken Flowers, presentato a Cannes nel 2005 dove ha vinto il gran premio della giuria.

 

La critica

 

Tutto comincia con una lettera: una lettera rosa scritta con inchiostro rosso che una mano sconosciuta infila in una buchetta e che poi viaggia, su furgone, su nastro trasportatore, in aereo, fino alla postina che la getta davanti a una bella casa suburbana. All’interno, un uomo in tuta sta seduto sul divano e guarda in Tv un vecchio film dove Douglas Fairbanks fa Don Giovanni (Le ultime avventure di Don Giovanni 1934, di Alexander Korda). Pochi minuti dopo la fidanzata, più giovane, lo lascia, esasperata: «Non voglio più stare con un Don Giovanni in decadenza». E l’uomo, Don, torna sul divano, guarda il film, si sdraia, si addormenta. Dissolvenza. Impassibile, come immerso nel vuoto, Bill Murray è la faccia più impenetrabile e solitaria che circola sullo schermo dai tempi di Buster Keaton. In Broken Flowers (come accadeva in Lost in Translation, ma anche prima, nei Tenenbaum o in Ricomincio da capo), pare che l’immobilità gli serva per schivare la vita, che continua a girargli intorno senza riuscire a catturarlo. Le donne vanno e vengono, le rose rosa in un vaso appassiscono, il silenzio inonda la casa. Luce, buio, sonno, veglia, divano, televisore. Solo il vicino di casa etiope (una famiglia, 5 bambini, 3 lavori, una passione per le investigazioni e per la Rete) riesce a forzarne l’apatia e a spedirlo alla ricerca della donna che può aver scritto la lettera rosa, quella che vent’anni prima è rimasta incinta, ha fatto un figlio suo e non gliel’ha mai detto. Partendo da una storia similissima a quella di Non bussare alla mia porta di Wenders, Jim Jarmusch va in direzione - in parte - opposta: laconico, sotterraneo e ironico come il suo protagonista, convinto (anche stilisticamente) che sia il caso - e talvolta il caos - a guidarci, non crede che fare i conti col passato ci aiuti granché a risolvere la nostra vita. Don, interrogato da un ragazzo che ha incontrato per strada sulla sua “filosofia”, dopo un attimo di stupore risponde: «Il passato è passato, il futuro non è ancora qui e quindi non lo posso controllare; e allora immagino che si tratti soltanto di questo, del presente». Da sempre tessitore delle immagini del presente, case, strade, figure su uno sfondo, siderali distanze comunicative e, al contrario, istintive, tacite comprensioni, Jarmusch registra con spassionata complicità il viaggio non risolutivo di Don, trasformandolo tra le righe anche in un viaggio attraverso un’America invisibile fatta di prefabbricati di prestigio, di analisti per animali e di anziani Hell’s Angels. La macchina da presa indugia, sottolinea la solitudine di Don, accetta i suoi tempi morti, i suoi sguardi perplessi; un paio di brevi zoom intensi quando legge la lettera e i consueti carrelli laterali, descrittivi, lungo le strade e le case. Il rosa, nelle sfumature più varie, intinge tutto. Colore per eccellenza femminile, non necessariamente svenevole o ingannevole, ma piuttosto segno di una tenerezza stinta ma non svanita, per tutte le donne che circondano Don, che Jarmusch ama molto, con il loro impasto di desideri irrisolti (Sharon Stone), malinconia appassita (Frances Conroy), disarmante eccentricità (Jessica Lange), rabbia non addomesticata (Tilda Swinton). I giovani, sullo sfondo, proseguono (come nel film di Wenders) per la loro strada. Dedicato a Jean Eustache perché, ha detto Jarmusch: «La maman et la putain è uno dei film più belli che abbia visto sulla mancanza di comunicazione uomo/donna».

Emanuela Martini, Film Tv, 6 dicembre 2005

 

Da un po’ di tempo in qua i titoli di molti film americani non vengono più tradotti. Forse i distributori italiani pensano che tutti sappiano l’inglese, oppure credono che un titolo lasciato in originale sia più alla moda, oppure che rendere in italiano Broken Flowers sia difficile e che “fiori spezzati”, “fiori recisi” o anche “fiori appassiti” non siano i titoli giusti per attirare il pubblico. L’ultimo film di Jim Jarmusch si chiama appunto Broken Flowers, ha vinto il gran premio della giuria a Cannes ed è uno dei successi di fine anno nelle sale d’essai, insieme a A History of Violence di David Cronenberg, che, guarda caso, è un altro titolo lasciato in inglese. Protagonista di Broken Flowers è l’attonito Bill Murray, che dopo Lost in Translation di Sofia Coppola è diventato l’attore lunare per antonomasia, il più adatto per impersonare personaggi maschili di mezz’età, senza identità, troppo disillusi e troppo consapevoli. Intorno a Bill Murray, un gran poker di attrici: Sharon Stone, Jessica Lange, Tilda Swinton e Francis Conroy. Tutto, in Broken Flowers, comincia quando Don Johnston va in pensione. Ha lavorato nell’informatica, ha fatto i soldi, ma si è perso l’esistenza. Ha incrociato parecchie donne nella sua vita, ma non si è mai davvero accorto di quanto fossero importanti. Il pensionato Don Johnston, adesso, se ne sta seduto sul divano di casa a guardare il vuoto che gli sta intorno e che si porta dentro. Tanto più che l’ultima donna che ha vissuto con lui l’ha appena mollato così sui due piedi. Le cose vanno male per Don, ex don Giovanni. Però, però: tutto potrebbe cambiare con l’arrivo di una lettera rosa in busta rosa. Lettera di una sconosciuta che gli dice di aver avuto con lui, 19 anni prima, una storia (d’amore?) e un figlio. Fosse per Don la lettera sarebbe già bell’e che messa da parte; ma Don ha un vulcanico vicino di casa di colore con il pallino delle storie poliziesche. Bisogna assolutamente scoprire se quella lettera dice il vero, bisogna che Don parta in viaggio, faccia visita alle sue donne di vent’anni prima, si presenti a loro con un mazzo di fiori rosa e il figlio salterà fuori. Comincia la ricerca di un figlio forse inesistente, forse perduto e non si sa quanto ritrovabile. Don è un eterno Peter Pan oltre che un don Giovanni in disarmo: non ha intenzione di diventare finalmente grande e padre. Però parte in viaggio in cerca delle donne che sono entrate nella sua non-esistenza, forse perché non ha niente da fare, forse perché è stato almeno un po’ innamorato di loro, forse perché l’idea di avere un figlio lo intriga. Broken Flowers è un film di viaggio e di incontri con quattro donne, ciascuna diversa dalle altre, ciascuna forse con un segreto. […] Broken Flowers è un romanzo di formazione che ha al centro un personaggio che lungo tutta l’esistenza non si è mai fermato a riflettere. La sua formazione comincia quando tutto sembra finito. Adesso che la carriera amorosa e lavorativa di Don è arrivata al capolinea, lui si mette in viaggio per cercare di capirci qualcosa. Broken Flowers è un film tranquillo e sottile, sornione e sorridente, bizzarro e ordinario, esilarante e struggente, storia di occasioni sfumate, di amori non dati, di abbandoni superficiali e di una solitudine che coglie chi è sempre scappato di fronte ai sentimenti. Bill Murray basta che stia lì davanti alla macchina da presa e riesce a rendere comica ogni situazione. Jim Jarmusch continua a fare i film in bella libertà, da vero regista indipendente. Ha detto in una intervista che «la casualità, la sorte o le coincidenze, sono cose che guidano la nostra vita. Possiamo fare tutti i piani che vogliamo, ma il bello è che le cose più profonde della nostra vita non sono razionali: riguardano la sfera dell’emotività, sono legate ad altre persone, sono il vero mistero della nostra vita. Possiamo incontrare una persona in qualunque momento della nostra vita e non sappiamo cosa succederà. Se sapessimo esattamente quello che potrebbe succedere, la vita non sarebbe più così interessante». Broken Flowers è un film di incontri che hanno lasciato il segno. Purtroppo Don se ne accorge troppo tardi.

Bruno Fornara, www.valoreclub.it

 

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