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Locandina del film
Scrivimi fermo posta - Locandina del film
Scheda pdf (175 KB)
Scrivimi fermo posta - Scheda del film
CINEFORUM ARCIFIC OMEGNA
quarantatreesima stagione


in collaborazione con:

CINEMA SOCIALE - S.O.M.S. Società Operaia di Mutuo Soccorso Omegna

PIEMONTE AL CINEMA - IL CINEMA DIFFUSO
promosso da Regione Piemonte, AIACE, AGIS




Giovedì 21 dicembre 2006 – scheda n. 10 (713)


Scrivimi fermo posta

Titolo originale: The Shop around the Corner
Regia: Ernst Lubitsch
Sceneggiatura: Samson Raphaelson, dalla commedia “Illatszertar, Parfumerie”
di Miklos Laszlo.
Fotografia: William Daniels. Montaggio: Gene Ruggiero.
Musica:
Werner R. Heymann. Scenografia: Cedric Gibbons.
Interpreti: Margaret Sullavan (Klara Novak), James Stewart (Alfred Kralik),
Frank Morgan (Matuschek), Joseph Schildkraut (Ferencz Vadas),
Sarah Haden (Flora), Felix Bressart (Pirovich), Gilliam Tracy (Pepi Katona).
Produzione: Ernst Lubitsch per Metro-Goldwin-Mayer. Distribuzione: Lab 80 film.
Durata: 97’. Origine: Usa, 1940.


Il regista

Accidenti e attenzione: Ernst Lubitsch è uno dei grandissimi del cinema, uno di quei registi di cui ci si innamora a prima vista e ai quali si torna sempre con immutata passione. Nato a Berlino nel 1892, morto a Hollywood nel 1947, è figlio di un sarto, a sedici anni entra in teatro, recita nei cabaret, già nel 1911 fa parte della compagnia del famoso Max Reinhardt, comincia a lavorare nel cinema, è già regista nel 1918 con Gli occhi della mummia, con una star dell’epoca, Pola Negri. E da quel momento non si ferma più. Sono suoi: Carmen sangue gitano (1918), il satirico La principessina delle ostriche (1919), gli affreschi storici Madame Dubarry (1919) e Anna Bolena (1920), il folle La bambola di carne (1919), il bellissimo, grottesco e antimilitarista Lo scoiattolo (1921, del film esiste un bel dvd italiano della Hermitage). Dopo Rosita (1923), gli offrono di lavorare a Hollywood: e diventa il re della commedia. Suoi sono, tra gli altri, Matrimonio in quattro (1924), Il ventaglio di Lady Windermere, Baciami ancora (1925), Il principe studente (1927), Il principe consorte (1929), Montecarlo (1930). Gli anni Trenta, con l’avvento del sonoro, vedono Lubitsch migliorare sempre più la sua perfetta capacità di mettere in scena commedie, operette, storie satiriche, ironiche, divertenti: e arrivano L’allegro tenente (1931), il magnifico Mancia competente (1932, strappò applausi a scena aperta pochi anni fa qui al Cineforum!), Partita a quattro (1933), La vedova allegra (1934, che vedremo in febbraio). E ancora Angelo e Ninotchka, entrambi con la Garbo (1937, il secondo lo vedremo proprio per l’otto marzo!), e L’ottava moglie di Barbablù (1938), e quel più che capolavoro che è To Be or Not to Be (Vogliamo vivere!, 1942), e Il cielo può attendere (1943). La sua salute si incrina, deve lasciare a metà La signora in ermellino (1947, il film viene terminato da Otto Preminger). Così François Truffaut ha scritto di lui: «Ci sono due tipi di registi, è lo stesso per i pittori e gli scrittori: ci sono quelli che lavorerebbero anche su un’isola deserta e quelli che, se così fosse, rinuncerebbero al lavoro. Non c’è Lubitsch senza pubblico, ma, attenzione, il pubblico non è un di più rispetto alla creazione, ma della creazione fa parte. Nella colonna sonora di un suo film c’è il dialogo, ci sono i rumori, la musica, e ci sono le nostre risate. È un fatto essenziale. Se no, non ci sarebbe il film. Le prodigiose ellissi della sceneggiatura funzionano solo perché le nostre risate gettano un ponte da una scena all’altra. Nella gruviera di Lubitsch ogni buco è geniale». È proprio così. Buone risate. E ancora grazie a Ernst Lubitsch.

La critica

Due commessi corrispondono per lettera romanticamente senza saperlo: per lettera si amano, nella realtà si scontrano. Ci sono anche un fattorino che vuol diventare commesso e un padrone tradito dalla moglie. «È un film molto bello, per certi versi il più sincero e il più struggente tra i film di Lubitsch» (Guido Fink, autore del “Castoro” su Lubitsch). Da una commedia di Nikolausz Laszlo, sceneggiata dall’esimio commediografo Samson Raphaelson, un film a cerchi concentrici in cui tenerezza e ironia sono in perfetto equilibrio. Bella coppia romantica. Rifatto in chiave musicale in Fidanzati sconosciuti (1949) con J. Garland e V. Johnson e aggiornato all’Internet in C’è posta per te (1998) con M. Ryan e T. Hanks.

Morando Morandini, Il Morandini, dizionario dei film.

Stranamente, i due migliori film di Frank Capra (La vita è meravigliosa) e di Ernst Lubitsch (Scrivimi fermo posta), l’uno e l’altro interpretati da James Stewart, sono abbastanza poco rappresentativi dei loro autori. James Stewart in La vita è meravigliosa non è più il burattino ideologico di Mister Smith va a Washington ma un essere di carne e sangue che dovrà attraversare più universi, vagabondare tra il reale e l’irreale, per finalmente scoprire e imporre la sua verità. Così, in Scrivimi fermo posta, i personaggi non sono più quei principi e quei tipi strani che vivono nella spensieratezza e nel lusso, ai quali Lubitsch ci ha abituati, ma degli esseri ordinari, fragili, preoccupati, che vivono in una situazione precaria tanto sul piano sociale che sentimentale. Consciamente o no, i due film sembrano influenzati interiormente dal gran maestro della commedia americana di quell’epoca, Leo McCarey. Scrivimi fermo posta obbedisce in effetti, ben profondamente, al sistema McCarey che vuole che l’emozione e il riso siano strettamente legati, che la migliore commedia sia anche quella più carica di universalità, sia la meno frivola, sia quella in cui i personaggi si mostrano umani, troppo umani dal primo all’ultimo secondo della storia. Il miracolo di Scrivimi fermo posta è che, pur passando a un registro che è loro meno familiare, Lubitsch e il suo sceneggiatore, Samson Raphaelson, dimostrano la stessa virtuosità irresistibile a ogni stadio del loro lavoro. Un intrigo meravigliosamente annodato, una interpretazione sottile e variata, un contesto sociale descritto con grande acume, pur se l’essenziale dell’azione resta chiuso dentro le quattro pareti di un negozio, tutti questi elementi hanno permesso al film di conservare una freschezza e una giovinezza intatte. E Scrivimi fermo posta ha conosciuto a Parigi, quarant’anni dopo la sua prima uscita, una nuova uscita nelle sale trionfale […]. Questo nuovo successo il film lo deve sicuramente alla sua genialità ma anche, e in una maniera più precisa, alla sua stupefacente descrizione della precarietà sociale dei suoi personaggi e della minaccia diffusa che pesa sul loro lavoro e su loro stessi. È assolutamente vero che nessun film di oggi ha saputo rappresentare con tanta umanità le paure di una società in preda alla mancanza di lavoro.
Jacques Lourcelles, Dictionnaire de Cinéma, edizione Robert Laffont, Parigi, 1992.

Lo sguardo di Lubitsch tende kantianamente a rimettere ogni cosa sul giusto binario: uomini e donne si agitano, fanno cose inconsulte, cercano di superare l’avversario con mosse non proprio regolari. È una gara interminabile, dove non bastano le divise curate, gli abiti da sera, le pellicce, i gioielli e le scarpe di vernice per mantenere una dignità che il più delle volte si sgretola nella caricatura e nel grottesco. Ma ci sono figure che sfuggono a questo universo da operetta e che in un certo senso rappresentano la diversità: lo fanno attraverso i comportamenti, il modo stesso di muoversi, la mancanza di retorica, l’ostinazione dei sentimenti. Sono perlopiù donne, non paludate, molto pratiche, con un briciolo di follia e poco attente alle convenzioni: sono come un contraltare allo sfarzo e al belletto. Sono eleganti ma nella semplicità, seducenti ma senza strafare, hanno la grazia che proviene da una sincerità quasi naturale. Non si abbandonano sui divani recitando lo strazio e lo sconforto. Per quelli lassù rimangono degli spostati, gente da guardare dall’alto in basso; loro, di contro, non si lasciano tentare e, se sono stati in qualche modo “ricevuti”, alla fine se ne vanno senza rimpianti. Sono la Lily di Mancia competente, che riesce a portar via il suo uomo dalle lusinghe del bel mondo; la Gilda di Partita a quattro, che lascia un marito assurdo e decide di ritornare dai suoi innamorati, ai quali ripropone il giuramento di un tempo probabilmente senza crederci; la Klara di Scrivimi fermo posta, che coltiva il suo sogno con fede ingenua e tenera tenacia; la Cluny Brown che dà il titolo all’omonimo film [Cluny Brown è il titolo originale; in italiano il film si chiamò Fra le tue braccia, ultimo film portato a termine da Lubitsch], che sfodera un’abilità tutta maschile nella nobile arte idraulica e così spiazza il fidanzato mellifluo, guadagnando l’amore profondo dell’esule Belinski. Sono loro a fare la differenza, a ridare ai sentimenti quella “verità” senza la quale essi si riducono a giochi di società e frivole altalene umorali. Hanno lo sguardo attento e sornione del gatto, quel po’ di civetteria che ci vuole per attirare l’attenzione: sono instancabili e, quando decidono, sanno buttarsi tra le braccia con tanta forza e tanto entusiasmo da curvare l’inquadratura.
Angelo Signorelli, Porte e principio di indeterminazione, in Ernst Lubitsch, Bergamo Film Meeting, 2005.

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