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Cuori - Scheda del film

CINEFORUM ARCIFIC OMEGNA

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in collaborazione con:

CINEMA SOCIALE – S.O.M.S. Società Operaia di Mutuo Soccorso Omegna

PIEMONTE AL CINEMA – IL CINEMA DIFFUSO
Promosso da Regione Piemonte, AIACE, AGIS

 

PREMIO GRINZANE CINEMA

Giovedì 6 dicembre 2007 – scheda n. 9 (739)

 

Cuori

 

Titolo originale: Coeurs

Regia: Alain Resnais

Sceneggiatura: Jean-Michel Ribes,

dalla commedia Private Fears in Public Places di Alan Ayckbourn.

 Fotografia: Eric Gautier. Montaggio: Hervé de Luze. Musica: Mark Snow.

Scenografia: Jacques Saulnier, Solange Zeitoun, Jean-Michel Ducourty.

Interpreti: Sabine Azéma (Charlotte), Isabelle Carré (Gaëlle), Laura Morante (Nicole),

 Pierre Arditi (Lionel), André Dussolier (Thierry), Lambert Wilson (Dan).

Produzione: Arena Film, Bim. Distribuzione: Bim.

Durata: 123’. Origine: Francia, Italia, 2006.

 

Il regista

 

Ecco un altro nome che i soci conoscono da un sacco di anni: molti suoi film sono passati qui al Cineforum. Alain Resnais (leggere: “rené”) è nato a Vannes, nel Morbihan francese, il 3 giugno 1922, ha cominciato a girare dei corti verso la fine degli anni Cinquanta, il più importante è Notte e nebbia sui campi di sterminio (1955, uscito da poco in dvd), è diventato uno degli alfieri del movimento che ha cambiato il cinema, la Nouvelle Vague, insieme a François Truffaut, Louis Malle, Claude Chabrol, Jean-Luc Godard, ha continuato a fare meravigliosi film fino a oggi. Esordio memorabile, su storia e memoria, con Hiroshima mon amour (1959). Esploratore della coscienza, del passato e del ricordo, Resnais lavora dentro i meandri della mente. Del 1961 è un altro film di quelli che non si dimenticano, L’anno scorso a Marienbad. Poi arrivano Muriel, il tempo di un ritorno (1963), La guerra è finita (1966), Je t’aime, je t’aime (1968), il capolavoro Providence (1977), il parascientifico Mon Oncle d’Amerique (1980), il puzzle La vita è un romanzo (1983), l’appassionato L’amour à mort (1984), Mélo (1986), Voglio tornare a casa (1989), il doppio e magnifico film Smoking/No Smoking (1993), il musical Parole, parole, parole (1997), poi Pas sur la bouche (2003) e questo Cuori, presentato a Venezia e premiato con il Leone per la regia.

Sentiamo Resnais: «Una delle caratteristiche delle tante pièce teatrali di Ayckbourn (io ne ho visto 24 in teatro e 22 ne ho lette) è che è praticamente impossibile tradurre in francese i titoli. Piccole paure in posti pubblici non ci piaceva e ho pensato di dare un titolo al film il giorno in cui avessi visto il montaggio definitivo. Ho proposto 104 titoli diversi all’amico produttore Bruno Pésery. Tra questi titoli c’era Coeurs. Il cuore è in continuo movimento, non si ferma mai, era adatto al film. Ho scelto cuori al plurale e credo che in questo io abbia avuto l’avallo di tutti, tecnici e attori... Adattare una pièce non mi spaventa, perché questi due tipi di spettacolo hanno una cosa in comune: che non si può tornare indietro, non si può dire al proiezionista di farvi rivedere una scena, non si può chiedere all’attore di ripetere una scena... C’è un aspetto fosco e rumoroso, in questo testo. Durante la lavorazione del film cercavamo di essere un tessuto di contraddizioni, creare quel mix di pulsioni fluttuanti che si agitano in noi e che io immagino di condividere con un certo numero di spettatori. Ho voluto valorizzarle con le immagini e la recitazione dei personaggi che potenzialmente potrebbero esprimere qualcosa di meglio, ma non vogliono o possono farlo, dare l’idea di una nostalgia del fare meglio che li porta a non fare meglio o a tentare guarigioni insperate come fa Charlotte. Le nostre vite sono sempre guidate, il nostro destino può dipendere da persone che non abbiamo mai incontrato...».

 

La critica

 

Scende la neve sulla passione stanca di Dan e Nicole (Laura Morante), sull’attesa grigia di Gaëlle, sulla pigra solitudine del fratello Thierry. Scende sul desiderio di Charlotte (Sabine Azéma), diviso tra paradiso e inferno. E scende su Lionel (Pierre Arditi), sulla sua memoria d’una felicità perduta. Candida e senza fine, nel silenzio del suo abbraccio tiene ben stretti gli amori difficili di Cuori. Non è freddo, tuttavia, e nemmeno è rassegnato il cuore di questo film girato da Alain Resnais. Al contrario, nelle sue storie che si sfiorano, si incontrano, si allontanano, c’è un gusto profondo per la vita, anche quando la vita rischia di percorrere strade che sembrano senza uscita. I personaggi di Cuori ci somigliano. Condividono l’assolutezza del nostro desiderio, e la sua fragilità. Quello che hanno - quello che il loro desiderio sembra abbia raggiunto -, non è mai quello che vorrebbero avere. E quello che vorrebbero avere è sempre un passo più in là, un incontro più in là. Questo sa bene Gaëlle, che sera dopo sera sta seduta al tavolo di un bar. Il grande fiore rosso sul risvolto dell’abito è il segno del suo desiderio, e della sua attesa. Ma nei suoi occhi c’è il sospetto, forse la certezza che nessuno si presenterà, e che tutto ricomincerà uguale la sera dopo. Così, in quel grigio e in quel vuoto, lascia quanto le resta della giovinezza. Quando poi l’incontro avverrà - quando Dan entrerà in quel bar e le si siederà accanto -, non lei sarà la padrona della sua felicità, ma il gioco indifferente del caso. Se non padroni, almeno responsabili della loro infelicità sono invece lo stesso Dan e la sua Nicole. Quando il film si apre, noi immaginiamo che il futuro li attenda. E il futuro significa una casa insieme. Infatti, Thierry sta cercando per loro un appartamento capace di contenere le loro vite, un appartamento che nelle sue camere e nei suoi corridoi (più volte inquadrati dall’alto, scoperchiati) le fissi e le guidi. Così suppone Nicole, mentre su Parigi scende fitta la neve. Così suppone anche lo stesso Thierry, o così almeno finge di supporre, come il suo mestiere gli suggerisce. E poco importa che, di appartamento in appartamento, sempre qualcosa non coincida con l’immagine che Nicole ha del suo futuro con Dan. Poco importa, addirittura, che il loro amore non coincida più con quell’immagine. Un po’ per inerzia, un po’ per tenerezza, a lungo né l’una né l’altro sono capaci di dirsi quel che in fondo ben sanno: non ci sarà per loro una vita insieme, né una casa più grande, più “definitiva” del monolocale di lei. Nel loro passato non vivono le ragioni di alcun futuro, ma solo quelle di un presente di rancori inespressi, di abitudini invecchiate. C’è poi Thierry, e c'è il suo desiderio che sembra essersi acquietato, o arreso. Più vecchio della sorella, Thierry passa le sue giornate a pochi metri dalla scrivania di Charlotte. Tra loro sta un grande vetro opaco, che non riesce a dividerli e neppure a unirli. Ha uno splendido sorriso, Charlotte, un sorriso che a tratti esplode e si illumina, colmo di suggestioni inaspettate. Thierry ne è attratto, ma insieme ne è disorientato, se non proprio intimidito. Chi è quella donna? Una collega noiosa e bigotta? Una sorprendente promessa erotica? Così si interroga Thierry, che tuttavia non riesce a porsi davvero le domande più importanti. Chi è lui stesso? Che cosa è diventata la sua vita, la sua curiosità d’amore? Ed è goffo, quando poi decide di aprirsi a lei, goffo come chi da tempo si sia dimenticato del proprio desiderio, e ora all’improvviso creda d’averlo ritrovato. In ogni caso, Charlotte è doppia. Meglio, è divisa fra la noia d’un paradiso disseminato di nevrosi e la sessualità gioiosa d’un inferno sempre pronto ad aprirsi, fondo e caldo come i suoi sorrisi. E in quell’inferno c’è chi sprofonda felice: il vecchio padre di Lionel, nella cui camera la macchina da presa entra solo dopo la sua morte, mostrandocene le cose che lui stesso guardava, in questo modo lasciandocene immaginare la solitudine, e dunque le ragioni. Quanto agli altri, e ai loro amori cercati e perduti, l’ottantaquattrenne Resnais non li giudica, né per condannarli né per assolverli. Il suo occhio è più interessato a comprenderli, e proprio nel senso immediato e materiale dell’espressione. Ossia: è interessato a prenderli dentro di sé, ad abbracciarli con la totalità e la dolcezza della neve che cade su di loro, e che resta sui loro vestiti a lungo, tenace come una simpatia profonda, o come una nostalgia.

 

Roberto Escobar, Il Sole – 24 Ore, 10 dicembre 2006

 

Una zampata da vecchio leone. Cuori è un’opera compatta e riuscita. Rispecchia appieno lo spirito del suo regista: arguto senza ostentare fisime cerebrali, divertente e sottile nel raccontare disperate storie di solitudine. Cuori segue da vicino - a volte da vicinissimo con la macchina da presa incollata ai volti dei protagonisti - le tragicomiche storie di sei personaggi legati tra loro in maniera casuale: un agente immobiliare e la sua collaboratrice apparentemente devota e castigata, una giovane donna alla ricerca di un incontro sentimentale affidato a inserzioni sui giornali, una coppia formata da una donna nevrotica e un ex militare semialcolizzato, il barista del locale dove quest’ultimo passa gran parte delle sue giornate. Resnais riesce, grazie anche alla solidità del testo, a evitare ogni rischio di tipizzazione dei personaggi regalando a ognuno di loro un’umanità a tratti disperata. Le solitudini sono raccontate senza retorica e l'ironia che l’autore sparge nel film aiuta a costruire un’empatia non ricattatoria con le storie che si svolgono sullo schermo. E tutte queste storie, divertenti e malinconiche, sono raccontate con esattezza di stile, in ambienti fatti di superfici traslucide e riflessi deformanti con personaggi che spesso si spiano, comunicano, si incontrano scrutandosi attraverso tramezzi, vetri, tende che sottolineano le visibili barriere che li separano. Il tutto in una Parigi eternamente coperta da una coltre di neve - usata anche come dissolvenza tra una scena e l’altra - che dona al film un tono antirealista sospeso in una dimensione quasi senza tempo e che rende profondamente cinematografica l’operazione nonostante l’impostazione prettamente dialogica e l’assenza quasi assoluta di ambienti esterni.


Federico Pedroni, Film Tv, 5 dicembre 2006

 

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